SNAPBACK: L’IMPRESA DIVENTA GRANDE… “PER UN SOFFIO”

Di
Silvia Messa
23 Maggio 2016

La startup ha mosso i primi passi a Roma. Oggi è alla ricerca di fondi per completare il seed

Snapback, la tecnologia in un soffio

Una startup che risolve un problema di sicurezza e aiuta tutti: attivare il cellulare senza digitare. Snapback si chiama come il berretto dei camionisti americani. Ma il nome sintetizza anche il concetto: “feedback più finger snap”, risposta tramite schiocco delle dita. Schiocco, soffio. Può bastare un gesto o il respiro per attivare uno smartphone, con una risposta semplice e immediata. Grazie al software ideato e realizzato da Giuseppe Morlino, 36 anni, un dottorato in informatica e una specializzazione in scienze cognitive e artificial life. Al suo fianco, Ester Vigilante, 37 anni, esperta in linguistica, sicurezza e un po’ artista, Claudio Capobianco, 35 anni, ingegnere aeronautico, con un backround nella protezione della proprietà industriale e nell’ergonomia: sono il nucleo del team di Snapback, startup romana, accelerata in Luiss Enlab, dov’è entrata nel 2013.

 

I fondatori di Snapback

L’idea: com’è nata

Da una riflessione. «Come comunicano oggi i camionisti, che una volta utilizzavano il loro amato “baracchino” o cb? Nessuno di noi era un camionista» racconta Giuseppe Morlino, cofondatore di Snapback. «Ma ho capito che la sicurezza per chi guida molte ore e deve uscire dall’isolamento della cabina è un problema serio. Una soluzione tecnica può salvare vite umane. Mi sono trovato coinvolto in un brainstorming su questi temi, quando lavoravo al Cnr. Con Ester e Andrea abbiamo pensato di creare un prodotto di Information tecnology, un’interfaccia tra uomo e macchine, con l’obiettivo della sicurezza. E del benessere di ogni persona. Volevamo lavorare insieme a qualcosa di nuovo. E l’abbiamo trovato. Nessun device o congegno. Ma un software che interagisce con gli hardware già esistenti».

 

Gli inizi

«Non eravamo ancora un’azienda, quando siamo entrati in Luiss Enlab, che tutt’ora è la nostra sede. Da gennaio 2016 abbiamo avviato il processo di internazionalizzazione dell’azienda, partendo da Londra, dove siamo entrati in Cognicity, l’hub di Level39 dedicato alle smart city. Siamo entrati nell’acceleratore perché avevamo un’idea e un team convincente. Da Luiss Enlab abbiamo avuto 60mila euro, metà in servizi (tutoraggio, consulenze, formazione), metà cash. Gli inizi sono stati massacranti. Avevamo comunicativa, passione e competenza. Ma hanno testato la nostra resilienza per capire se potevamo cambiare e aggiustare il tiro del nostro progetto senza perdere la bussola. Il tutto in quattro mesi: nel mondo delle startup lo sviluppo deve avvenire rapidamente e bisogna essere in grado di cambiare rotta altrettanto velocemente. Oltre agli insegnamenti degli advisor, che ci hanno aiutato moltissimo (alcuni sono diventati anche nostri business angel, sono entrati nella compagine sociale, ci hanno aiutato a mettere a punto il business model, a proteggere la proprietà intellettuale, a non perdere tempo, a posizionarci bene sul mercato…), nell’acceleratore è utilissima l’interazione e la collaborazione con le altre aziende. Una rete che aiuta lo sviluppo di tutti e fornisce soluzioni quando servono».

 Il business

«In questa prima fase, stiamo lavorando con Enel, per la sicurezza dei suoi lavoratori. L’obiettivo è arrivare al mercato consumer, offrendo un software e un’app che ciascuno possa usare sul proprio smartphone. Per questo servono ingenti capitali. Tra i nostri obiettivi, completare il team, sviluppando il marketing e la comunicazione, anche per internazionalizzare l’azienda. E per far passare il messaggio: la tecnologia migliora la sicurezza e il benessere delle persone. Abbiamo ricevuto finanziamenti pubblici, da Invitalia e da fondi europei. E privati: business angel, fondi di venture capital di LVenture Group, che finanzia Luiss Enlab). In tutto 660mila euro. Abbiamo superato la fase di microseed e preseed. Oggi lanciamo un crownfunding, ma all’estero. In Italia è meno praticabile, soprattutto quando si tratta di tecnologie difficili da spiegare».

Il pivot

«Abbiamo cambiato rotta, verso il mercato della sicurezza: in Italia non ci sono sviluppatori, come in Usa, interessati ad acquistare software per interfacce multimodali, come il nostro. Poi, cercare clienti-aziende, invece di rivolgerci subito al cliente finale. L’azienda deve adattarsi e riorganizzarsi velocemente. Nel team, ci sono discussioni quotidiane. Ma il dialogo è necessario».

 

Consigli

Scegli un buon acceleratore. In Italia o all’estero.

Non perdere tempo.

Dopo l’acceleratore, trova un finanziatore che capisca il tuo valore di persona e la tecnologia che sviluppi.

 

La storia di Snapback è stata raccontata su Millionaire di Aprile, a pag.50, nell’articolo “Dove trovo i soldi?”.

Morlino è stato ospite di Millionaire al Festival della Crescita, a Roma, il 18 marzo.

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