È una brutta battuta d’arresto quella subita dal venture capital italiano nel 2023. Dai dati dell’ultimo osservatorio trimestrale realizzato dalla banca d’investimento Growth Capital e dall’associazione di settore Italian Tech Alliance si evince che da gennaio sono crollati sia il numero di round di finanziamento che il valore delle raccolte.
Il quadro della situazione
Ad oggi si stima che entro dicembre si conteranno 223 operazioni complessive (a differenza delle 256 del 2022) per un totale di 772 milioni (contro gli 1,6 miliardi dello scorso anno). Il 65% di esse avviene o quando la startup non è ancora in piedi o quando sta muovendo i suoi primi passi. I comparti che attirano di più sono le smart city per numero di iniziative e i software per l’entità di risorse accumulate. A livello di verticali primeggiano fintech e applicazioni.
La miglior performance l’ha realizzata l’azienda sviluppatrice di sistemi informatici Bending Spoons, che ha portato a casa 100 milioni. Oltre il 33% degli investimenti proviene dall’estero, soprattutto da Gran Bretagna, Germania e Svizzera.
Un clima di incertezza
I motivi della brusca frenata (comunque più contenuta se confrontata con il resto del mondo) sono da ricercare nelle difficoltà macroeconomiche odierne. «Inflazione, tassi di interesse proibiti, guerre: un buon investitore sa che sono questi i momenti in cui si fanno gli affari migliori – spiega Gianluca Dettori del fondo Primo Ventures –. La stretta al credito consente di negoziare condizioni più vantaggiose. Guardiamo con interesse all’economia spaziale, pronta a esplodere nei prossimi 30 anni, e alla sostenibilità ambientale, che necessita di quelle tecnologie all’avanguardia che oggi sono in mano alle startup. Opportunità di guadagno che però restano inaccessibili ai piccoli risparmiatori, in quanto il regolatore ha limitato l’accesso al venture capital a fondi pubblici e privati, ritenendolo troppo rischioso per i singoli cittadini i quali, tuttavia, godrebbero di più tutele rispetto ad altri strumenti analoghi».
Prospettive di rilancio
Nel frattempo i principali attori del mercato si stanno riorganizzando per fruttare al massimo le occasioni offerte dal momento storico. «Negli ultimi dieci anni i soggetti disposti ad aggregare capitali per finanziare realtà promettenti è quintuplicato – ricorda Alessio Beneverina del fondo Panakes –. Siamo ancora lontani dai livelli internazionali e il periodo sfavorevole di certo non aiuta a colmare il gap. Oggi gli operatori preferiscono ottimizzare i rendimenti concentrandosi su meno startup e settori ad alto potenziale come il biotech. Ecco perché prepariamo meno round ma coinvolgendo più addetti ai lavori per accumulare somme più cospicue».