Un buon capo si vede dal gruppo

Di
Redazione Millionaire
22 Agosto 2012

Intelligente e carismatico, crede nella mission aziendale e nei suoi collaboratori. Il buon capitano prende decisioni per il bene di tutti. E, a chi lo merita, concede un bonus. Lo dice Jack Welch, guru americano di leadership

Alto quoziente d’intelligenza, energia, fiducia in se stessi e grande stima dei propri collaboratori. Ecco il ritratto del buon capo secondo Jack Welch, amministratore delegato della General Electric e re dei manager, noto in Usa per le sue teorie in fatto di leadership: i suoi corsi sono frequentatissimi, durano tre giorni e costano 8.500 euro ciascuno.

Millionaire l’ha incontrato a Milano, durante l’ultima edizione del World Business Forum  un evento a cui hanno partecipato relatori del calibro di Bill Clinton e Henry Kissinger, dove ha iniziato la sua relazione sul tema con queste parole:

Quando avete festeggiato qualcosa con i vostri collaboratori? Più di tre mesi fa? Allora c’è qualcosa che non va nella vostra azienda! I festeggiamenti sono necessari, perché creano un’atmosfera di riconoscimento e di energia positiva

Il giusto atteggiamento con i collaboratori è la chiave di svolta per i veri leader.

I capi migliori si riconoscono perché si preoccupano moltissimo dei loro assistenti, della loro crescita e del loro successo, con sincerità, ottimismo e umanità commenta Welch.

Per farlo, il primo passo è assicurarsi che le persone giuste siano al posto giusto, promuovendo i più capaci e allontanando quelli che non ottengono risultati. I migliori, il 20% del team, sono quelli a cui si elargiscono bonus e ricompense più elevate. Subito dopo di loro si colloca il 70% del gruppo, che raggiunge obiettivi intermedi e deve essere costantemente motivato con momenti di formazione, riconoscimenti e sviluppo dell’autostima.

Il restante 10% è rappresentato dal “fondo del barile”, cioè dai collaboratori più scadenti: per loro c’è una sola soluzione, il trasferimento in un altro reparto o in un’altra azienda.

Avviene lo stesso in una squadra di basket: i più bravi vengono scelti per primi per giocare in squadra, quelli così così sono collocati nelle posizioni più facili, i meno atletici devono assistere da bordo campo: per questi ultimi è bene scoprire altri ambiti in cui eccellere, cioè altre aziende più in linea con il loro profilo commenta Welch.

Ma per motivare i dipendenti è necessario spiegare con chiarezza gli obiettivi da raggiungere e  assegnare un premio per i successi ottenuti.

«Quante volte avete incontrato un commesso scortese o siete stati messi in attesa dal centralinista di un’azienda che promette rapidità? Evidentemente nessuno aveva spiegato loro la mission aziendale. Se volete che i vostri collaboratori la condividano, fate vedere loro i quattrini quando la mettono in pratica. Il che significa concedete un bonus. Targhe e festeggiamenti hanno la loro importanza, ma senza denaro perdono impatto. Anche il premio Nobel comporta un ricco assegno.

Non c’è nulla di più frustrante che lavorare sodo, soddisfare le aspettative e non ottenere niente di speciale» aggiunge Welch.

Va da sé che per coinvolgere un team è necessario avere un atteggiamento positivo e ottimista, che permette di entrare in sintonia con tutti e creare un clima in cui il lavoro diventa simile a una passione.

E’ di vitale importanza instaurare fiducia, sincerità e trasparenza all’interno del team, per generare un dialogo aperto e costruttivo con tutti e ottenere dinamismo e ricchezza di idee.

Diventare un leader significa saper tirare fuori il meglio da ognuno. In alcune aziende il capo ha un parcheggio riservato e il diritto a viaggiare in prima classe, ma questi simboli del potere non fanno di lui un grande manager.

Chi ha il comando deve inseguire il bene della squadra. E’ sbagliato ridurre la leadership al controllo dei collaboratori» sostiene Welch. Una volta creato un ambiente animato dal dibattito e dal rispetto reciproco, sarà possibile individuare le aree di lavoro da migliorare e realizzare obiettivi sempre più impegnativi: per farlo, sarà sufficiente approfondire il confronto di idee con domande, indagini e questionari, creando un processo investigativo a cui farà seguito la scelta di nuove soluzioni.

A volte sarà necessario assumere decisioni impopolari oppure prendersi dei rischi che potrebbero trasformarsi in veri e propri errori.Niente paura: 

Un leader non deve vincere una gara di popolarità, ma dirigere una squadra.

Quando si commettono dei passi falsi, l’importante è ammetterlo spontaneamente e spiegare quello che abbiamo imparato. Io ne ho compiuti moltissimi, e ne ho sempre parlato con spirito e ironia: in questo modo i collaboratori comprendono che gli errori non sono fatali» spiega Welch.

E quando non si sa che pesci pigliare? Ci si affida all’intuito, quel sentimento che suggerisce come agire anche quando le informazioni a disposizione sono incomplete. «Un leader con esperienza sa che può sempre affidarsi al suo istinto, cioè a quel riconoscimento inconscio di ciò che accade. Si diventa manager proprio perché si ha la capacità di cogliere nel segno più frequentemente» conclude Welch.

Jack Welch, il manager del secolo

Ha aumentato di 400 milioni di dollari la capitalizzazione della General Electric  la multinazionale Usa attiva del settore tecnologia e servizi, prima al mondo proprio per il valore complessivo delle sue azioni.

Jack Welch, classe 1936, è nato a Salem, nel Massachussetts in una modesta famiglia di ferrovieri. Nel 1960, dopo la laurea in ingegneria chimica, ha iniziato a lavorare alla General Electric ma dopo un anno di lavoro, indignato per aver ricevuto un aumento di soli mille dollari, progettò di trovare impiego presso un’altra azienda: una decisione accantonata in seguito all’interessamento di un manager, che lo convinse a restare.

Nel 1972 Jack fu nominato vice presidente della General Electric e nel 1981, a 44 anni, il più giovane amministratore delegato dalla fondazione della società. Per renderla più competitiva,  non esitò a ricorrere a misure drastiche.  Come il licenziamento annuale del 10% dei manager, la chiusura di alcune filiali, il taglio dei salari, la distribuzione delle stock option al 30% delle risorse umane e l’eliminazione di qualsiasi forma di gerarchia.

I cambiamenti di Welch trasformarono la General Electric da società produttrice a impresa di servizi ramificata in centinaia di aziende acquisite, con un fatturato che crebbe da 26 a 130 miliardi di dollari.

Nominato “manager del secolo” dalla rivista americana Fortune e stipendiato con 94 milioni di dollari l’anno (circa 80 milioni di euro), Welch si è ritirato dalla General Electric nel 2001 con una sbalorditiva pensione aziendale di 8 milioni di dollari l’anno (circa 7 milioni di euro). Nello stesso anno ha pubblicato la sua autobiografia, subito balzata in vetta alle classifiche dei libri più venduti. Oggi si occupa di consulenza aziendale.

E tu, che capo sei?

«I capi eccellenti possono essere amici, maestri, consiglieri e fonte di ispirazione. Per contro, un capo negativo può praticamente uccidere l’energia positiva, l’impegno e persino farvi stare male fisicamente» afferma Welch, che individua quattro diversi tipi di manager. E voi, che tipo di capo siete? O in quale categoria riconoscete il vostro superiore?

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  • Il migliore. Trasmette ai collaboratori i valori aziendali e ottiene buoni risultati. Così l’impresa lo premia e i colleghi lo amano.
  •  L’inconcludente. Super concentrato sugli obiettivi aziendali, ai suoi sforzi non corrispondono esiti insoddisfacenti. Per lui, Welch riserva una seconda chance: un programma di formazione, per aiutarlo a tracciare piani d’azione più incisivi.
  • Lo schiavista. E’ un manager che fa guadagnare l’azienda ma non ne sviluppa i valori: il suo comportamento è spesso inaccettabile, perché non promuove la libertà di espressione dei collaboratori e la dignità dei dipendenti. «Le aziende migliori se ne sbarazzano al più presto, quelle mediocri li trattengono più a lungo del dovuto nonostante le lamentele dei dipendenti» spiega Welch.
  • Il nullafacente. Non condivide la mission aziendale e non raggiunge alcun risultato. «Devono andarsene al più presto dall’azienda» sentenzia Welch.
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Maria Spezia Millionaire 01/2006

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