In tutto il mondo le aziende agili guidate da donne sono solo il 15% del totale, mentre a livello europeo la percentuale scende al 12%. E in Italia? Il quinto rapporto nazionale sull’imprenditoria femminile realizzato da Unioncamere ne conta appena una ogni cinque. Insieme valgono circa due miliardi di euro (il 16%), ma mediamente ricevono meno fondi rispetto a quelle condotte dagli uomini. In questo scenario si inserisce Women in Action, l’iniziativa di sviluppo organizzata da Ventive in collaborazione con LifeGate Way, acceleratore milanese specializzato in sostenibilità ambientale. Tra tutte le domande pervenute entro l’8 febbraio saranno selezionate tre startup femminili già operative, un team di studentesse e uno di giovani imprenditrici. Le partecipanti avranno l’opportunità di seguire un corso che consentirà loro di perfezionare modello di business e competenze trasversali.
Chi è Ventive
Formare nuove imprenditrici per sostenere il talento in un mercato perlopiù stagnante come quello del venture capital italiano. Questo l’intento di un progetto lanciato da Ventive, società romana con un club deal di 180 investitori che in tre anni ha mobilitato 23 milioni di euro a beneficio di 33 startup. Il team, composto da venti giovani under 30, intende “skillare” le startupper nostrane attraverso una challenge che dà loro accesso al know how essenziale per sviluppare la propria idea di business.
Startup in cerca di capitali
Progetti come quello di Ventive si inseriscono in un contesto tutt’altro che favorevole per le startup italiane. La banca d’investimento Growth Capital e l’associazione di settore Italian Tech Alliance di recente hanno calcolato che rispetto al precedente il 2023 è stato un anno povero di fondi da investire in aziende agili ad alto rischio. Le operazioni sono scese da 256 a 223 e l’ammontare complessivo delle raccolte da 1,6 miliardi di euro a 772 milioni. A beneficiarne sono soprattutto realtà giovanissime in fase di incubazione o accelerazione. Gli investitori sono attratti soprattutto da realtà operanti nella tecnologia finanziaria e nel rilascio di applicazioni e di software. Insomma, guardano più all’utilità del prodotto che al l’identità di genere. Essere uomo o donna nel mondo dell’innovazione infatti non risulta essere rilevante (per fortuna). Chi mette il denaro è più interessato a un ritorno economico. Il contesto geopolitico degli ultimi dodici mesi tuttavia ha generato un clima di sfiducia che ha spinto molti a rimandare al 2024 ammodernamenti di macchinari e processi produttivi. Figuriamoci le scommesse all’alto rischio come nel caso delle startup. Per un’inversione di tendenza si dovrà attendere il progressivo taglio dei tassi di interesse da parte di Fed e Bce. In questo modo l’inflazione calerà in maniera inversamente proporzionale al potere di acquisto delle famiglie, che farà ripartire i consumi.
Verso l’exit
Ventive ha da poco festeggiato un aumento di capitale di 2,4 milioni con una valutazione di 10 milioni. Risorse investite in cinque assunzioni e nell’apertura di una sede a Milano. «Il prossimo passo è centrare nei prossimi sei mesi una nuova raccolta da 5 milioni, una valutazione di 20 e l’internazionalizzazione, dopodiché venderemo – spiega Roberto Sfoglietta, CEO di Ventive –. I nostri investitori sono perlopiù business angels e gestori di patrimoni di famiglie facoltose. Il club deal ha supportato operazioni milionarie, come quella chiusa per la piattaforma di prenotazioni viaggi Sharewood in partnership con il fondo Prana Ventures, o particolarmente stimolanti come il reinvestimento su Sicily Addict, la pasticceria digitale che ha triplicato il fatturato nell’ultimo anno. Entrando nelle prime fasi di vita dell’impresa, lasciamo una discreta libertà ai fondatori rispetto a tanti altri squali che affollano il settore».