Altro round di investimento per Alberto Pepe, 36enne di Manduria, in Puglia, che sta trovando fortuna a Brooklyn. La sua startup Authorea, che rivoluziona il mondo delle pubblicazioni scientifiche, convince gli investitori americani. Un nuovo round di 1,5 milioni di dollari (Lux Capital e Knight Foundation) a cui va aggiungersi il primo finanziamento di 610 mila dollari (Brian Cohen, presidente di New York Angels e primo finanziatore di Pinterest. E Alessandro Piol di Vedanta Capital).
Qui la storia che abbiamo raccontato su Millionaire che gli ha portato fortuna.
Studi tra Inghilterra, Svizzera e America. Figlio di viticoltori, Alberto finisce la scuola superiore va via dall’Italia con l’obiettivo di diventare un astrofisico: «Sono partito nel 1998, ben prima delle ondate migratorie di giovani italiani degli ultimi anni. Non c’erano ancora i voli low cost. È stata un po’ un avventura» racconta Alberto a Millionaire.
Dopo la laurea in astrofisica e un master in informatica (le sue due passioni, la ricerca scientifica e la programmazione), vince un assegno di ricerca e si trasferisce a Ginevra per lavorare al Cern (l’Agenzia europea della ricerca nucleare). Da lì vola in America con un dottorato Information Studies a Ucl a Los Angeles. E come ultima tappa, Boston, a Harvard dove ottiene il titolo di ricercatore associato: «Durante la mia esperienza accademica ho capito che c’era un problema: le pubblicazioni scientifiche avvenivano ancora con metodi antidiluviani, come se la Rete non fosse mai esistita. I ricercatori collaboravano alla stesura di un articolo aggiungendo pezzi e scambiandosi i file in word. Insomma, i tempi di stesura erano lunghi e il lavoro complesso».
Una piattaforma di scrittura collaborativa aperta a tutti. Alberto cerca un’idea per un problema che sente in prima persona. Ne parla con un collega californiano, Nathan Jenkins e insieme si danno da fare. Dai loro sforzi, entrambi sanno programmare, nasce Authorea: «È una piattaforma dove più utenti lavorano sullo stesso documento, possono fare annotazioni, commenti nel testo. Copiare e incollare contenuti, inserire dati, statistiche, formule matematiche, tutto su un unico file e pochi click. Un po’ come succede con un Google doc». E in più le gli articoli possono essere letti da tutti, mentre oggi le ricerche sono pubblicate su riviste specializzate e l’accesso è spesso a pagamento.
Vita accademica vs vita da startupper. Alberto prova a sviluppare la sua startup all’interno dell’ambiente accademico. «Ho provato a reperire fondi con assegni di ricerca, ma non sono riuscito a ottenerli. Poi ho capito che il mondo della scienza viaggiava a un ritmo più lento rispetto a quello fuori. E che per fare una startup andava fatta una scelta». Per questo prende la decisione di abbandonare la ricerca che ha caratterizzato ben 15 anni della sua vita e ripartire daccapo, nonostante il parere contrario dei suoi genitori.
L’incontro casuale da cui nasce il primo investimento. Brian Frumberg è un imprenditore e investitore, una delle prime persone che Alberto conosce quando si trasferisce a New York. Un incontro casuale li riavvicina. Lui gli parla di Authorea che nel frattempo sta sviluppando e l’altro, a sua volte, lo mette a conoscenza di VentureOutNY (http://www.ventureoutny.com/), un programma per permettere a idee innovative di tutto il mondo di incontrare business angel. L’iniziativa è aperta a startup italiane. Authorea non lo è (ha sede in America), ma Brian vuole fortemente che Alberto partecipi. È durante questa iniziativa che conosce Brian Cohen, presidente di New York Angels e primo finanziatore di Pinterest. E Alessandro Piol di Vedanta Capital che mettono sul piatto 610mila dollari: «Con Brian ci siamo subito piaciuti. Da studente era appassionato di scienze e ammirava molto il fatto che io avessi cercato una soluzione a un problema che sentivo personalmente come membro della comunità scientifica».
I primi problemi e il rischio del fallimento. Con il finanziamento allarga la squadra a 5 persone inizia i primi test, gli utenti diventano 5mila, poi 10mila. Poi arriva il primo “macigno” da risolvere: «La parte legale per convalidare un finanziamento è davvero complessa. Ci eravamo affidati a una società di consulenza che però voleva farsi pagare tutto in anticipo. I consulenti trovavano continuamente cavilli legali per aumentare il prezzo del loro onorario. Noi ci siamo trovati in una situazione di stallo: i soldi del finanziamento ancora non arrivavano e stavamo spendendo tanti soldi per le pratiche . Allora ho capito che avevamo fatto un grosso errore di valutazione: scegliere i consulenti sbagliati».
L’inizio dell’ascesa. Per fortuna le pratiche del finanziamento vanno a termine e Authorea inizia la sua costante ascesa nei risultati. Gli utenti diventano 80mila (ricercatori, professori universitari, studenti) in 70 Paesi del mondo: America, Australia, Inghilterra, Francia, Germania e anche Italia (sono 10mila gli italiani iscritti): «Gli utenti si iscrivono con un modello freemium e pagano una fee se vogliono aggiungere funzionalità e soprattutto se desiderano lavorare su un documento privato. Oggi i paganti sono 400, ancora pochi per fare un bilancio, ma stiamo crescendo e potenzieremo la parte di vendita puntando su università e centri di ricerca che potranno creare una piattaforma esclusiva di pubblicazione per i propri clienti».
Arriva il secondo round di 1,5 milioni. «Prendere il primo seed è la parte più facile. Qui si dice che è come fare le scuole elementari. Invece per il secondo devi fare l’università, dimostrare agli investitori cioè i numeri in crescita e un modello di business sempre più convincente». E Alberto è riuscito anche questa volta a superare gli esami con la chiusura del secondo finanziamento per una cifra di 1 milione e mezzo di euro: «Non conosco il sistema di startup italiano, ma non è vero che in America tutto è facile. I rischi sono dietro l’ostacolo, molti startupper che ho conosciuto sono falliti. Nessuno è disposto a regalarti un dollaro».
INFO: https://www.authorea.com/
Giancarlo Donadio