Big Mac: molto rumore per nulla

Di
Valentina Tafuri
12 Giugno 2024

È quanto si potrebbe dire riguardo alla vittoria su Mc Donald’s da parte di Supermac, un piccolo concorrente del colosso americano degli hamburger.

La vicenda è sulle cronache degli ultimi giorni.
Supermac ha intentato una lunga battaglia per far revocare il marchio “Big Mac” nell’Unione Europea ed inizialmente l’EUIPO, l’Ufficio europeo che si occupa della proprietà intellettuale, aveva accolto questa richiesta. Nei giorni scorsi però il Tribunale del Lussemburgo ha modificato la decisione dell’EUIPO, eliminando dalla lista prodotti del marchio Big Mac solo la dicitura “panini a base di pollo”’ lasciando inalterato tutto l’elenco degli altri prodotti indicati in fase di registrazione.

 

 

Chicken Big Mac – McDonald’s

 

«Una vittoria di Pirro», commenta l’avvocato Giustino Sisto, esperto nella tutela di marchi e brevetti, «che non cambia la sostanza di quanto Mc Donald’s potrà continuare a fare. Se infatti la sentenza prevede la mera eliminazione dal marchio Big Mac dei soli panini al pollo, preparati con prodotti a base di pollame e servizi associati perché Mc Donald’s non avrebbe utilizzato quel marchio per cinque anni consecutivi per questa categoria di prodotti, è anche vero che potrà continuare ad usarlo per tutte le altre categorie di prodotti per i quali lo ha registrato. Soprattutto potrà usarlo anche per i panini al pollo, rientrando questi ultimi nella
categoria dei “panini imbottiti”, per i quali il diritto di utilizzo del marchio Big Mac non è decaduto.
Inoltre questa sentenza non toglie a Mc Donald’s il potere di attaccare chi volesse utilizzare o registrare il marchio Big Mac associandolo a prodotti o servizi alimentari affini ai suoi».

Insomma, se l’azienda Supermac volesse registrare una linea di panini al pollo con il nome Big Mac, verrebbe sicuramente attaccata legalmente da Mc Donald’s che potrebbe appellarsi ad un tentativo di sfruttare l’associazione immediata con il proprio brand.

In casi come questi, la notorietà del marchio infatti solitamente prevale ed i piccoli sono destinati a soccombere. «Bisogna stare molto attenti nella ricerca di anteriorità del naming», spiega Sisto, «un esempio eclatante della potenza del marchio è quello di Facebook. Se lei tentasse di registrare un marchio come, ad esempio, “valentinabook” per un sito di servizi online, difficilmente verrebbe accettato perché l’associazione con Facebook è molto forte o rischierebbe comunque una causa da parte del detentore dei diritti di quel marchio. Con questo esempio estremo intendo dire che quando si parla di marchi o di nomi di prodotti, sceglierne uno che richiami un marchio famoso, non è certo la strategia giusta, specie in fase di startup».

 

Nota del nostro Amministratore Unico, Matteo Cerri

Un po’ come se qualcuno, con un passato legato alla nostra testata provasse, domani, a lanciare un prodotto o un servizio in Italia e chiamarlo Millionaire ‘qualcosa’. Certo Millionaire è una parola che può risultare generica o utilizzata in moltissimi contesti in giro per il mondo. Ma lo sfruttamento in Italia del nome Millionaire, coperto da trademark e da 30 anni di storia, sarebbe tutelata e non poco. E quel ‘qualcosa’ aggiunto darebbe ben poca protezione. Caso ipotetico, certo.

Infatti è successo.

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