Travis Kalanick NOAH Berlin 2016 - ©Dan Taylor/Heisenberg

Uber, si dimette il Ceo Travis Kalanick: «Amo Uber più di ogni altra cosa ma mi faccio da parte»

Di
Redazione Millionaire
22 Giugno 2017

Il Ceo di Uber, Travis Kalanick, si è dimesso. «Amo Uber più di ogni altra cosa nel mondo e in questo momento difficile nella mia vita personale ho accettato la richiesta degli investitori di farmi da parte in modo che Uber possa tornare a crescere senza distrazioni» ha dichiarato Travis, secondo una notizia apparsa ieri sul New York Times.

Secondo il quotidiano americano, nei giorni scorsi Kalanick ha scritto una e-mail ai suoi dipendenti, dichiarando che si sarebbe preso un periodo di aspettativa per problemi familiari (la madre, 71 anni, è morta in un incidente in barca alla fine di maggio). Le dimissioni di Travis arrivano dopo un periodo molto difficile per Uber. Negli ultimi mesi sono state licenziate 20 persone per episodi di molestie sessuali e discriminazioni. C’è in ballo una causa di furto di proprietà intellettuale con Waymo e sotto accusa c’è anche l’approggio aggressivo di Travis.

Ma chi è Travis Kalanick

Travis Kalanick ha sempre messo Uber al primo posto nella sua vita. 40 anni, un patrimonio netto stimato di oltre 6 miliardi di dollari. Sette anni fa ha fondato a San Francisco Uber, la startup che offre un servizio di trasporto privato e mette in collegamento passeggeri e autisti. Definita la startup dei record, è l’azienda tra le più finanziate del Pianeta. Eppure è nata dopo almeno due flop.

La sua storia è un inno all’intraprendenza

Travis cresce alle porte di Los Angeles, figlio di un ingegnere appassionato di lavoro manuale. A 15 anni è già un venditore porta a porta. A 18 anni inventa un corso di preparazione ai test attitudinali per accedere ai college. Intanto si iscrive a Ingegneria informatica, ma poi l’abbandona. Avvia la sua prima startup a 20 anni. Si chiama Scour, è un motore di ricerca peer-to-peer. La finanzia con i soldi di parenti e amici e la fa partire con due compagni di scuola. Viene accusato di violazione del diritto di copyright e deve chiudere.

Riparte: seconda startup

Crea quasi subito, come una “sorta di vendetta”, Red Swoosh, un sistema per trasferire file in modo veloce. Ci lavora per sei anni, poi è costretto a vendere. Si prende un anno sabbatico e fa il giro del mondo. Torna a casa dei genitori. Ha 30 anni e, per la media dei founder della Silicon Valley, a 30 anni sei già vecchio. Travis si sente un fallito.

Uber nasce per risolvere un problema personale               L’idea di Uber nasce da un problema personale: trovare un taxi libero a Parigi quando nevica. «Era una fredda sera di dicembre 2008, io e Garrett Camp ci trovavamo a Parigi a Le Web (la più grande conferenza tecnologica europea, ndr)» ha raccontato Travis. «Stavamo cercando un taxi e non lo trovavamo. Ci siamo detti: parliamo tanto di come la tecnologia stia cambiando il mondo, perché non possiamo chiamare una macchina schiacciando un bottone?

«Garrett, che ama le comodità, mi ha proposto: “Compriamo 10 Mercedes classe S, assumiamo 20 autisti, troviamo dei garage dove tenere le auto, poi facciamo un’App, così quando abbiamo bisogno di una macchina dobbiamo solo schiacciare un pulsante”. Non pensavamo a un business, volevamo solo organizzare un servizio per noi e i nostri amici».

Tornati a San Francisco, i due iniziano a ragionare sull’idea. Si rendono conto che non ha senso comprare le auto, meglio cercare delle società di noleggio con conducente. A causa della crisi, molte sono rimaste senza lavoro. I due creano l’App e la danno ai loro amici con un codice personale. «Quando hanno cominciato a utilizzarla, sono diventati matti. Tutti mi chiedevano nuovi codici».

Uber sarà lanciata a San Francisco a fine 2010. Travis riceve il primo milione di dollari di investimenti a ottobre da First Round Capital. A febbraio 2011, arrivano altri 11 milioni da Benchmark Capital. Alla fine dello stesso anno, Uber raccoglie 32 milioni di dollari da Menlo Ventures, Jeff Bezos di Amazon e Goldman Sachs.

La rivolta dei taxi

Fin dal primo momento, Travis passa gran parte del suo tempo a combattere contro l’industria dei taxi di tutto il mondo, le leggi, i concorrenti. «Quattro mesi dopo il lancio a San Francisco, abbiamo ricevuto un ordine di “cease and desist”. Ci invitavano a chiudere il servizio. Mi sono rivolto agli avvocati e mi hanno assicurato che la nostra attività era legale al 100%. Forte di questa conferma, ho deciso di portare il caso a conoscenza del pubblico attraverso Twitter e le email». Un modo di fare che è diventato una strategia, usata in tutti i Paesi in cui il servizio è partito. Nonostante le rivendicazioni sindacali, il numero di utilizzatori a San Francisco cresce del 20% ogni mese. E il tasso di crescita è ancora più alto quando l’App entra nelle grandi città. Nell’agosto 2013, Uber riceve un finananziamento di 258 milioni di dollari da Google Ventures. A dicembre 2014, raccoglie 1,2 miliardi di dollari da Baidu, il motore di ricerca cinese. Nello stesso anno, Travis entra nella lista delle 100 persone più influenti del mondo. Nel 2015, Time lo incorona “persona dell’anno”.
Progresso e tecnologia

La tecnologia vincerà su tutto

«Sono convinto che il progresso e la tecnologia vinceranno su tutto. Quando hai successo, c’è sempre qualcuno che non è contento. E più il settore in cui ti inserisci è vecchio, più è protetto. Noi stiamo rendendo più facile la vita degli autisti, li stiamo aiutando a realizzare il sogno americano. E allo stesso tempo, chi ha bisogno di un’auto la trova in un modo più efficiente e veloce».

Eleonora Chioda

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