Safe, un nuovo contratto per investire nelle startup

Safe, un nuovo contratto per investire nelle startup

Di
Mirko Giustini
18 Luglio 2023

C’è un nuovo strumento a disposizione delle startup a cerca di fondi. È Safe (acronimo di Subscription Agreement for Future Equity), il contratto che semplifica il rapporto con gli investitori.

 

Le origini

In pratica si tratta di un accordo di sottoscrizione di un futuro aumento di capitale, molto popolare negli Stati Uniti, ideato nel 2013 dall’acceleratore americano Y Combinator. La versione italiana è stata curata da Italian Tech Alliance, associazione che unisce diversi attori del mondo dell’innovazione; il gruppo finanziario Growth Capital e gli studi legali Portolano Cavallo e Linklaters Italia. Il modello standard è scaricabile gratuitamente e può essere utilizzato senza l’assistenza di un avvocato.

 

I vantaggi

Il modulo risolve l’annoso problema delle relazioni tra aziende agili e partner. I secondi sono soliti avanzare fin da subito pretese riguardanti modifiche alle regole che disciplinano la gestione della società per orientarne la direzione, mentre alle prime interessa restare agili e concentrarsi sullo sviluppo del modello di business. Il Safe consente a queste ultime di rinviare i problemi di governance a tempi più maturi, senza tuttavia dover rinunciare ai fondi, considerati quote aggiuntive al patrimonio e non debiti. 

 

Istruzioni per l’uso

Il contratto è composto da otto pagine all’interno delle quali occorre inserire valori commerciali tra cui la percentuale di sconto sulla valutazione della startup al momento della conversione, la data di scadenza, le caratteristiche della raccolta di capitali. All’interno è disponibile anche una tabella che aiuta i founder a calcolare la quota di azioni da erogare in base all’investimento ricevuto. Se ad esempio una realtà chiude la capitalizzazione con una valutazione di 10,5 milioni, chi ha erogato 100 mila euro, usufruendo di un ipotetico sconto del 20%, riceverà una quota pari all’1,19%.

 

Il commento 

«In Italia molti investitori faticano ad avvicinarsi al mondo dell’innovazione, anche a causa di alcune complessità formali – spiega Francesco Cerruti, direttore generale di Italian Tech Alliance –. Siamo partiti dai bisogni e dalle necessità del mercato per predisporre un documento standard adatto all’ordinamento italiano che possa servire da base, agevolando i negoziati e prevedendo uno sconto per chi investe. Il valore aggiunto del lavoro in questione è che è di fatto già il frutto di un negoziato interno all’associazione, che comprende sia investitori che founder, oltre naturalmente agli studi legali che hanno avuto un ruolo chiave nel progetto».

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