Cosa chiedono le startup al governo Meloni

Di
Redazione Millionaire
11 Dicembre 2022

Semplificazione del quadro normativo e una maggiore accessibilità, i temi più discussi durante la conferenza “10 anni di Startup Act”

 

Precisamente dieci anni fa, l’Italia ha effettuato un grandissimo passo avanti nell’ecosistema dell’innovazione, mettendo in piedi il primo registro per le startup. Nonostante l’Italia fosse ben lontana dai numeri di oggi, questo, ha permesso al nostro Paese di aumentare la propria competitività con gli altri Paesi dell’Ue. Per festeggiare questi primi 10 anni di Startup Act, quindi, l’associazione InnovUp, ha pensato di organizzare una giornata di confronto riunendo investitori, aziende e scale up del panorama italiano. Cosa che però non è passata inosservata è stata l’assenza di alcune figure chiave che invece avrebbero dovuto essere presenti in un’occasione del genere: il Governo. Un’assenza composta da file intere di sedie vuote che hanno preoccupato non poco il comparto più vivace dell’economia italiana e fatta notare subito da Giorgio Ciron, direttore di InnovUp, che ha commentato: “E’ un’assenza che a noi dispiace tanto, perché oggi siamo qui a parlare di una cosa importante: di posti di lavoro. Le startup e le aziende ai primi cinque anni di vita – spiega – sono oggi le realtà che più creano occupazione in Italia.”

Sarebbe dovuto essere un momento di confronto tra istituzioni e imprese, per trovare soluzioni a possibili problemi, purtroppo però le istituzioni non si sono presentate, mostrando disinteresse sul tema.

 

Cosa chiedono le startup

Oggi le startup chiedono che venga colmato il divario strutturale con i principali Paesi europei; semplificando il quadro normativo esistente, aumentando gli incentivi fiscali e incentivando l’imprenditoria femminile. “Quello del venture capital – spiega Corrado Passera, ex ministro dello Sviluppo Economico – è un tema da spingere per far passare le startup a scaleup. Dobbiamo essere ‘spingitori culturali’ per i giovani perché ad oggi non ci sono percorsi universitari degni di nota. In gioco non c’è solo un segmento di un’economia, ma il futuro”. L’idea alla base è quella di arrivare ad un manifesto condiviso che sappia guardare ai prossimi dieci anni nell’ottica di agevolare e supportare le startup aumentando la competitività della filiera, snellendo gli adempimenti burocratici, superando l’attuale stratificazione normativa e favorendo l’internazionalizzazione di startup, pmi e centri di innovazione.

“Dieci anni dopo l’introduzione dello Startup Act, prima legge organica sulle imprese innovative per il nostro Paese, gli investimenti in startup hanno superato il miliardo di euro di finanziamenti. Ma, guardando all’estero, il gap da colmare è ancora consistente: nel 2021 le startup spagnole ricevevano infatti 6,6 miliardi, le francesi 11,6 miliardi e le tedesche 16,2 miliardi” spiega Cristina Angelillo, presidente di InnovUp.

 

Come nasce la Startup Act

Durante la conferenza, l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, ha inoltre raccontato la storia di come è nata la legislatura che ha dato vita allo Startup Act, spiegando che inizialmente, l’iniziativa non venne compresa da tutti, poiché presagiva un cambio di declinazione rispetto a quello che era il tessuto economico del Paese. “Secondo molti interlocutori – ha spiegato Passera – bisognava mantenere lo stigma del fallimento, quindi ci battemmo perché l’idea di punire il fallimento era uno stigma che rappresentava l’esatto contrario dell’idea di startup. Con il passare del tempo la serietà del lavoro che svolgemmo creò un grande consenso intorno alla legge, consentendoci di approvarla pur essendo il governo dimissionario. La normativa – continua l’ex ministro – nacque da un percorso di ascolto e di studio. Iniziammo con il coinvolgere tutti gli aventi interesse, con quella comunità di innovatori che volevano operare meglio. Poi mandammo in giro per il mondo un gruppo di persone che stilò un rapporto dove mostrò le migliori idee che venivano dalle migliori esperienze internazionali. Mi dissero che se fossimo riusciti a fare solo la metà di ciò che era previsto, avremmo avuto un grande successo, ma poi ci chiedemmo: perché farne solo la metà se possiamo farle tutte? Iniziammo quindi ad apportare i cambiamenti che sarebbero serviti per allineare la normativa sul tema del lavoro e dello sviluppo”.  Ad oggi, grazie a questa legge varata il 18 ottobre 2012, la quota di realtà iscritte al registro sono passate da poche centinaia a più di 14 mila, costituendo una crescita esponenziale che ha confermato l’importanza di quest’azione politica.

 

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