Stefano Bianchi, 42 anni, grafico e art director, ha lavorato per anni a Parigi, prima di ritornare in Italia. A Livorno ha appena avviato Crowdbooks, una startup che pubblica libri in crowdfunding.
Ha sviluppato la sua idea grazie a un percorso di accelerazione nell’incubatore Luiss Enlabs di Roma e a un investimento di 80mila euro da parte di LVenture Group.
Com’è nata l’idea?
«Lavoro da 20 anni come grafico e art director per diverse case editrici», risponde Stefano, Ceo e founder di Crowdbooks. «Dopo anni di consulenze da freelance, mi rendevo conto che troppi progetti spesso non decollano, rimangono nel cassetto di editori che non vogliono prendersi il rischio di pubblicarli. Così ho pensato di creare una piattaforma di crowdfunding, dove poter raccogliere il denaro per produrre libri illustrati di qualità senza alcun rischio».
Come funziona?
«Selezioniamo i progetti di libri illustrati che potrebbero essere pubblicati e li presentiamo sulla piattaforma di Crowdbooks. Qui chiunque può sostenere la pubblicazione del libro, pre-acquistando una copia a un prezzo scontato. Grazie al crowdfunding possiamo realizzare anche progetti ambiziosi a rischio zero. C’è una differenza però rispetto alle piattaforme di crowdfunding “generaliste”».
Quale?
«Non ci occupiamo solo dell’intermediazione tra autore e lettore, ma ci occupiamo anche della produzione del libro. Accompagniamo l’autore in tutto il percorso editoriale e garantiamo agli acquirenti che il libro sia conforme al progetto presentato. Abbiamo creato un modello innovativo che unisce crowdfunding e publishing per un’economia di sostenibilità».
E i guadagni?
«Tutto il denaro raccolto è reinvestito nella produzione del libro. All’autore va una percentuale sulle copie vendute, attorno al 10%. Oltre alle copie pre-acquistate riusciamo a produrne altre che vendiamo alle librerie o sul nostro sito di e-commerce. Da lì arrivano i guadagni. Ad oggi abbiamo realizzato 8 progetti (più due ancora online) e abbiamo raccolto 90mila euro, con richieste da tutto il mondo».
Vendete anche in libreria?
«Non in Italia. Al momento però abbiamo ricevuto richieste da librerie di Londra, Bordeaux e Bruxelles. Il nostro sito è in inglese perché siamo aperti al mercato globale».
Puntate all’estero?
«Sì, spero in futuro di espandere l’attività e arrivare negli Stati Uniti, dove in passato ho vissuto. Per lavoro sono stato per molti anni anche a Parigi e in Germania. Sono rientrato da due anni per motivi personali. Ma mi rendo conto che in Italia ci sono ancora pochi fondi e poche agevolazioni per le startup».
Hai avuto momenti di difficoltà?
«Quando è iniziata la fase di accelerazione di Crowdbooks, lo sviluppatore ha lasciato la startup. Subito ho pensato “è finita”. Poi però ho cercato una soluzione. Ho trovato un sostituto bravo e appassionato. E ho capito che non bisogna mai scoraggiarsi».
Consigli?
«Per avviare e far crescere una statup le buone idee non bastano. La riuscita di un progetto sta tutta nella sua esecuzione. Nel mio caso mi hanno aiutato l’esperienza e la conoscenza del settore e la rete di contatti costruiti negli anni, anche all’estero. Il network è importante per promuovere la startup. Noi abbiamo usato anche social e email marketing. Abbiamo una community di più di 7000 persone che ricevono la nostra newsletter e ci seguono».
Info: www.crowdbooks.com