Come sta cambiando la formazione? A questa domanda risponde Dario Silvestri, imprenditore e formatore specialista della performance.
Una rivoluzione è iniziata da anni nel contesto della formazione. Sempre più spesso infatti vengono utilizzati nuovi modelli, come quello digitale per imparare e costruire nuove competenze, ma questo ormai è già il passato perché è in atto una vera e proprio a rivoluzione nel mondo della formazione ed abbiamo quindi deciso di chiedere proprio a Dario Silvestri, uno dei protagonisti di questa evoluzione del panorama internazionale accademico.
Dario Silvestri è un imprenditore e specialista della performance con al proprio attivo numerosi successi in ambito internazionale. Seguito da migliaia di persone, è interpellato da CEO e Founders di grandi multinazionali, come dai top players del calcio di Seria A, Premiere League, come i dai campioni Football negli USA. Silvestri è noto anche per essere l’autore del best seller Il potere del cambiamento edito da Hoepli con prefazione di Giorgio Chiellini.
Dario Silvestri, qual è stato il percorso nella formazione?
«Da sempre la formazione è l’ambito della higher education è una mia grande passione. Ho iniziato con quella più classica e formale che si tiene face to face, per poi strutturare modelli e sistemi che permettessero l’apprendimento in ambiente blended, ossia caratterizzato da lezioni in presenza integrate da quelle in e-learning. Il mio percorso è iniziato in Italia, ma è rapidamente evoluto in ambito internazionale dove ho costruito un network accademico rilevante e dinamico, oltre ad aver fondato diversi higher education institution che fanno parte di un gruppo in continua crescita e che al momento sta puntando la propria attenzione a nuove operazioni di acquisizione e di investimento in ambito AI – Intelligenza Artificiale e del Biomedicale innovativo».
Come sta cambiando la formazione?
«Quando si parla di formazione, ci riferiamo ad un’attività volta a trasferire conoscenze, strutturare e implementare competenze, preparando qualcuno a fare qualcosa che non conosceva, o supportarne il percorso di crescita per farlo meglio e più efficacemente. Questo ci pone davanti a moltissime opportunità di crescita imprenditoriale, di investimento, e come lei ben definisce, un business. Tutto questo però deve essere fondato sull’attenzione incessante nei confronti del mutamento dei mercati e la volontà di anticiparne i bisogni, in modo da poter preparare proprio quelle persone a diventarne i protagonisti attivi. È chiara la necessità quindi di avere una visione che metta lo sviluppo dello studente, come del professionista, al centro delle nostre mission aziendali».
A distanza o in presenza?
«Quando sento parlare di didattica a distanza, didattica integrata e digital learning in questo specifico periodo, è immediato il riferimento a quel contesto di emergenza che ha in qualche modo costretto a mutare con grande rapidità la natura delle attività formative. È da molti anni però che il contesto dell’e-learning è diventato protagonista della formazione a tutti i livelli e in particolar modo di quella universitaria oltre che di quella che caratterizza la formazione continua professionale. L’accelerazione dovuta quindi al contesto dell’emergenza Covid-19 ha fatto emergere le grandi potenzialità di questa modalità, come a sua volta ne ha resi evidenti alcuni limiti. È certo che lo sviluppo del digital learning sarà una delle tematiche più importanti dei prossimi vent’anni all’interno del contesto formativo, accompagnato però da due altri elementi di cui senz’altro sentirete parlare costantemente al termine di questa pandemia, che sono la tecnologia blockchain e l’intelligenza artificiale, proprio nel contesto dell’apprendimento. In conclusione, DAD o presenza? Il futuro va verso il digitale, però corre dritto nei confronti della valorizzazione dell’esperienza formativa concreta e credo che quindi la risposta sarà blended, ossia una modalità di erogazione che permetta di trarre efficacia dall’apprendimento on-campus, quanto da quello in forma digitale».
Ha lavorato molto con lo sport. Cosa ha imparato Dario Silvestri da quel mondo?
«Il lavoro con lo sport mi ha dato l’opportunità di imparare molte cose. La necessità di essere preparati, la gestione della performance, della capacità e lo sviluppo del corretto mindset per affrontare alcune prove in cui la pressione non è esclusivamente esterna, dei tifosi, dei media e degli investimenti, ma soprattutto quella con noi stessi. Il concetto di sfida, come quello di sconfitta e di essere consapevoli che le scuse non trovano spazio su nessun campo di gara. Lo sport è inoltre una tematica che è diventata il centro di alcuni progetti accademici molto specifici e lo sarà anche creando una efficace triangolazione con l’innovazione e l’internazionalità».
Cosa le chiedono soprattutto le persone?
«Questa è una domanda molto concreta, in questo periodo molto particolare, le persone mi chiedono due cose principalmente. Di sviluppare soluzioni, o meglio, portano alla mia attenzione criticità e problematiche che nella mia visione diventano rapidamente la ricerca di percorsi che li trasformino in crescita e concreta profittabilità. Dall’altra parte invece, questo è un periodo di grande fermento e quindi mi capita con grande frequenza di ricevere condivisioni di opportunità, che alla stessa maniera, dove presente il giusto potenziale, rendiamo concrete. Qualcuno talvolta mi dice che ho un atteggiamento ottimista, io in ogni caso lo prendo come un complimento, ma credo che il termine più corretto sia, determinato. One way or another!». dariosilvestri.com