Le emissioni globali di CO2 stanno causando un cambiamento drastico e irreversibile del nostro clima. La startup italiana Energy Dome, nata nel 2019, trova una soluzione al problema che coinvolge proprio lo stoccaggio dell’energia rinnovabile della CO2. «A differenza del carbone e del petrolio, che possono essere accumulati, le fonti rinnovabili come il sole e il vento non hanno questa caratteristica. Occorrono quindi sempre delle batterie, cioè dei sistemi che “tengano da parte” l’energia (che viene prodotta quando c’è il sole o il vento) e la rilascino quando serve», spiega il Ceo e fondatore Claudio Spadacini, ingegnere meccanico e serial entrepreneur. «Il nostro sistema fa proprio questo, e lo fa utilizzando la CO2».
Come funziona? «Acquistiamo la CO2 e la mettiamo in un gasometro (il nostro “dome”), a pressione e temperatura ambiente. Nel momento in cui dobbiamo “caricare la batteria”, cioè appunto accumulare energia perché l’impianto fotovoltaico ne sta producendo più di quella di cui si ha bisogno, azioniamo un compressore che la raffredda e la trasforma allo stato liquido. La CO2 compressa viene inserita in serbatoi, che dobbiamo immaginare come dei grandi estintori. Sono proprio questi le nostre batterie. Quando abbiamo bisogno di energia, facciamo rievaporare la CO2 e la mandiamo in una turbina che muove un generatore, che a sua volta produce energia elettrica».
Il valore di questo impianto (ne è stato costruito uno dimostrativo a Ottana in Sardegna, connesso alla rete elettrica nazionale), è di qualche decina di milioni di euro. «Ad acquistarlo saranno le grandi utility: sono loro che devono fornire elettricità alla rete e agli utenti senza immettere CO2 nell’atmosfera», aggiunge Spadacini. La prima fattura a sei zeri è stata emessa nei confronti di Ansaldo Energia, a cui Energy Dome ha venduto la sua prima licenza. «Nel 2023 inizia la vera fase commerciale», spiega il CEO & founder di Energy Dome Claudio Spadacini in una intervista a Millionaire febbraio.
Ostacoli e finanziamenti
Oggi viene globalmente riconosciuto che l’energia proveniente da fonti rinnovabili, come quella eolica e solare, costituisce un passo importante verso la decarbonizzazione.
Per questo, i sistemi che permettono di accumulare l’energia rinnovabile sono fondamentali. Gli impianti eolici e fotovoltaici, infatti, non sono attualmente in grado di produrre energia in maniera continuativa. Lo fanno a seconda della presenza del sole e del vento. Servono quindi delle ‘batterie’ che permettano di conservare l’energia prodotta in eccesso in modo da poterla utilizzare secondo necessità, anche quando pannelli e turbine non la producono. Ed è qui che entra in gioco la tecnologia di Energy Dome.
Ad aprile la startup italiana Energy Dome ha chiuso un round di finanziamento di serie B da $44 milioni (circa €40 milioni). Il round è stato guidato da Eni Next e da Neva SGR, società di venture capital di Intesa Sanpaolo. Tra gli investitori figurano Sustainable Impact Capital di Barclays, Cdp Venture Capital, Invitalia, Novum Capital Partners, 360 Capital e altre realtà internazionali come Japan Energy Fund e Elemental Excelerator. I fondi raccolti permetteranno al suo brevetto di essere commercializzato in tutto il mondo.