25mila italiani vivono a Barcellona. 6 buoni motivi per seguirli

Di
Redazione Millionaire
15 Dicembre 2015

La Spagna ce l’ha fatta. La ripresa è effettiva. Sempre più italiani vivono e fanno business. Ecco 5 motivi per farlo anche tu e una storia di chi ha mollato tutto e prova a fare fortuna nella penisola iberica.

1. È tra gli Stati in Europa che cresce di più

Lasciatosi alle spalle il baratro della crisi del 2008, in cui il numero di disoccupati era pari a quello di Italia e Francia insieme e i prezzi erano crollati del 45%, oggi il regno di Filippo VI è tra gli Stati di Eurolandia che crescono di più. Il premier Rajoy lo scorso luglio ha previsto per l’anno in corso un aumento del 3,3% del Pil (rispetto allo 0,6 dell’Italia). Il suo calcolo è stato confermato dall’agenzia di rating Usa Standard & Poor’s, che ha attestato risultati migliori rispetto alle stime fatte in precedenza e ha assicurato un incremento del 3%. «Il trend è stato convalidato anche dal Fondo monetario internazionale: la ripresa è effettiva» sottolinea Giovanni Aricò, segretario generale della Camera di commercio per la Spagna di Madrid. Concordi le analisi di Rajoy e di Standard & Poor’s anche per il 2016, che a detta di Madrid segneranno +2,9%, mentre per gli analisti Usa si assesteranno su +2,6%. Scarti di pochi punti, che però indicano un percorso tutto in positivo per la penisola iberica.

2. Gli italiani, la comunità più grande di stranieri a Barcellona

La comunità di stranieri più grande a Barcellona (la 10ª città più visitata al mondo) è composta dagli italiani. 25mila nostri connazionali vivono e lavorano qui. Hanno tra i 25 e i 45 anni. Lavorano nel settore turistico, in quello della ristorazione e in ambito marketing-commerciale. Secondo una ricerca realizzata da Tiendeo, se ne sono andati dall’Italia per la mancanza di meritocrazia e perché in cerca di nuove opportunità. Il 75% di chi ha scelto Barcellona lo ha fatto per il clima, il 56% per lo stile di vita, il 31% per la vicinanza con l’Italia. INFO: www.tiendeo.it/blog

3. Riforme e pressione fiscale più leggera su imprese

Rajoy, al governo dal 2011, da subito ha attuato una serie di riforme che si sono dimostrate miratissime per far ripartire l’economia locale. Prima fra tutte quella sui contratti di impiego, che ha facilitato i licenziamenti e consentito alle imprese di abbassare le retribuzioni senza bisogno di contrattazioni. All’iniziativa privata poi è stato dato ossigeno, sbloccando i pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione. È stata inoltre alleggerita la pressione fiscale sulle imprese (l’obiettivo è passare dal 30 al 28% nel 2015, per scendere poi ancora al 25% nel 2016) così come quella sui privati. Da sottolineare anche il blocco degli stipendi statali e delle pensioni, che ha consentito di limitare la spesa pubblica e dare respiro al bilancio. Tutti cambiamenti che hanno avuto un altro importantissimo riflesso: «L’innalzamento della fiducia dei consumatori, ha subito coinciso con un aumento dei consumi interni. Altro fattore di ripresa è stato poi l’aumento dell’export nell’agroalimentare e nel settore auto» osserva Aricò.

4. Il turismo cresce: 60 milioni di turisti nello scorso anno

«I problemi attuali di alcuni Paesi del Nordafrica, ora meno sicuri per chi viaggia, hanno favorito la Spagna e le strutture iberiche» spiega Aricò. Spiagge e risorse culturali hanno attirato lo scorso anno oltre 60 milioni di turisti e registrato una crescita del 3,4%: un risultato che, secondo le analisi del World Economic Forum, potrebbe arrivare al 5,2% nel prossimo futuro. A detta della Banca centrale europea, si è trattato di un trend con effetti benefi ci anche sulla disoccupazione, tasto ancora dolente dell’economia spagnola. Gli indici segnano il 22,6% di persone in cerca di impiego, cifra che per i giovani sfi ora il 50%: il peggior risultato europeo dopo quello greco. E gettano un’ombra sulla formula Rajoy, che non ha ridimensionato il sussidio per gli inoccupati, perché il sistema non incoraggia la ricerca di lavoro da parte di chi ne è privo.

5. Così fai business e ottieni la residenza

Si può risiedere in Spagna anche per periodi superiori a tre mesi. Necessario però ottenere il NIE (Numero de identificaciòn de extranjero), corrispondente al Codice fiscale italiano, che consente di fare richiesta avvio attività, aprire un conto un banca e presentare dichiarazione dei redditi. Per richiederlo: recarsi presso l’ufficio locale per l’immigrazione oppure presso gli uffici di polizia locale. Presso i medesimi uffici è possibile richiedere la Tarjeta de residencia (Tesserino di residenza, ndr): una procedura della durata di qualche mese.INFO: http://extranjeros.empleo.gob.es

6. Tanti i settori in cui fare business: dall’immobiliare alla tecnologia

Lo scorso febbraio i mutui concessi hanno segnato +29% rispetto allo scorso anno: ancora una volta il mattone si dimostra un’ottima fonte di affari. «Negli ultimi due anni iniziative internazionali hanno fatto grandi acquisti in blocco nell’immobiliare, contribuendo così alla ripresa e al clima di fiducia» annota Aricò. Gli addetti ai lavori però esortano alla cautela, perché gli immobili invenduti a ridosso del crac del 2008 potrebbero essere ancora molti, qualcuno parla addirittura di oltre mezzo milione. Piuttosto che sulle località turistiche, meglio orientarsi sulle città più popolate, dove l’impennata dell’economia si abbina a una penuria più marcata di proposte. A braccetto con l’immobiliare va l’edilizia, con il rilancio di cantieri di costruzione. «Le aree di intervento più vivaci al momento sonola ristrutturazione e la vendita. Anche se il turismo è sempre un ottimo business» suggerisce Aricò. C’è poi il comparto tecnologico: oltre a ospitare la fiera mondiale più importante sulla telefonia mobile (www.mobileworldcongress.com), la Spagna si sta attrezzando con strutture avanzatissime, che mettono alla pari Barcellona con Londra e New York. «Per aiutare le startup sono stati creati diversi parchi tecnologici, a Madrid e in Catalogna, ma anche in Galizia e Aragona» aggiunge Aricò. C’è spazio per attività tradizionali come le pizzerie? «Sì. Però la concorrenza è altissima. Per entrare nel mercato, presidiato da lobby e reti di lunga data, può valere la pena mettersi in affari con un socio locale: ma è difficilissimo trovarne. Il vero vantaggio è la burocrazia, più snella della nostra» conclude Aricò.

Qui qualche indirizzo utile

  • www.camacoes.it: la Camera di commercio spagnola in Italia veicola annunci di affari per entrambi i Paesi.
  • www.cepyme.es: organizzazione per le piccole e medie imprese della Spagna.
  • www.eugo.es: sito dell’Unione europea di informazione dedicata ai Paesi membri in tema di impresa.
  • http://goo.gl/ddvr1r: l’Istituto di commercio con l’estero di Madrid diffonde dati aggiornati su settori e congiuntura locale.
  • www.ipyme.org: portale del Ministero iberico della Piccola e media impresa.
  • www.italcamara-es.com: la Camera di commercio italiana in Spagna pubblica online annunci di affari e lavoro.
  • www.ventanillaempresarial.org: Camera di commercio spagnola.

«Meno burocrazia, meno stress. Così ho aperto il bar dello Spritz»

Marco Salvi, 41 anni, veneziano, nel giugno 2014 con la compagna Anna Milletti, 34 anni, romana, ha aperto a Valencia il bar Sprizzo

Perché si è trasferito a Valencia?

«Anna e io abbiamo lavorato nella ristorazione per alcuni anni, anche in locali prestigiosi della capitale, ma la nostra situazione era sempre precaria. Durante una vacanza a Valencia abbiamo notato che molti locali erano in offerta a prezzi vantaggiosi: così abbiamo deciso di licenziarci e investire la liquidazione per aprire un’attività. In Spagna un progetto in proprio è ancora concretizzabile, in Italia non riuscivamo nemmeno a programmare l’acquisto di una lavatrice».

Quali i vantaggi del fare impresa sul posto?

«La tassazione è più conveniente, così le licenze per aprire un locale: qui si parte da 15mila euro. Certo, va sottolineato che i guadagni sono in proporzione: i clienti chiedono di pagare con carta di credito un boccale di birra da 1,50 euro, un pranzo costa 10 euro, una cena 15. La burocrazia è più agevole. Io l’ho soprannominato il “sistema del foglio giallo”, dal colore del foglio di richiesta autorizzazione: per ottenere il permesso ci vuole un sacco di tempo, ma con il foglio giallo è già possibile essere operativi. La Partita Iva è carissima e anche le utenze, dall’elettricità a Internet, costano. Però ogni anno lo Stato offre sgravi e opportunità alle aziende».

bar spritz
Cosa apprezza della vita in Spagna?

«C’è un’atmosfera molto più rilassata e a metà giornata tutto si ferma per la siesta: una pausa che a Valencia si trascorre in spiaggia. Gli italiani guadagnano più soldi, ma non hanno il tempo per goderseli e nemmeno la voglia a causa dello stress che accumulano, gli spagnoli intascano meno ma sorridono di più, sono più pronti ad aiutare anche gli sconosciuti. La qualità della vita è ottima: le strade pulitissime, le auto danno sempre la precedenza ai pedoni, i disabili sono sempre accompagnati. Ma soprattutto, le istituzioni sono presenti».

Gli svantaggi?

«Gli spagnoli non sono puntuali. Bisogna imparare ad accettare il loro modo di essere.

C’è spazio per intraprendere?

«Ce la fa solo chi si impegna al massimo e ci sa fare. Molti italiani vengono qui pensando che la Spagna sia un Paese arretrato rispetto al nostro e la loro mancanza di umiltà li condanna. In molti casi non riescono a mettere radici: qualcuno torna indietro, qualche altro tenta la fortuna in altre città iberiche. Restano i pochi che capiscono da subito la necessità di cambiare atteggiamento».

INFO: https://goo.gl/j9BQ8k

Redazione

Photo: © Giulia Parsons

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