Alta qualità della vita, rapporti umani più veri, buon clima. Il Meridione si prende la sua rivincita. Così, come Claudio Bisio, tanti italiani mollano il Nord. Per vivere meglio. E inventarsi un lavoro
Chi viene al sud piange due volte: quando arriva e quando se ne deve andare. Parole di Alessandro Siani, uno degli interpreti del fortunato Benvenuti al Sud. La pellicola di Luca Miniero, interpretata da Claudio Bisio, piace a tutti: fa ridere, sfata tanti preconcetti sul Meridione e stimola a conoscerlo, a viverci e lavorarci senza rimpianti. Dal grande schermo alla vita di tutti i giorni.
C’è chi la scelta controcorrente la fa davvero. Nel rapporto Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, si legge che cala il flusso verso il Nord e aumenta quello verso il Sud. Sono 55mila persone, 5mila in più dell’anno prima. Chi sono? «Non solo studenti di ritorno o meridionali che tornano a casa quando vanno in pensione. Ci sono anche imprenditori, gente del Nord che scende al Sud per fare impresa» spiega Stefano Prezioso, ricercatore Svimez ed esperto di politica industriale. Ci sono settori che offrono opportunità. L’agricoltura di qualità e il turismo sono ancora in via di sviluppo. In campo vinicolo, in esplosione in tutta Italia, il Sud ha ancora terre da valorizzare, praticando una viticoltura moderna, che garantisca margini elevati. Lo stanno già facendo grandi produttori del Nord, come Florio e Zonin». Anche il bio è un’opportunità. Il 67% della superficie agricola biologica si trova nel Mezzogiorno, Sicilia Basilicata e Puglia in testa. «Nel bio lo spazio potenziale è ancora ampio: mancano casi di rilievo e risorse imprenditoriali» commenta Prezioso. «Nel turismo nascono agriturismi e b&b che si fanno conoscere per qualità e servizio. Ci sono isole felici dove la criminalità è quasi assente, in altre però i problemi di sicurezza e di ordine pubblico sono sotto gli occhi di tutti. Sicilia, Calabria e Campania sono le regioni più problematiche». Energia, ecologia: ci sono spazi per nuove imprese? «Il Sud è un terreno di conquista per operatori esteri, soprattutto nell’eolico. Un’altra opportunità è la gestione dei rifiuti. Stati virtuosi, come la Germania, dimostrano che il problema spazzatura può diventare un business». Qualche anno fa, chi intraprendeva al Sud poteva contare su cospicui aiuti statali. Oggi? «Aiuti e finanziamenti ci sono ancora, ma sono gestiti a livello regionale e spesso destinati alle realtà già esistenti, per la loro modernizzazione tecnologica. Il difficile è partire da zero. Se si vuole collocare un’attività al Sud, bisogna spesso contare solo su se stessi. Ma chi vive e lavora qui gode di una tranquillità maggiore, un buon clima e un ambiente umano con valori e tempi diversi».
Dalla Silicon Valley alla Sardegna per la qualità della vita
Giovanni Segni ha 37 anni, è cagliaritano. Per 16 anni ha vissuto all’estero: una laurea in Relazioni internazionali negli States, un master a Stanford, esperienze con start up in Silicon Valley. E oggi si butta sul vino e sulle cose buone della Sardegna. Con due soci, Giulio Concas e Eugenio Velitti, ha realizzato Porcovino.com, una piattaforma di e-commerce che porterà l’enogastronomia isolana in Giappone, Cina e negli States. «Da febbraio mi dedico full time a Porcovino. Ho conosciuto Eugenio, esperto di distribuzione di vino all’estero, tre anni fa, in Giappone. Dalla nostra amicizia è nata l’idea del portale. Fondamentale il contributo di Giulio Concas, docente all’Università di Cagliari e consulente per lo sviluppo software, con quattro ingegneri ha sviluppato la piattaforma web. Abbiamo versato un capitale di 450mila euro, con una piccola quota di un investitore giapponese». Perché pensate di sfondare? «A oggi non esiste un player on line concentrato sul food e wine. E l’80% dei prodotti li importiamo noi direttamente. Sono selezionati: altissima qualità, prezzo competitivo, da piccoli e medi produttori con storie da raccontare. Il nostro lancio in Giappone sarà tra luglio e settembre, nei prossimi due-tre anni negli Usa, entro cinque anni in Europa. Fatturati ipotizzati: 2,7 milioni di euro il primo anno, 36 milioni con l’espansione europea» spiega Segni. In Italia lavorano in sei al progetto, più partner e collaboratori esterni in varie funzioni, altri tre saranno assunti in Giappone. «I due neoassunti a Cagliari lavoreranno in un ambiente internazionale. Tutti i giovani dovrebbero farlo» afferma Segni. «L’esperienza all’estero è qualificante. Ma vivo con piacere il ritorno in Sardegna. L’isola si è aperta al mondo, la mentalità è cambiata, grazie a Soru, Tiscali, il Web. Certo, l’ambiente è meno internazionale di Shanghai. Ma un mondo più piccolo offre tanti aspetti positivi: valori umani e qualità della vita».
Vivo a Napoli e non rimpiango nulla
Andrea Curti, 37 anni, si è trasferito da Milano a Napoli, e lì vive e lavora benissimo. E non ha nessuna intenzione di tornare al Nord. «Ero impiegato in una società di software a Milano. La mia ragazza, napoletana, ha provato a vivere al Nord. Non ce l’ha fatta. Così mi sono spostato io. Ho trovato lavoro in meno di un mese, tramite Monster. Ho risposto a un’inserzione, senza raccomandazioni. Mi hanno fatto un colloquio e assunto a tempo indeterminato, in una società di armatori navali. Ora abito sul Vomero, vedo il mare. Mi muovo solo con la funicolare e non devo affrontare il traffico. Non rimpiango Milano e l’appartamento con vista tangenziale. Non trovo aspetti negativi, qui. E le opportunità ci sono. Bisogna sfatare un luogo comune: qui si lavora meglio e di più! La gente è amichevole, anche sul lavoro. Ho un figlio e sono contento che studierà al Sud: il fatto che è più difficile trovare lavoro favorisce un clima di studio, di crescita personale. Io sono stato fortunato, ma penso che alla fine ci sia poca differenza tra Nord e Sud». Trovare impiego è possibile. Ma anche fare impresa, con ambizioni e prospettive internazionali.
Bari. Parto, imparo e ritorno
Andare al Nord per imparare il riciclo. E tornare al Sud per creare lavoro, nel rispetto dell’ecologia: Lella Miccolis, 41 anni, di Noci (Ba), fondatrice di Progeva.
«Nel 1995, dopo la laurea, ho partecipato a un corso sulla gestione integrata dei rifiuti. Mi colpì la possibilità di trasformare un rifiuto in merce vendibile, che tornava alla natura. I primi impianti per il trattamento dei rifiuti organici e la produzione di compost si trovavano al Nord. Bisognava andare lì, guardare, imparare e capire. Ho cominciato a girare tra Lombardia e Veneto, visitando aziende e prendendo contatti. Ho frequentato vari corsi, ma il mio obiettivo era tornare in Puglia. Sapevo che sarebbe stato difficile. Il progetto di impianto che prendeva corpo era ambizioso, servivano risorse finanziarie. E dovevo individuare il sito adatto, ottenere autorizzazioni comunali, consensi degli amministratori e della popolazione. C’era il rischio di pestare i piedi alla malavita, che ha forti interessi nello smaltimento dei rifiuti. C’è voluto coraggio, ma non ho mai ricevuto minacce. La Progeva non si limita a produrre compost: lo misceliamo con altri fertilizzanti e vendiamo prodotti confezionati nei garden center. Ho al mio fianco mio marito Marino Mongelli: chimico, migliora la tecnologia del processo, progetta gli impianti». Lella ha convinto anche Invitalia (ex Sviluppo Italia), ottenendo un finanziamento statale per il suo progetto di Autoimprenditorialità: 5 miliardi di lire per realizzare l’impianto a Laterza (Ta). L’attività è partita nel 2006. «Da allora il fatturato è cresciuto ogni anno. Siamo a tre milioni di euro, in utile. Al Sud si può vivere e lavorare bene. Non avrei potuto fare impresa che qui, nella mia terra. Per renderla migliore e creare occupazione. Oggi abbiamo 18 dipendenti». INFO: www.progeva.it
Il consiglio a quelli del Nord
«Venite, ma senza pregiudizi. Non pensate di dover comprare qualcuno o colonizzare un territorio, in un’ottica di sfruttamento. Fate un’analisi dei bisogni reali locali e, se avrete un’idea valida presentata
con professionalità, amministratori e partner del posto lo capiranno. Il mercato, poi, lo confermerà».
Palermo. Resto in Sicilia per dire no alla mafia
Portare la gente in una terra bellissima, nei luoghi dove la mafia ha colpito e la gente ha la forza di reagire. Dario Riccobono, 31 anni, cofondatore della AddioPizzo travel.
«Per ora siamo un’associazione culturale, ma l’obiettivo è diventare un’impresa. L’iniziativa è stata lanciata un anno fa e stiamo seminando gli utili ottenuti, per la nuova stagione turistica». Dario si è laureato in Scienze della comunicazione a Palermo, con una tesi sul marketing di un agriturismo confiscato alla mafia. «Quella era la strada da percorrere per valorizzare la mia terra: impegno sociale e qualcosa di studiato e organico per portare la gente qui. Sono stato a Venezia, per un anno, per un master in economia e gestione del Turismo, completato da uno stage di sei mesi in una catena alberghiera, a Padova. In questo periodo ho coinvolto Edoardo Zaffutto, 34 anni, esperto di Web e guida cicloturistica, e Francesca Vannini, 31 anni, organizzatrice di progetti di educazione civica. Abbiamo fondato AddioPizzo, organizziamo tour per studenti, ma anche vacanze alternative per tutti, dove mare, gastronomia, storia e arte si uniscono alla certezza di appoggiarsi a strutture “pizzofree”. Un tour di cinque giorni per giovani, in pensione completa, costa 270 euro. Una settimana per adulti, in gruppi di sei-otto persone, circa 600 euro. Le difficoltà sono inventarsi un lavoro in una terra difficile, dove le infrastrutture sono carenti e la crisi internazionale incide pesantemente. Ci muoviamo nell’arretratezza generale, ma 500 imprese hanno già aderito alla nostra lista. Abbiamo nuovi itinerari e progetti in attesa di finanziamento».
INFO: www.addiopizzotravel.it
Il consiglio a quelli del Nord
«Valorizzate il Sud, con prodotti turistici di qualità, a prezzi accessibili. Ma non organizzate Mafia tour per speculare sui problemi e le tragedie del Sud. Puntate su un approccio etico, educativo, stimolate il consumo critico».
Lampedusa. Dalla Valtellina a Lampedusa: un sogno diventato realtà
Dal freddo al caldo, dalla montagna al mare. Roberta Fava e Nicola Marveggio di Sondrio, 42enni, dopo una vacanza a Lampedusa, hanno aperto un resort.
«Commercializzavamo in materiali plastici per le funivie, un settore lontano da quello alberghiero. Dopo la vacanza a Lampedusa, nel 1998, ci innamorammo dell’isola. Volevamo fare qualcosa lì, ma eravamo forestieri. Così nel 2001 mio marito si fermò per l’inverno. Trovammo un residence in un luogo bellissimo. Fu necessaria una trattativa di un anno per comprarlo, sei mesi per i lavori prima dell’apertura. Tra proprietà e ristrutturazione abbiamo investito in 10 anni circa 4,5 milioni di euro. Ma quello che ci ha spinto è stata l’emozione, più che un discorso economico» racconta Roberta Fava (nella foto sopra con il marito Nicola). La struttura si chiama La Calandra, è composta da costruzioni tipiche dell’isola, i dammusi, che ospitano al massimo 24 persone. Chi arriva passa la giornata in mare, a bordo di un caicco, dove pranza, e prende l’aperitivo in terrazza. La tariffa va da 200 a 320 euro al giorno a persona. «Le difficoltà logistiche ci sono, tante volte ci siamo sentiti scoraggiati. I tempi e gli approcci con le istituzioni e i fornitori, al Sud, non sono quelli cui eravamo abituati. Ma abbiamo imparato tanto: l’obiettivo si raggiunge, ma in modo più morbido e in più tempo. Stiamo a Lampedusa da aprile a ottobre. I mesi dove rallenta il flusso turistico sono quelli in cui ci godiamo di più la nostra scelta. Ho un ufficio bellissimo, da cui vedo il mare. E mi piace stare con le persone, che in vacanza danno il meglio di sé. Torniamo a Sondrio in inverno, i nostri figli frequentano lì le superiori. A Lampedusa c’è sempre tempo per fermarsi a parlare. E l’aria, il cibo e la qualità di vita sono meravigliosi».
INFO: www.lacalandrahotel.com
Il consiglio a quelli del Nord
«Ci sono tante cose da fare al Sud, posti da valorizzare, se avete voglia di intraprendere e fare sacrifici. Armatevi di pazienza, anche davanti a ostacoli che sembrano insormontabili: se è la passione a muovervi, otterrete quello che vorrete».
Silvia Messa, Millionaire 1/2011