2 milioni di euro a D-Orbit, la startup che pulisce lo Spazio

Di
Redazione Millionaire
11 Febbraio 2016

Prova a diventare astronauta, ma non ci riesce: 100esimo su 10mila candidati per 5 posti. Allora Luca Rossettini, 40 anni, vicentino, ingegnere aerospaziale, decide di realizzare un’idea e crea una startup di successo, una soluzione che permette di rimuovere i satelliti dalla spazio alla fine del loro ciclo di vita e ricondurli sulla Terra. D-Orbit, questo il nome della startup, ha ottenuto un finanziamento di 2 milioni di euro dalla Commissione Europea (nell’ambito del programma Horizon 2020) che va ad aggiungersi ai 5 milioni di euro, raccolti in precedenza (hanno creduto in lui, tra gli altri, Club degli investitori, TTVenture e Como Venture).

Ed è stata nominata tra le 100 più innovative al mondo (secondo Red Herring, celebre sito di business tecnologici). Amico di Millionaire, lo abbiamo intervistato qualche mese fa. Qui quello che ci ha raccontato.

Come è nata l’idea?

«Un po’ dalla delusione di non essere riuscito a diventare astronauta. Conoscevo il problema dei detriti causati dai satelliti e i problemi che comportavano. Allora ho pensato a un’idea per risolvere il problema a in modo veloce ed economico. Ho studiato un prototipo, un computer intelligente da montare sul satellite, e ho vinto una borsa di studio in Silicon Valley e poi ho trascorso un periodo in Nasa. Quando ho capito che era il momento propizio per concretizzare il progetto, ho lasciato tutto e sono tornato in Italia. Malgrado, in America ci fossero tanti investitori, volevo che il progetto appartenesse al nostro Paese».

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È un mercato un po’ sconosciuto. Puoi spiegarcelo?

«Il problema dei detriti (debris) è mastodontico. I debris potrebbero portare a una serie di collisioni nello spazio tali da spazzare via tutti i satelliti che ruotano intorno alla Terra e avere impatti negativi sull’economia, se si pensa che il 70% della tecnologia che utilizziamo è legata allo spazio. Noi ci siamo occupati solo di una nicchia, dei satelliti che invecchiano o si rompono e vanno rimossi. Stiamo parlando di infrastrutture del valore di 300 miliardi di dollari l’anno».

Cosa fa la vostra soluzione?

«Rimuovere un satellite ha costi elevati e anche tempi lunghi, fino a un anno. Noi abbiamo pensato a un sistema che si può installare su nuovi satelliti e che permette di smaltirli in caso di malfunzionamento in un’ora per quelli più vicini e in mezza giornata per quelli più lontani. Naturalmente i costi si riducono. Il sistema funziona sulle tre fasce di satelliti in orbita. Quelli più in prossimità del Pianeta vengono guidati e spinti su una traiettoria sicura. Quelli più lontani vengono spostati in una zona, “orbita cimitero”, in cui non possono creare problemi ai satelliti operativi».

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Quale l’ostacolo più grande che hai incontrato?

«È stato sicuramente trovare investitori. Nella comunità scientifica il problema che la nostra soluzione andava a risolvere era molto noto. Ma nel mondo dei venture capitalist sono pochi a livello europeo e mondiale quelli che hanno competenze in ambito spaziale. Succedeva che mi accoglievano, gli raccontavo la mia idea e gli piaceva. Dicevano: “Bravo, sei credibile, ma non è un settore nel quale investiamo”. Per fortuna poi ho trovato un finanziatore italiano che è anche ingegnere aerospaziale. E che aveva le competenze tecnologiche e finanziare per capire il valore del business. Oggi la situazione sta cambiando, solo in America gli investimenti in startup hanno raggiunto i 2 miliardi di dollari».

Avete già dei clienti?

«Abbiamo già stretto un accordo con un costruttore di satelliti europeo, un primo contratto piccolo da 400mila euro e ne stiamo chiudendo altri. Abbiamo ricevuto offerte per diverse decine di milioni, ma molte non si sono ancora concretizzate».

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Qual è la lezione più importante che hai imparato finora?

«Uno startupper deve puntare in alto. Non ha senso fare qualcosa di piccolo in un mercato globale. Quindi se hai un’idea che unisce il profitto a un buon impatto sociale, hai le carte in regola per riuscire. O almeno provarci. Tanto anche se fallisci va bene lo stesso. Siamo già tra il 5% delle persone più fortunate del Pianeta. Qualunque cosa ci accada, la fortuna è dalla nostra parte».

INFO: http://www.deorbitaldevices.com/site/?lang=it

Giancarlo Donadio

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