Raccontami una storia ti finanzierò

Di
Redazione Millionaire
18 Agosto 2012

Si chiama pitch, è una presentazione in tempo record che serve a convincere un investitore a credere nel tuo progetto. Ecco come si fa. Prima regola: parlami di te

Sareste capaci di raccontare la vostra idea di impresa nel tempo di un viaggio in ascensore? Bene, siete pronti per un pitch, una presentazione di pochi minuti, a volte di pochi secondi, per convincere un investitore a finanziarvi. Preparare un pitch è un’arte. «Negli Usa il pitch è l’alfabeto delle startup: se si vuole comunicare in quel mondo, bisogna padroneggiare quel linguaggio. A ogni minuto di presentazione corrisponde una settimana di lavoro preparatorio» spiega Marco Marinucci (foto a destra), fondatore di Mind the Bridge, organizzazione non profit che porta i talenti italiani nella Silicon Valley.

Ti do cinque minuti per incuriosirmi

Il pitch è utile negli eventi e nelle competizioni organizzati appositamente per far incontrare startup e finanziatori e quando si va a incontrare un venture capitalist di persona. Ma è importante avere sempre pronto un pitch rapidissimo per le occasioni informali: è il cosiddetto elevator pitch, il pitch da ascensore o da qualsiasi altra situazione in cui si incontra uno che conta e si hanno a disposizione pochi secondi per incuriosirlo con la propria idea.
«Al di là della modalità “da ascensore”, in genere al pitch si riservano cinque o sei minuti. Seguono 10-15 minuti di domande e risposte per approfondire. E se persona e idea sono valide si va al secondo incontro» aggiunge Riccardo Donadon, fondatore e Ceo di H-Farm, venture capitalist e incubatore d’impresa. «Il pitch, prima ancora che a parlare di un’idea, serve a presentare una persona. È utile per capire le capacità di sintesi, la passione e la convinzione» prosegue Donadon.

Perché le storie si ricordano di più

Come si prepara un pitch e in quanto tempo? «Condivido la regola del 10/20/30 del venture capitalist Guy Kawasaki: la presentazione in PowerPoint deve durare 10 minuti ed essere composta da massimo 20 slide con testo in font 30» sostiene Marco Marinucci. «Le slide si devono concentrare sulla comunicazione del problema da risolvere, sul perché la propria idea è migliore delle altre, sulle capacità di mettere in pratica l’idea e sullo scenario di mercato in cui ci si colloca. Il punto centrale è raccontare una soluzione a un problema. Sottolineo “raccontare”, perché dev’essere una storia con un inizio e una fine. Marinucci non è l’unico esperto del settore a insistere sulla dimensione della storia: le storie piacciono a tutti e si ricordano più facilmente rispetto ad aride sequenze di dati.
Del resto quello del pitch è un concetto di derivazione cinematografica: nel gergo del grande schermo il pitch è lo spunto di partenza da cui poi si costruiscono il soggetto e la sceneggiatura. «Credo che sia molto importante saper raccontare bene ciò che si vuole fare, che si tratti di un film o di una startup imprenditoriale» afferma il produttore Giannandrea Pecorelli. «Sapere che chi propone qualcosa ha chiaramente in mente ciò che vuole fare, sa dove vuole arrivare e soprattutto è in grado di suscitare la tua curiosità, fiducia e magari entusiasmo, è fondamentale per affiancarsi nello sviluppo di un progetto». Un altro fattore importante per emergere è la personalizzazione del pitch. «Ognuno deve trovare il suo stile» prosegue Marinucci. «Due ragazzi siciliani, per farsi notare in Silicon Valley, si misero ai due capi della sala simulando un dialogo via cellulare interrotto causa esaurimento della batteria. Volevano promuovere la loro idea di indumenti a celle solari in grado di ricaricare apparecchiature tecnologiche».

Gli errori da non fare

Innanzitutto l’eccesso di informazioni. Meglio insistere su pochi concetti principali che perdersi nei dettagli. È vero, per spiegare tutto non basterebbero due ore, ma il pitch non deve esaurire l’argomento, bensì incuriosire in vista di ulteriori approfondimenti. Una buona idea si deve poter spiegare anche su un tovagliolo di carta. L’altro nemico è l’improvvisazione. Sostiene Marinucci: «Steve Jobs preparava per sei mesi anche quelle brevi presentazioni che sembravano informali e apparentemente spontanee». E le startup italiane non sono da meno. Gianluca Ferranti, Ceo di Vivocha, piattaforma che consente agli utenti Internet di interagire in tempo reale con un operatore di contact center, racconta: «Abbiamo iniziato ad aggiornare in modo ricorrente il nostro pitch a partire da maggio. Fra ottobre e novembre, dopo la prima selezione a Torino, l’abbiamo completamente riscritto. Da diversi mesi, ogni settimana dedico qualche ora a rivedere la presentazione. L’ho provato oltre 50 volte davanti a un pubblico» racconta Ferranti. «Anche il look va studiato con attenzione. Il pitch ha portato uno stile informale anche in Europa. Io ho optato per una camicia senza giacca, altri si sono presentati in T-shirt con il logo dell’azienda per farsi riconoscere e ricordare. Il focus è sempre l’efficacia, non la bellezza».

L’esperto

«La nuova Google nascerà in Europa»

Quale distanza separa l’Italia dalla Silicon Valley, la culla delle startup tecnologiche? Lo abbiamo chiesto a Riccardo Donadon di H-Farm:
«In Italia si è partiti da poco, ma tutto il sistema sta cominciando a capire che è necessario credere nelle startup se vogliamo far ripartire l’economia».
Che ruolo hanno i giovani?
«I giovani devono crederci e avere fame d’impresa. Grazie a Internet e alla crisi hanno delle possibilità straordinarie per far nascere la propria startup».
Quali sono i vantaggi della crisi?
«La soglia d’ingresso non è mai stata così bassa per chi ha voglia di mettersi in gioco e ci sono migliaia di cose da fare. Non ci sono particolari motivi per cui la nuova Google non possa nascere in Europa oggi. In Asia, però, sono più affamati, ci credono di più».
Come farsi conoscere?
«Sfruttare il networking, che in pochi passaggi può portarti a dialogare con persone che fino a poco tempo fa erano inavvicinabili».
INFO: www.h-farmventures.com

Testimonianza

Noi ce l’abbiamo fatta così

«Tutto è iniziato a febbraio 2008 fra quattro colleghi di Mtv Italia. L’idea era semplice: catalogare la musica su base emotiva» racconta Daniele Novaga, Ceo di Stereomood. «Senza spendere un euro in marketing, abbiamo messo la web radio in Rete e, facendo leva sul passaparola, abbiamo registrato una media di un milione di visitatori unici al mese da tutto il mondo. Poi abbiamo deciso di presentarci agli investitori, partecipando ad alcuni concorsi. Confesso che solo sei mesi fa non avevamo idea di cosa fosse un pitch, tanto che ci presentammo al nostro primo potenziale investitore con un semplice company profile. Per questo abbiamo chiesto aiuto ad altri startupper che si erano già confrontati con questa prova. Dopo infinite revisioni, il pitch era pronto. Lo abbiamo provato almeno una trentina di volte di fronte ai nostri amici. Ma non è bastato: fare un pitch è un compito che richiede una scrupolosa preparazione e abilità che non è detto siano sempre congeniali ai founder di una startup. Il nostro segreto? Abbiamo raccontato una storia coinvolgente».

8 slide per un pitch perfetto

Frasi brevi e non più di otto slide. Ecco la ricetta di Riccardo Donadon, Ceo di H-Farm:

1. Chi sei: presentatevi e visualizzate il prodotto.

2. Punti di forza del prodotto: perché il consumatore lo dovrebbe scegliere.

3. Definisci il mercato: dimensioni, protagonisti e strategia.

4. Difendi l’idea: descrivete le barriere all’ingresso.

5. Il gruppo: chi c’è con te, parla del team.

6. Soldi: quanto serve raccogliere per dare valore all’idea.

7. Descrivi come si spenderanno i soldi.

8. In sintesi i punti salienti dell’idea, citando i potenziali attori di business.

Giuliano Pavone, Millionaire 1/2012

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