Cos’è e come funziona il partenariato europeo – prima parte

Di
Silvia Messa
26 Ottobre 2012

La presentazione di proposte progettuali alla UE impone quasi sempre la costituzione di partenariati con operatori esteri. Il motivo risiede nel fatto che l’Unione attraverso gli “inviti a presentare proposte” (“calls for proposals”) vuole favorire la cooperazione tra i cittadini e le organizzazioni degli Stati membri, degli stati in fase di preadesione e di quelli che hanno accordi di collaborazione con l’UE.

Tra i partners si segnala la presenza di un Partner Coordinatore, che è anche il Proponente responsabile del progetto, ed a cui gli altri Partners rispondono direttamente. Oltre al Coordinatore ed ai suoi Partners, ogni singolo Partner può a sua volta coordinare direttamente altri partecipanti al progetto (quindi membri che mettono a disposizione risorse) che sono i Partners Associati.

I partner sono un gruppo di figure giuridiche (organizzazioni e/o persone singole) che attraverso la proposta esprimono formalmente l’intento di essere disposte a:

1. impegnarsi in un investimento comune per realizzare gli obiettivi esposti nella proposta;

2. espletare in maniera coordinata un’attività pianificata mirata ad ottenere i risultati descritti nella proposta stessa.

Va da se che nella valutazione di una proposta progettuale la qualità del partenariato costituisce un fattore importante nell’assegnazione del punteggio.

Ma come si definisce un partenariato ideale per un progetto?

Non è possibile definirlo a priori, tuttavia si possono fornire alcune indicazioni utili, poiché alcuni tipi di partenariato sono sollecitati o richiamati in varie occasioni, i più rilevanti sono:

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  • Pubbliche Amministrazioni ed Organizzazioni Private, specialmente se le organizzazioni private tendono ad offrire servizi specifici “alternativi” a quelli pubblici;
  • PMI (piccole e medie imprese) con PMI, specialmente quando si tratta di progetti RTD (ricerca e sviluppo tecnologico) ed in questo caso può essere richiesto un coinvolgimento di un Istituto di Ricerca;
  • Organizzazioni non profit e servizi pubblici, specialmente se i primi sono in potenziale concorrenza con i secondi;
  • Organizzazioni non profit, servizi e/o industria, con speciale riguardo al terzo settore, il sociale e l’ambiente, ma con qualche limitazione (nei fatti) verso le organizzazioni a finalità esplicitamente “di parte”;
  • Partenariati verticali, che coinvolgono le Amministrazioni Pubbliche dal livello comunitario a quello locale.

    In teoria un partenariato verticale perfetto dovrebbe includere istituzioni comunitarie (per esempio la EEA, agenzia per l’ambiente), istituzioni centrali dello Stato membro (p. es. un Ministero), istituzione regionali, provinciali, comunali. In pratica quando e’ richiesto partenariato verticale e’ bene che si parta almeno dal livello regionale verso il basso;

  • Partenariati orizzontali, che coinvolgono trasversalmente tutti i settori della società civile (associazioni che rappresentano le parti imprenditoriali e sociali, i cittadini, le associazioni di cittadini, ecc.).

    Quando è richiesto il partenariato orizzontale e’ importante tener conto che l’Unione attribuisce grande importanza agli sforzi fatti per evitare che si instauri uno sviluppo a due velocità: la presenza nel partenariato di rappresentanti delle fasce deboli è perciò essenziale.

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Rinaldo Pitocco

Laureato in Economia e Commercio presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti. Consulente in materia di politiche comunitarie e programmi di finanziamento europei. Amministratore unico di Civica Srl, società che opera in ambito nazionale ed internazionale su sviluppo locale, politiche comunitarie e programmi di finanziamento europei. Dal 2012 è editore della rivista “Finanzia la tua idea”, un periodico mensile elettronico che tratta il tema dei finanziamenti e delle opportunità di business.

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