Riparti con meno di 20mila euro

Di
Redazione Millionaire
17 Agosto 2012

Come avviare un’impresa con un budget quasi a zero. Soldi, idee e strategie per farcela. E tutti i vantaggi del partire con poco

«Partire con poco stimola a mettere in gioco se stessi, sentire la sfida, usare al massimo creatività e talento». Gianfranco Chiarappa, imprenditore e venture capitalist, consiglia a tutti gli aspiranti imprenditori di fare bootstrapping, cioè creare un’attività con un budget pari a zero. «Perché ha almeno tre vantaggi: il punto di pareggio è più vicino (e gli ingenti costi fissi non appesantiscono il business); non c’è il rischio di sovracapitalizzazione (in ogni stadio si inserisce la marcia giusta, quelle sovracapitalizzate partono in terza); avere pochi soldi è uno stimolo a fare del proprio meglio.

Le nuove tecnologie sono diventate più economiche. Oggi un software di video editing è alla portata di molti. E un sito, una straordinaria vetrina dei propri prodotti e servizi, si può avere con investimenti ridottissimi».

C’è chi vuole realizzare se stesso e chi deve reagire a un licenziamento. Chi ha un’idea brillante da sviluppare e chi, di­soccupato, punta all’auto-impiego. Per tutti, mettersi in proprio è la risposta. Per riuscirci possono bastare anche solo 20mila euro. Bisogna certo scegliere il settore giusto. Ma questo è solo l’inizio del percorso. Che promette di portare lontano solo chi riesce a guardare oltre e ha un’incrollabile motivazione. «Analizzo decine di progetti tutte le settimane – confida un venture capitalist sardo – e scelgo sempre quelli presentati da chi ha una voglia bruciante di fare impresa. Do fiducia a chi è disposto a tutto – notti insonni, anni a fare la fame – pur di portare avanti la propria idea».

Ci vuole un fisico bestiale

«Vocazione, passione, gusto della vita, realizzazione di un sogno. Queste sono alcune delle motivazioni che possono spingere a mettersi in proprio. Altri, però, diventano imprenditori per necessità» spiega Paolo Gila, esperto di economia e finanza. Schiacciati dalla crisi, licenziati, sottopagati trovano nell’impresa un’occasione di rinascita. O almeno di autoimpiego.

Ed ecco che mettersi in proprio può essere prima una necessità che una scelta. Ma, a fronte degli innegabili vantaggi, occorre tener conto degli aspetti negativi.

«È giusto aspettarsi una maggiore possibilità di crescita e un ampliamento dei propri orizzonti personali, così come una maggiore autonomia decisionale. Da mettere in conto, però, anche un crescente peso delle responsabilità; un massiccio assorbimento di energie fisiche e psichiche» avvisa lo psicologo Vito Frugis.

Ma come distinguere una motivazione profonda da un desiderio superficiale? «Mi capita di sentire gente che dice di volersi mettere in proprio per “fare quello che le pare”. O di chi insegue solo maggiori guadagni. In entrambi i casi, si cela un problema di fondo» prosegue Frugis. «Servono, invece, una reale determinazione e una forte volontà di realizzare se stessi. E molta disciplina. Per mettersi in proprio, non esistono né requisiti né controindicazioni».

Frugis porta l’esempio di Davide e Golia: per abbattere il gigante, più della forza nel brandire la clava, contò la precisione del tiro. Con l’impresa è lo stesso. «Se ci sono difficoltà già all’inizio, significa che l’idea è sbagliata. Ma i problemi veri emergono dopo uno-due anni. Quello che è mal gestito all’inizio, fa sentire con il tempo i suoi effetti negativi».

Prima di partire, è quindi importante fare il punto sui propri reali obiettivi. L’aiuto di un consulente può aiutare. E la famiglia? «L’appoggio del partner e dei congiunti aiuta, è ovvio. Ma è anche vero che nelle aziende familiari ci possono essere pericolose sovrapposizioni. Il padre promuove il figlio maggiore e non il più capace. I fratelli litigano. In Italia, l’85% delle aziende non arriva alla terza generazione» conclude Frugis (INFO: www.crisidicoppia.it).

Pochi (si fa per dire) e subito: chi mi dà 20mila euro?

Esistono dei finanziamenti pubblici, a livello regionale, nazionale ed europeo. Misure specifiche riguardano i giovani, l’imprenditoria femminile, le imprese innovative e quelle in zone depresse.

I bandi si trovano su Internet (es: www.sviluppoeconomico.gov.it, www.contributi.it, www.obiettivoeuropa.it, www.fondosocialeeuropeo.it…). Preferite siti istituzionali e diffidate di quelli che mirano solo a “vendere” consulenze.

Da segnalare l’iniziativa l’Epmf, strumento europeo di microcredito (fino a 25mila euro) attivato di recente. I destinatari sono le imprese con meno di 10 dipendenti (il 91% delle imprese europee) e i disoccupati che vogliono mettersi in proprio e non hanno accesso ai servizi bancari tradizionali. Digitate “Epmf” su Google). A livello locale, occorre rivolgersi alle singole province (molto attiva quella di Milano, per esempio con il progetto dell’hub creativo www.provincia.milano.it/economia/it/news/2010/hubcreativo) e regioni italiane (un elenco dei siti delle Pa su www.ancitel.it/sitiweb/italia/regioni.cfm). Altri referenti a cui rivolgersi per ottenere supporto sono gli incubatori d’impresa, spesso all’interno di università e Bic, Business innovation centre.

Da tenere d’occhio l’iniziativa Working Capital di Telecom Italia, che sostiene progetti imprenditoriali nell’ambito Web 2.0 (www.workingcapital.telecomitalia.it).

«Il problema non è tanto trovare i soldi per aprire una società, ma quelli per mantenerla! Oggi c’è un brutto andazzo: chi paga tende a non farlo o a farlo il più tardi possibile. Perciò le società che dipendono dai flussi di cassa sono spesso in sofferenza. I mancati pagamenti coinvolgono il 10-12% delle aziende, mentre il 3% fallisce» spiega Paolo Gila. Aggiunge Antonio Montefinale di Creaimpresa (www.creaimpresa.it): «L’investimento per aprire un’azienda si divide in due parti. Il primo riguarda quello per l’avvio, l’altro il capitale circolante per mandarla avanti. È più fortunato chi viene pagato subito e pronta cassa, come i gestori di un bed & breakfast o il titolare di un’agenzia immobiliare, che riceve la sua commissione, una volta conclusa la transazione. Chi però è fornitore per altre aziende o per la Pubblica amministrazione si trova spesso in difficoltà per il dilatarsi dei tempi di pagamento». Puntualizza Gianfranco Chiarappa: «A mancare non sono né i soldi né le buone idee. In Italia siamo carenti nella buona presentazione dei propri progetti. Il business plan è il primo passo, necessario».

E chi proprio non riesce a trovare finanziamenti, come può portare avanti la propria idea? «Si può scegliere una soluzione frequente sul mercato anglosassone. Piuttosto che cercare i soldi e poi far partire il business, si può registrare l’idea e poi metterla sul mercato, cercando chi voglia trasformarla in una realtà imprenditoriale» suggerisce Gila. L’ideatore può tenersi un ruolo di responsabilità, senza necessariamente rivestire quello più oneroso e impegnativo di titolare.

Burocrazia: come fare un’impresa in un giorno!

Non illudiamoci: più che una realtà, si tratta di uno slogan. Almeno per ora. Puntualizza Daniele De Federici, commercialista di Milano (www.maggidefederici.com): «La via della semplificazione è iniziata, ma è ben lungi dall’essersi compiuta. Questa mattina sono andato alla Camera di commercio per iscrivere un agente personalmente perché, nonostante gli strombazzati proclami, il “tutto via Internet!” si è dimostrato una bufala. E comunque non ci sono ancora riuscito! Allo sportello mi hanno chiesto altri due documenti la cui necessità non era stata segnalata da nessuna parte. In ogni caso, niente fretta: l’iscrizione non sarà completata prima di tre settimane…». Il Governo sta accelerando nella direzione di una maggiore semplificazione. «Troppe regole sono un ostacolo» afferma il governatore di Bankitalia Mario Draghi.

«Riducendo la burocrazia, faremo risparmiare alle imprese 16,5 miliardi di euro all’anno» auspica Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio. Ma nel frattempo? La realtà più interessante è quella rappresentata da Comunica (www.registroimprese.it/dama/comc/comc/IT/cu), che consente di sbrigare on line una serie di pratiche relative all’iscrizione al Registro delle imprese, a Inail e Inps. Per accedere a Comunica, servono però una serie di prerequisiti: una casella di posta elettronica certificata (Pec), cioè un account con valore legale (www.postacertificata.gov.it); la firma digitale, che sostituisce quella autografa (www.cnipa.gov.it); la registrazione e la sottoscrizione di un contratto con la Camera di commercio.

Tempo sei mesi (o 12, nei casi più complessi), le imprese italiane avranno poi uno sportello in più per comunicare con la Pubblica amministrazione. È lo Sportello unico per le attività produttive (Suap) e sarà attivato in ogni Comune (o, in alternativa, Camera di commercio) con il compito di esaminare ogni pratica relativa all’avvio, all’ampliamento, alla localizzazione e allo spostamento di un’attività. Il tutto via Internet (http://impresain­ungiorno.com).

Come trovare l’idea giusta

5 storie esemplari per capire come si fa

1 Guarda oltre confine

Prendere ispirazione dall’estero paga sempre. Marco Lucchetta, trevigiano, ha girato il mondo fino ai 30 anni. Sulle spiagge californiane si è fatto ispirare dai chioschi di limonate e hot dog. Tornato in Italia, nel 1999, è riuscito a installare il suo primo LemonBar, a Jesolo. Poi ha avuto l’intuizione vincente: rendere il chiosco mobile, mettendo le ruote al LemonBar. Dal 2003 l’attività è in franchising. Oggi ha 100 affiliati e un giro d’affari di quattro milioni di euro.

INFO: www.lemonbar.it

2 Trova il nome giusto

Conoscete la storia de “Il marito in affitto” (risposta italiana alla profittevole realtà Usa Rent a husband)? Lo scopo: aiutare le donne a risolvere i piccoli e grandi problemi casalinghi (da un tubo che perde al trasloco). Sempre più richiesti, Gian Piero e Fabio Cerizza hanno lanciato un franchising. Ma sarebbe andata nello stesso modo, se al posto di “Il marito in affitto” si fossero chiamati “L’artigiano tuttofare?”. Info:

www.ilmaritoinaffitto.it

3 Brevetta l’idea

Un’azienda nata (e prosperata) grazie alla forza di un’idea è la Geox di Mario Moretti Polegato, di cui Millionaire ha parlato più volte. Era nel deserto e aveva caldo ai piedi, così tagliò le suole delle sue scarpe. Da qui l’idea della “scarpa che respira”. Oggi la Geox fattura 865 milioni di euro e vende 20 milioni di scarpe all’anno. Polegato, nella lista dei miliardari di Forbes, avvisa: «Avere una buona idea non basta: bisogna brevettarla. In Italia abbiamo inventato il caffè espresso e la pizza. Ma Starbucks ha aperto 10mila bar in tutto il mondo e Pizza Hut ha aperto 25mila ristoranti. Alla fine, un’idea italiana è stata sfruttata dal business americano». Info: www.geox.it

4 Trova la nicchia

Ogni attività può essere fatta in modo nuovo, combinando elementi già esistenti. «Penso alle infradito FitFlop, che promettono corretta postura e tonificazione dei muscoli. L’idea era buona e il business è cresciuto in fretta» segnala Tomaso Marzotto Caotorta, segretario generale di Iban. In effetti, le ciabattine “con la palestra dentro” lanciate dalla giovane imprenditrice Marcia Kilgore hanno conquistato 40 Paesi del mondo, arrivando in tre anni a un fatturato 125 milioni di euro.

INFO: www.fitflop.it

5 Mettici un po’di follia

L’idea giusta è dietro l’angolo, basta cercarla con un pizzico di follia. Ne sa qualcosa Ben Huh, 32 anni, il fondatore del Cheezburger Network, una rete di 53 siti “tormentoni”, che attira 16 milioni di visitatori e genera ricavi a sette zeri. Coreano trasferitosi in California, cercava di avviare un’impresa sul Web, ma senza successo, benché lavorasse 20 ore al giorno. Poi rimase folgorato da un sito che pubblicava foto buffe di gatti, con didascalie sgrammaticate e irresistibili. «È stato un affare remunerativo fin dal primo giorno. La maggior parte dei contenuti sono pubblicati direttamente dagli utenti. E quello che non è pubblicato finisce su magliette, libri, calendari…» spiega Huh.

Info: www.cheezburger.com

Le indagini dicono che…

In negativo

› Nel 2010 in Italia un’azienda su due prevede di licenziare.

› Un italiano su cinque teme di perdere il lavoro.

› Il tasso di disoccupazione è 9,1% (è senza lavoro un ragazzo su tre).

› Un italiano su quattro pensa di cambiare lavoro.

In positivo

› Ogni giorno nascono oltre 1.300 imprese.

› Le regioni più attive sono Lombardia, Lazio e Toscana.

› Nei primi cinque mesi di quest’anno c’è stato un saldo positivo di oltre 17mila imprese, fra quelle nate e quelle cessate.

Consigli taglia costi

Incassa prima, paga dopo

La sopravvivenza di un’impresa dipende dai pagamenti. Controllare le fatture è fondamentale, così come avere un ottimo servizio di recupero crediti. Se necessario, si può fare uno sconto a chi salda prima i conti. Quanto ai debiti: non affrettarsi a pagarli, ma essere puntuali alla scadenza. Chiedere dilazioni.

Sii creativo

La segretaria? Meglio quella virtuale. La campagna promozionale? Ignorare la stampa e puntare sui social network. E, per avere prodotti

e servizi, puntare al cambio merce con altre aziende.

Salta gli intermediari

Il bootstrapping non ammette passaggi intermedi. Il rapporto con il cliente è diretto. La scelta vincente è vendere on line, con margini più alti rispetto alla soluzione che prevede dei retailer. Inoltre, il rapporto diretto permette un feedback immediato sul gradimento. Se il business decolla, ci sarà modo per creare una rete distributiva capillare.

Attività con meno di 20mila euro

Off-limit. Le attività che richiedono l’acquisto di macchinari e attrezzature o ristrutturazioni murarie.

Internet. Sì a: commercio elettronico e sviluppo di nuove applicazioni.

Servizi. Sì a: assistenza agli anziani, apertura di un nido in famiglia, baby parking, agenzia immobiliare in un piccolo centro, mini impresa di pulizie.

Usato/energia .Sì a: negozio di risparmio energetico, mercatino dell’usato e bed&breakfast (se camere già attrezzate).

Agricoltura. Sì a: coltivazione di frutti del sottobosco, allevamento di lumache e  manutenzione del verde.

Sarò il tuo angelo custode

Si chiamano Italian business angel. Il loro obiettivo è quello compartecipare a start up promettenti. «Non siamo esterni che si limitano a dare un finanziamento. Affianchiamo il neoimprenditore, assumendo un ruolo operativo e centrale nella gestione. Oltre al denaro (un capitale compreso fra 30mila e 500mila euro), noi mettiamo a disposizione anche la nostra esperienza» spiega Tomaso Marzotto Caotorta (foto sopra), segretario generale di Iban.

Quali progetti possono interessare Iban?

«Il 35% dei nostri progetti si trova nell’ambito di informatica, Internet, economica digitale. Il requisito fondamentale è quello dell’innovazione. E quindi sì a brevetti, applicazioni medicali, nuove modalità distributive».

INFO: www.iban.it

Chi ti aiuta

› Camere di commercio.

Sono il primo referente per gli aspiranti imprenditori. INFO: www.camcom.gov.it

› Associazioni di categoria

A seconda della propria specializzazione e del settore di appartenenza, si sceglie una specifica associazione. Offrono la possibilità di trovare finanziamenti, seguire corsi, confrontare esperienze, crescere insieme. INFO: www.confartigianato.it, www.confcommercio.it, www.confapi.org

› Bic, Business innovation center.

Sono centri che forniscono assistenza ai neoimprenditori, spesso fungendo da incubatori. In Italia, ospitano mediamente 430 imprese all’anno, che hanno un tasso di sopravvivenza del 90%. La mappa dei Bic italiani si trova su www.bic-italia.net

› Invitalia. Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo dell’impresa (soprattutto nel Mezzogiorno).

INFO: www.invitalia.it

› Dpixel. Gestore di un fondo di investimento orientato a sostenere start up ad alto valore aggiunto. INFO: www.dpixel.it

Storia 1

«Io ti assisto nel corteggiamento virtuale, tu mi paghi»

Chi è.  Scott Valdez, 25 anni, ex manager americano nell’area delle vendite

Il suo business. Ha avviato un sito di maestri della seduzione virtuale, che si sostituiscono ai clienti che cercano l’anima gemella

«Stavo in ufficio anche 70 ore al giorno. La mia vita sociale ne risentiva. Per ottimizzare i tempi, mi ero iscritto a un sito di incontri, ma dopo una giornata di lavoro non avevo né tempo né voglia di mettermi al computer a selezionare profili, scrivere annunci e chattare». Da qui l’idea, partita per gioco, di assoldare un Cyrano cui esternalizzare il corteggiamento. Così Scott Valdez ha trovato la fidanzata, ma anche un’idea di business. «Nel 2009 ho fondato la Virtual Dating Assistant che si rivolge a quanti – ricchi in denaro, ma poveri di tempo – desiderano incontrare l’anima gemella on line. Il 97% dei corteggiamenti on line, poi, falliscono perché si ignorano i “trucchi del mestiere”» prosegue lui.

Valdez parte con un investimento limitato (dall’America non fanno trapelare cifre, ma parlano di “low budget”), crea uno staff (composto in prevalenza da scrittori free lance), studia il panorama dei siti d’incontro, elabora un piano d’azione per conquistare il partner on line (a luglio 2010 ha anche lanciato un e-book sull’argomento). Poi, forte dell’esperienza, lancia un servizio a risultato garantito: «Il pacchetto base costa 200 dollari al mese e, dopo un colloquio iniziale, assicura 40 ore di impegno per cercare partner su due siti d’incontro: la cura dell’immagine, l’elaborazione del profilo, la redazione di profili di presentazione, messaggi, chat… L’agenzia garantisce almeno due incontri “ideali” al mese, anche se in media se ne effettuano quattro. Sono poi previsti anche pacchetti più ricchi: da 400 a 1.200 dollari al mese (320-960 euro)».

Il servizio – originale e innovativo – ha subito un grande successo. «Non avrei mai pensato di intraprendere un business in cui ero contento di perdere clienti! Con questo, però, mi succede, perché significa che hanno trovato il partner giusto. In compenso, i clienti contenti mi fanno buona pubblicità. Ed è sul passaparola che stiamo crescendo senza sosta».

Oggi l’azienda conta tre responsabili, 10 esperti di incontri e una trentina di “scrittori”. «Penso che l’idea abbia un grosso potenziale e che il business possa funzionare anche all’estero, Italia compresa» conclude Valdez.

INFO: www.virtualdatingassistants.com

Come copiare l’idea

Valdez è partito con un piccolo capitale proprio. All’inizio un’attività di servizio permette di comprimere i costi, evitando di avere un ufficio, facendo lavorare da remoto collaboratori esterni (non assunti, ma pagati in base ai clienti seguiti). Per la promozione, si può sfruttare la forza di Internet e quella del passaparola. Il target è molto ben focalizzato e raggiungibile grazie ai siti di incontro. Con 20mila euro si può formare un piccolo staff e mettere in piedi una campagna pubblicitaria on line sufficiente per raggiungere i primi clienti. Il passaparola (se positivo) farà il resto.

Storia 2

Chi sono. Alex Braga (autore televisivo e radiofonico), Alex Rossi (ingegnere informatico) e Giorgio Fanfani (consulente e business developer).

Il loro business. Lanciano progetti basati sulla realtà aumentata (i codici Qr letti dal cellulare che danno contenuti extra, informativi o di intrattenimento).

Di T-shirt (business a basso investimento e alto rendimento) Millionaire parla da anni. Ma ora la novità sta nelle nuove tecnologie. La Bitmoov ha lanciato la Social T-shirt, la maglietta basata sulla realtà aumentata. «In questo caso, i nostri partner sono Nokia e Guru, che voleva rilanciarsi dopo l’uscita di Matteo Cambi e l’ingresso del socio indiano Bfrl. Noi realizziamo magliette apparentemente tutte uguali, che però si differenziano proprio grazie al Qr, leggendo il quale si accede a contenuti extra. Il primo passo è quello di registrarsi sul social network di Are you guru e digitare lo status che si vuole comunicare con la propria maglietta (messaggi, numeri di telefono, e-mail…). Grazie a un programma di geolocalizzazione, è poi anche possibile individuare i membri del gruppo presenti in un’area di 5-10 km» spiega Alex Braga. «La nostra società è nata con il solo capitale versato. Ogni volta, posso dire che a pesare per il 15% dell’investimento è l’idea iniziale. Poi bisogna svilupparla, ma il costo è lo stesso che bisogna affrontare quando si sviluppa un’applicazione per il cellulare: circa 20mila euro. L’importante è poi trovare un partner, che si accolli i costi di produzione» spiega Alex Braga. Le magliette sono realizzate da Guru, che prevede di venderne nel mondo un milione di pezzi al prezzo di circa 40 euro l’una. A Bitmoov va una royalty del 20%.

INFO: www.bitmoov.com, www.guru.it

Come copiare l’idea

A chi vuole intraprendere nel settore delle T-shirt, si segnala il recente franchising Tshirt.Express, che consente di avviare un negozio in cui personalizzare magliette in 10 minuti. A fronte di 10mila euro (più Iva) si ottiene: zona esclusiva, know-how, uso del marchio, attrezzatura per la personalizzazione, 1.000 T-shirt neutre da personalizzare, formazione e supporto pubblicitario. Non sono richieste royalty, è necessario un negozio con vetrina in posizione centrale. La redditività dichiarata dal franchisor è del 750-800% sulle T-shirt e del 3.000-4.000% sugli adesivi. INFO: www.digimatica.it

Storia 3

I cani? mandateli all’asilo

Due donne professionalmente in crisi, si conoscono nel parco di piazza Vetra, a Milano, dove entrambe portano i loro amici a quattro zampe. «Parlando abbiamo capito che potevamo approfittare del momento di crisi e avviare un’attività che ci facesse stare sempre con gli animali» spiega Paola. Lo scoglio più grosso è stato la ricerca dei locali. «Esistono già molte strutture simili alla nostra, ma sono tutte fuori Milano. Avevamo l’esigenza di trovare uno spazio nel centro della città. Raggiungerci in fretta e con comodità doveva essere uno dei nostri tratti distintivi. Serviva poi uno sfogo esterno e il consenso dei condomini. Alla fine ce l’abbiamo fatta! Trovato lo spazio, lo abbiamo dovuto allestire». Oggi Bubiepupe è ospitato da un ampio open space, decorato con trompe l’œil e insonorizzato. «Tra l’idea e l’effettiva apertura sono passati otto mesi. L’investimento totale è stato intorno a 30mila euro. La prima voce di spesa è stata la ristrutturazione. A seguire la costituzione della società (una Snc), la burocrazia e un minimo di promozione iniziale (volantini e sito Internet)» prosegue Restani. L’attività, aperta nel marzo 2010, in pochi mesi è arrivata a pareggiare i costi di gestione (il più rilevante è l’affitto, un po’ sotto ai duemila euro mensili).

«Ci siamo promosse con il passaparola e anche grazie al fatto che già conoscevamo il quartiere e… la popolazione canina! In più, abbiamo la nostra pagina su Facebook. Oggi ospitiamo sette-otto cani al giorno, alcuni fissi e altri occasionali. L’asilo costa 6 euro all’ora, 17 per la mezza giornata e 21 per la giornata intera. C’è poi la possibilità di sottoscrivere abbonamenti a tariffe più convenienti. Esiste poi il servizio di pensione: 25 euro al giorno. Attualmente siamo strutturati per accudire 10 cani in pensione, ma abbiamo progetti di crescita. L’obiettivo è di ampliare gli spazi e i servizi offerti».

INFO: www.bubiepupe.it

Come copiare l’idea

Per partire con meno, basta scegliere location più periferiche o in città di medie dimensioni. Così è possibile contenere l’investimento sotto i 20mila euro. Punto di riferimento del settore è l’annuale fiera Zoomark, che si tiene a Bologna (www.zoomark.it).

Storia 4

Marketing e comunicazione in franchising

Chi sono. Andrea e Nevio Zucca

Il loro business. agenzia di marketing in franchising

«Dopo 15 anni nel settore della comunicazione, abbiamo realizzato Ippogrifo, un’agenzia di marketing b2b in franchising, rifacendoci al modello anglosassone di Usa e Gran Bretagna. L’investimento è contenuto, non dovendo aprire un ufficio e usufruendo di una serie di servizi come call center (ne abbiamo due, per un totale di una ventina di operatori), software, attività di telemarketing e web marketing, ricerca clienti…» dicono i fratelli Zucca, ideatori del marchio L’ippogrifo.

Mirna Pacchetti ha 32 anni, una laurea in Relazioni pubbliche, un master in Marketing & Sales management e da sempre il desiderio di mettersi in proprio. «Fin da quando studiavo, il mio sogno era quello di creare una mia agenzia di marketing e comunicazione, ma l’investimento era troppo consistente. Poi ho letto un annuncio dell’Ippogrifo Group e non mi sono fatta scappare l’occasione. A parte la fee iniziale, ho affrontato le solite spese di chiunque decida di lavorare da casa: l’acquisto di una stampante, l’apertura di una seconda linea telefonica, l’iscrizione alla Camera di commercio. Il franchisor aiuta a partire, fornisce un confronto costante e, soprattutto, dà contatti commerciali. E questo è un grande aiuto specie per chi, come me, non ha una rete pregressa di clienti».

Come affiliarsi

Il franchising L’Ippogrifo Lab si rivolge a persone che abbiano competenze di marketing e attitudine alla vendita. «La fee d’ingresso è di 15mila euro una tantum, dal secondo al quinto anno c’è poi una royalty pari al 2% del fatturato dell’anno precedente. Attualmente gli affiliati sono sei, puntiamo ad arrivare a 30. A loro offriamo macroarea in esclusiva, attività di ricerca clienti, formazione, condivisone di strumenti… In base al nostro business plan, prospettiamo un fatturato a regime di 200mila-250mila euro, per un guadagno al netto delle tasse di 40mila-50mila euro» spiega Nevio Zucca.

INFO: www.ippogrifolab.it, Numero Verde 800 123784

Altri atout vincenti.

Personalizzazione, consegna a domicilio, sinergia con i social network, scelta di uno slogan azzeccato, sono altri requisiti per partire avvantaggiati

Lucia Ingrosso Millionaire 9/2010

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