Svolta con il licensing

Di
Redazione Millionaire
23 Agosto 2012

Troppo costoso lanciare un marchio? Affittalo. Se il progetto è ben studiato, conviene. Guida pratica per fare business con Hello Kitty, Paris Hilton, Playboy

Che cos’è?

Il termine inglese licensing indica la cessione temporanea per lo sfruttamento di un marchio (ma anche di un personaggio dei cartoon o dell’immagine di una persona reale). Il titolare del diritto si chiama licenziante (licensor); chi acquisisce il temporaneo diritto di sfruttamento è il licenziatario (licensee). Il primo mette a disposizione il suo marchio, il secondo lo utilizza per personalizzare la propria linea di prodotti. In concreto: Sanrio (licenziante) dà a Gabel (licenziatario) la possibilità di creare delle lenzuola personalizzate con Hello Kitty, la nota gattina giapponese.

A chi conviene?

Se il progetto è ben studiato, conviene a tutti. Il licensor ottiene un pagamento in cambio della cessione del marchio e vede aumentare la propria diffusione e notorietà. Il licenziatario risparmia tutti i costi fissi legati alla creazione e al lancio di un nuovo marchio e ne “affitta” uno noto, in grado di attirare i consumatori. D’ora in poi il focus sarà sui licenziatari, che possono essere rappresentati anche dalle piccole e medie imprese.

Quanto costa?

Il costo consiste in una royalty in percentuale sul fatturato (tra 10 e 12%). Le aziende proprietarie dei marchi però richiedono il pagamento anticipato del cosiddetto minimo garantito, che è pari al 50% circa della royalty attesa. Il licenziatario realizza il business plan relativo alla linea che vuole lanciare: numero di esemplari, prezzo e margini, canale di distribuzione… Il minimo garantito viene fissato su questa base. I “marchi storici” sono i più costosi (uno come Romeo Gigli costa intorno a 100mila euro). Ma su quelli giovani si possono spuntare condizioni interessanti.

In che cosa consiste il contratto?

Il contratto definisce gli aspetti base: la durata (meglio vincolarsi per poco tempo), l’ambito in cui si può utilizzare il marchio (per  giocattoli, complementi d’arredo…), la modalità di calcolo delle royalty (sul venduto, il venduto netto…), il minimo garantito.

In quali settori conviene?

Quello dei giocattoli è al primo posto, con una penetrazione del licensing pari al 36%. I bambini sono il target numero uno. Fra le tendenze in atto c’è un aumento del ricorso al licensing nel tessile casa e l’utilizzo di personaggi dei cartoni animati (I sette nani, Winnie The Pooh…) per personalizzare linee rivolte agli adulti. Ma gli ambiti sono infiniti: articoli per l’ufficio, elettronica, alimentari…

Mettiamo di voler lanciare una linea di occhiali griffata Paris Hilton: come si fa?

Basta cercare “Paris Hilton” per scoprire che il suo agente è The Beanstalk Group Londra, che gestisce fra l’altro Jaguar, Vespa e Max Factor. La guida italiana del licensing e del merchandising elenca licenzianti e licenziatari e offre una panoramica completa del settore. Altro utile riferimento è il forum annuale: un incontro che permette di fare networking all’interno del settore. Rivista, annuario e forum sono a cura di Kazachok, società di consulenza nel licensing (www.kazachok.com).

A chi rivolgersi?

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  • Il punto di riferimento del licensing in Italia è l’associazione internazionale di categoria, Licensing Italia: www.licensingitalia.it.
  • Lima, International Licensing Industry Merchandisers’ Association (www.licensing.org).
  • Ci sono poi varie società che offrono consulenza e supporto.

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Qual è il primo passo?

Il primo passo è capire qual è il mercato di riferimento dell’azienda, quale il suo posizionamento e che obiettivi si propone di raggiungere grazie al licensing. A quel punto, si presenta una rosa di 12-15 brand, fra quelli ritenuti più adatti. Il progetto deve convincere tutti, dall’imprenditore agli agenti ai negozianti
spiega Paolo Lucci, della società di consulenza Brand Jam (www.brandjam.it, tel. 02 34938355). Ma quanto può costare affidarsi a un consulente? «Una consulenza al livello minimo può costare fra 8mila e 20mila euro» prosegue Lucci.

Come scegliere la property giusta?

Spiega Paolo Lucci:

Rispetto al passato, i fenomeni di successo legati a brand e personaggi sono più numerosi e meno duraturi. In passato, bastava che un personaggio avesse una serie su Mediaset e l’effetto fenomeno era assicurato. Adesso, con il proliferare delle televisioni, non è più così. Lo stesso vale con i film al cinema. Ci sono pochi personaggi come Hello Kitty, che è meglio di Topolino: piace a tutte le generazioni di donne, da decenni.

Due licenze vincenti?

«Punterei su Material girl, marchio di una linea di abbigliamento per ragazze di 12-19 anni. Nasce da una joint venture tra Iconix e Madonna e sarà tenuta a battesimo dalla figlia della popstar (www.iconixbrand.com). Ma scommetterei anche su tazza e magliette personalizzate con disegni di auto d’epoca dell’editore inglese Haynes, una  proposta per sportivi  (www.haynes.co.uk). Personalmente, poi, sarei pronto a giurare sul successo di una linea ad alto livello di accessori per animali a firma Paris Hilton» conclude Lucci.

Come farsi accettare dai big?

Spesso, più che una questione di numeri, è una questione di condivisione di valori

conclude Lucci.

in affari con Hello Kitty

Due soci (Nicoletta Colombo e Antonio Colella), un anno di nascita (il 1996), un prodotto (gioielli fashion di qualità) e un must (il Made in Italy). Nasce così Eta-Beta. Spiega la business developer Elena Ghelfi: «Nel 2004 nasce l’idea di battere la strada del licensing. Il brand scelto è quello di Hello Kitty. L’azienda ha stretto un rapporto diretto con l’azienda titolare del marchio, Sanrio. All’epoca la Sanrio aveva la sede europea ad Amburgo; oggi ne ha una ancora più accessibile a Milano. Certo, non è un lavoro che si esaurisce in una singola e-mail. Bisogna presentare un profilo dell’azienda, un progetto, l’idea di un prototipo. È sempre difficile avviare una trattativa, più semplice e rapido rinnovare o ampliare una licenza. Nel nostro caso, ci è voluto un anno». E l’investimento? «Riservato. Certo il minimo garantito, che caratterizza ogni contratto di licensing, è un investimento importante. Per ammortizzarlo, sono fondamentali le capacità produttive e distributive. Forse questa è una strada difficile per le aziende piccolissime, ma già a un livello medio, con un buon progetto, ne vale la pena». Dopo due anni, il fatturato è triplicato ed Eta-Beta ha ampliato la sua offerta grazie alle licenze di Love Is, Peanuts e Baby Looney Tunes. Ma quali sono le caratteristiche del marchio vincente? «Deve trattarsi di un marchio noto, presente da tempo sul mercato» conclude Ghelfi.

INFO: www.etabetagioielli.com

dai più piccoli all’università

Il maglificio Simon, giunto alla terza generazione, si rivolge al licensing nel 2004, realizzando una linea 0-24 mesi con il marchio Lonsdale. A dispetto dell’apparente incoerenza tra bebè e il pugilato, l’accordo ha risultati sorprendenti, ma non è rinnovabile. Così l’azienda cerca un nuovo marchio. Lo trova nel brand californiano Paul Frank, interessato a sviluppare una linea di piumini e capi invernali (inutili in patria) e disponibile a partnership europee. L’accordo prevede tre anni e sei collezioni. A Paul Frank viene affiancata la licenza Harvard University, che permette all’azienda di aggiungere una fascia di prodotto più classica e di alto profilo. Risultati: fatturato triplicato ed export al 35%.

INFO: www.maglificiosimon.com

vini griffati

Scrimaglio è una storica azienda vinicola piemontese, che si basa sulla qualità e che, a un certo punto, decide di puntare sull’innovazione, grazie a un licensing visionario. Nel 2003 lancia una linea di bottiglie a etichetta Fiat. Il giorno dopo, l’imprenditore Piergiorgio Scrimaglio vede in vendita su eBay una bottiglia “griffata” vuota a 39 euro. «Il nostro mestiere prevede di sgomitare con i concorrenti per venderle piene a meno della metà di questo prezzo!». Il segnale è chiaro: nasce il concetto di “fashion wine”, con bottiglie personalizzate con i loghi di grandi case automobilistiche (Alfa Romeo, Lancia, Maserati…). La distribuzione è in ristoranti di livello e grazie a capsule collection (pochi esemplari in esclusiva). Dopo le auto, il calcio: nascono i vini personalizzati con i loghi delle squadre italiane e straniere.

INFO: www.fashionwine.it

Lucia Ingrosso, Millionaire 4/2011

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