Come invento l’App per il parcheggio facile

Di
9 Dicembre 2014

A Milano il 30% del traffico è generato da chi è alla ricerca di un parcheggio. Da questo dato è partito Alex Pallotti, imprenditore milanese di 34 anni: è l’ideatore di Parkey, un’App che promette di eliminare lo “stress da parcheggio”: «Aspettavo un amico da mezz’ora: provava a sostare la macchina e non riusciva a farlo. Qualche tempo dopo parlavo con amici al bar: “Sapete, manca un’App per parcheggi…”. Allora ho provato a immaginarne una io» racconta a Millionaire.

Alex inizia a fare ricerche, studia le soluzioni “smart” che altri Paesi (in America e nel Nord Europa) avevano adottato per risolvere il problema, si confronta con esperti (società di sviluppo software e un holding finanziaria) per capire la fattibilità della sua proposta: «Abbiamo provato diverse soluzioni, fatto errori e tentativi. Quattro mesi prima di arrivare all’idea che avevo in mente».

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Come funziona Parkey? L’App geolocalizza l’utente e gli segnala le autorimesse più vicine. Per ognuna riceve info su tariffe, orari e alte indicazioni utili, come servizi di autolavaggio… Il parcheggio viene pagato direttamente attraverso la carta di credito. Una volta arrivato all’autorimessa l’utente può entrare e uscire con un touch sull’applicazione che comunica con la colonnina direttamente con la tecnologia Bluetooth e iBeacon: «Così sei autonomo, non devi interagire con nessuno e quindi l’operazione è più veloce. E si abbattono i tempi di attesa (si stima che ogni cittadino di Milano trascorra circa 80 ore all’anno in coda)».

Per finanziare Parkey, Alex e i due soci, che lo accompagnano in quest’avventura (Alberto Baldaccini e Andrea Mastalli, ndr), hanno investito 150mila euro. L’idea è piaciuta a Club Italia Investimenti che ha acquisito il 10% del capitale sociale: «Ho proposto l’App direttamente all’Apa Confcommercio, che rappresenta i parcheggi privati a Milano e provincia. A fronte di una spesa iniziale che si aggira sui 500 euro, entrano nel server e chiunque può informarsi su posizione e servizi offerti. Oggi abbiamo seimila posti auto a Milano. Il cliente paga la cifra intera e noi giriamo la percentuale prevista per le autorimesse (una cifra che va dal 9 al 18% sul totale)».

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Partito a Milano, il servizio sarà presto esteso a Torino, Bologna, Venezia, Firenze e Roma. E esportato in Europa a Berlino, Londra, Parigi, Barcellona. Con il sogno di portarlo a San Francisco e New York: «In America sarebbe una bella sfida. Lì esistono molti competitor nel settore e sarebbe bello mettersi alla prova e capire dove si può arrivare».

Alex è uno startupper seriale (ha lanciato finora sei progetti). Ecco i suoi consigli per costruire una startup, le cose da fare, gli errori da evitare:

1. Se parti da un’esigenza reale, non sbagli. «Prima di lanciare un’idea, fermati a pensare alla sua necessità e fattibilità. Molto spesso capita che gli startupper non abbiano idee né così geniali, né così utili. Chiediti sempre che problema stai risolvendo, di quali persone faciliterai la vita. Se la tua idea risponde a un’esigenza reale ha buone possibilità di funzionare».
2. Pensa alle evoluzioni delle abitudini dei consumatori. «Una volta per prenotare un viaggio si andava in agenzia. Qualche anno fa potevi farlo da un sito. Oggi molti fanno tutto tramite un’App. Le aziende grandi (come Booking o Easy Jet, per fare due esempi celebri) hanno intuito le evoluzioni dei consumatori e offerto soluzioni sempre più adatte alle loro abitudini. Quando sviluppi un’idea pensa a come sta cambiando il mondo, in che direzione sta andando».
3. Sbagli e correggi in corsa. «Rispetto a un’impresa tradizionale, in una startup si corre 20 volte di più. È più facile sbandare e finire fuori strada. Il mio consiglio è di rivolgersi a esperti per ogni aspetto del business che non padroneggi. Perché fare errori significa perdere tempo e soldi, due cose che scarseggiano in una startup. Ciò premesso, sbagliare è inevitabile e devi essere in grado di cambiare le cose in corsa: noi stessi avevamo provato altre soluzioni (come un QR code per il riconoscimento degli utenti, ma era una soluzione molto costosa. Bisognava dotare ogni colonnina di un lettore ottico). Abbiamo sviluppato un primo prototipo, ma poi abbiamo capito che non era fattibile e ci siamo spostati su altre tecnologie».

INFO: http://parkeyapp.com/

Giancarlo Donadio

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