Millionaire ha assistito alla prima del film documentario diretto dal premio Oscar Giuseppe Tornatore, che racconta la figura del re del cashmere. Dalle umili origini ai successi internazionali: «Il capitalismo umanistico è quello che non rinnega il profitto, ma mette al primo posto il benessere delle persone»
Notte. Distese di vigneti a perdita d’occhio. Piccoli fuochi accesi punteggiano il buio. Un uomo cammina lentamente tra i filari, senza fretta, assaporando la magia creata dalle fiamme e dalla natura. «Il fuoco è silenzio, simbolo di creatività. Simbolo di riflessione umana. Il fuoco è sempre stato la mia vita, sin da piccolo», dice lui, il protagonista con cui trascorreremo le prossime due ore. Quei falò servono a proteggere i germogli dal gelo, certo. Ma per Brunello rappresentano anche una potente metafora dell’esistenza.
Inizia così Brunello. Il visionario garbato, il documentario di Giuseppe Tornatore dedicato a Brunello Cucinelli, uno degli imprenditori più noti e riconosciuti del nostro Paese. Portabandiera del lusso e del made in Italy, ma anche promotore convinto di un modello diverso di impresa. «È il capitalismo umanistico, quello che non rinnega il profitto, ma mette al primo posto il benessere delle persone. Sempre».

La forza del film sta proprio nella capacità di intrecciare presente e passato, registro documentaristico e messa in scena, voce narrante e testimonianze corali.
E, diciamolo: chi non vorrebbe tornare nei luoghi della propria infanzia, rivedere il bambino che è stato, o confrontarsi – a 72 anni – con un se stesso giovane e pieno di vita? A Cucinelli è concesso, e gli incontri con il “volpino” (il sé bambino, furbo e vivace) e con il ragazzo appassionato di carte e motociclette sono tra i momenti più emozionanti del film.
Cucinelli racconta con tenerezza e lucidità le origini contadine della sua famiglia. «Eravamo uniti, non ho visto i miei genitori litigare neppure una volta. Ci volevamo bene; non ci mancava nulla, se non il superfluo». La casa di campagna non aveva corrente elettrica né acqua, e per scaldarsi aprivano la botola che dava sulla stalla, lasciando che il calore – e gli odori – degli animali salissero nell’abitazione. «La povertà è stata il mio trampolino di lancio».
Da bambino va a scuola attraversando il bosco per un’ora a piedi, all’andata e al ritorno. Poi aiuta il padre nei campi. «Quando aravamo, io guidavo le mucche. Mio babbo mi ha insegnato a fare i solchi dritti. E guardando quei solchi ho imparato il valore della bellezza». Quando Brunello è ragazzo, la famiglia si trasferisce a Ferro di Cavallo, periferia di Perugia. Il padre diventa operaio, in casa arrivano luce e acqua corrente. E arriva anche una grande novità: la televisione. «Non parlavamo più. La sera eravamo tutti in silenzio davanti alla tivù».

Il ragazzo però ha carattere. Grazie al Bar Gigino entra nella comunità, diventa campione di briscola e scopa e forma un gruppo di amici che resterà saldo negli anni. Ma la vita non è semplice: il padre in fabbrica è “solo un numero” e spesso è trattato senza rispetto. Anche Brunello – che pure è biondo, bello e spavaldo – subisce discriminazioni per le sue origini contadine.
«Lì mi sono dato un grande obiettivo: vivere e lavorare per la dignità umana».
La svolta arriva con l’incontro che gli cambia la vita: Federica. È l’amore del suo presente e del suo futuro, e viene da Solomeo, un borgo allora in forte declino. Brunello si innamora di lei e del paese. Da quel legame nasceranno una famiglia – le figlie Carolina e Camilla – e un’idea di impresa che farà di Solomeo un simbolo di rinascita.
Cucinelli diventa modello per Ellesse, osserva il mondo della moda e ne assorbe i meccanismi. Quando Federica apre una piccola boutique, lui ha l’intuizione che segnerà il suo destino: produrre maglieria di altissima qualità. Sceglie il cachemire, lo reinventa in forme e colori, apre un laboratorio di 24 metri quadri. All’inizio fa tutto da solo: per simulare un grande staff, al telefono cambia voce impersonando ruoli diversi.
Punta poi all’estero: Germania, Stati Uniti, Cina. Qualità, visione, coraggio. Per acquistare il castello di Solomeo firma un pacco di cambiali, nonostante l’avvertimento del padre: «Attenzione, i debiti lavorano anche di domenica». Ma il suo centro resta immutato: il benessere delle persone che lavorano con lui. A marzo 2020, in piena pandemia, annuncia alle migliaia di dipendenti nel mondo che nessuno perderà il lavoro né subirà tagli allo stipendio. Un gesto raro.

L’anno successivo, Mario Draghi lo invita al G20 per raccontare i principi del suo capitalismo umanistico. Parallelamente, Cucinelli prosegue la sua attività filantropica: 30mila alberi piantati nella sua valle, il 20% del fatturato devoluto in beneficenza, sostegno a progetti umanitari in tutto il mondo.
Oggi, con l’energia di un ragazzo e nessun bisogno di dimostrare più nulla, sa già quale vorrebbe che fosse – un giorno lontano – il suo epitaffio: «È stato una brava persona». Nel film, accanto alla voce di Cucinelli, compaiono quelle della moglie, delle figlie, dei collaboratori e di figure internazionali come Mario Draghi, Oprah Winfrey, Reid Hoffman (cofondatore di LinkedIn), Patrick Dempsey e l’attrice cinese Liu Tao. A interpretare Cucinelli giovane è l’attore Saul Nanni.
Un viaggio intenso e luminoso dentro la vita pubblica e privata di uno dei grandi protagonisti dell’impresa italiana. Un manifesto gentile, ottimista e profondamente umano, dedicato agli imprenditori di oggi e di domani.

Brunello. Il visionario garbato: al cinema il 9, 10 e 11 dicembre 2025.
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Photo cover: Stefano Schirato