Si dice spesso che i soldi portano soldi. Che è la ricchezza a portare altra ricchezza. E in molti casi è così. Eppure ci sono storie, e ne sono tante, di imprenditori miliardari che sono partiti dal gradino più basso. Per poi raggiungere quello più alto. Ne abbiamo raccolte cinque. Cosa ci insegnano: che con talento, grinta e un pizzico di fortuna chiunque può superare grandi ostacoli e raggiungere il successo.
1. Howard Schultz, Ceo di Starbucks
Oggi ha un patrimonio di 2 miliardi di dollari e la sua catena di caffetterie ha negozi sparsi nel mondo. Eppure, Schultz è cresciuto in un complesso residenziale per cittadini indigenti: la sua famiglia non poteva permettersi una casa. La svolta la trova con lo sport: grazie alle sue abilità come giocatore di football entra all’Università del Michigan. Poi inizia a lavorare presso Xerox, multinazionale di stampanti e fotocopiatrici. In seguito mette su un’attività e apre un punto vendita di Starbucks (che all’epoca aveva solo 60 negozi). Si fa notare fino a diventare Ceo dell’azienda: siamo nel 1987. Sotto la sua guida l’azienda raggiunge 16mila punti vendita nel mondo: «Sporcati le mani. Ascolta e comunica con trasparenza. Racconta la tua storia e non lasciare che siano gli altri a definirti. Trai ispirazione da chi ha esperienze reali da raccontarti. Lega le loro storie ai tuoi valori. Fai scelte dure: è l’azione quella che conta. Cerca la verità e le lezioni in ogni errore. Sii responsabile per quello che vedi, ascolti e fai».
2. Leonardo Del Vecchio, Ceo di Luxottica
È tra gli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio di 15,3 miliardi di dollari. Ultimo di quattro fratelli e rimasto orfano di padre (commercianti di frutta di Barletta) vive la sua infanzia in un orfanotrofio. Inizia a lavorare come operaio in una fabbrica di incisioni metalliche. A 23 anni, apre a Belluno una piccola bottega di montature per occhiali. Oggi è uno dei più grandi distributori di occhiali al mondo, insieme a brand come Ray-Ban e Oakley: «Ho fondato tutta la vita sui valori veri: sono la cosa più importante. Sono la dimostrazione che si può fare impresa in Italia ed essere onesti allo stesso tempo. Certo, a nessuno piace pagare le tasse. Ma a me piace fare sonni tranquilli».
3. Ralph Lauren, stilista statunitense
Ha un patrimonio di 7,7 miliardi di dollari. E pensare che la carriera di Lauren inizia come commesso in un negozio. Residente nel Bronx e figlio di ebrei immigrati dalla Bielorussia, entra prima nell’esercito e poi viene assunto come commesso da Brooks Brothers. È durante quest’esperienza che nasce l’illuminazione: creare cravatte più larghe e con uno stile più colorato. Inizia a produrle. Il suo sogno diventa realtà nel 1967: vende cravatte per un valore di 500mila dollari: «Le persone spesso mi chiedono come ha potuto un ebreo del Bronx creare cravatte alla moda per un elite di persone, senza avere soldi e appartenere a una classe alta. A loro rispondo che ci sono riuscito perché avevo imparato a sognare».
4. Micheal O’Leary, Ceo di Ryanair
La sua azienda ha un utile di 523 milioni di euro. Una carriera impensabile per O’Leary che inizia come barista (con i risparmi si paga l’università) e con la gestione di un’edicola. Dopo la laurea lavora come consulente fiscale. La svolta arriva nel 1987: l’incontro con Tony Ryan fondatore dell’azienda che O’Leary prenderà in gestione nel 1994. Da quell’anno, la trasforma completamente in una compagnia di voli low cost, riprendendo un’idea dagli Stati Uniti: «Ho iniziato da piccole attività: aprivo alle 7 di mattina e chiudevo alle 11 di sera. È così che ho imparato come si gestisce un’impresa. Non sui libri».
5. Renzo Rosso, Ceo di Diesel
È nato in una famiglia di agricoltori. Inizia a lavorare conducendo il trattore di famiglia. Si appassiona alla moda a 15 anni, producendo il suo primo jeans con la macchina da cucire della madre. Renzo Rosso, patron della Diesel, ha raggiunto il successo partendo da zero. Oggi ha un patrimonio di 3,5 miliardi di dollari: «Essere alla moda e trendy, significa investire continuamente in cose e persone nuove, abbracciare i rischi. Senza tenere conto della situazione economica e delle crisi».
Redazione