Come tre ragazzi cambiano il mondo del calcio

Di
Redazione Millionaire
8 Aprile 2016

Matteo Campodonico, 38 anni, Simone Falzetti, 35, e Pier Saltamacchia, 32, hanno creato Wyscout, una piattaforma che contiene i dati dei calciatori di tutto il mondo. Un’enorme piattaforma che racconta tutto (vita, conquiste e miracoli) di 300mila giocatori. Con i video che li mostrano in azione, divisi per giocate: tiri di destro, sinistro, testa, gol. Lo usano tutti: le più importanti società di calcio, i procuratori più influenti e le agenzie di giocatori di tutto il Pianeta. Oggi fatturano 7 milioni l’anno, hanno 80 dipendenti in Italia, 300 in tutto il mondo.

Come è nata l’idea di Wyscout?

«Dalla mia esperienza da calciatore. Era il 2004, avevo un allenatore che ci faceva vedere i video per insegnarci a giocare. Me li ricordo ancora tutti. È li che ho capito della loro importanza come strumento di formazione. Intanto facevo il mio percorso: mi sono laureato in Economia e ho iniziato a lavorare. Prima, analista di una società di informatica, poi in banca. A un certo punto ho capito che volevo fare un’azienda mia. Fino a quel tempo, facevo analisi di bilanci di società e startup. Mi sono tornati in mente i video del mister Podasso, che usava le VHS. Mi sono detto: “Perché non usare una mia idea, attualizzandola con mezzi più moderni?”. Si parlava di dvd allora, non di Internet. Con un mio amico, Simone Falzetti, ci siamo detti: “Possiamo fare questo lavoro di analisi”.

E come avete fatto?

«La domenica mattina io e Simone andavamo per i campi di calcio della Liguria a fare i video. Abbiamo comprato una telecamera, un portatile e abbiamo cominciato. Compravamo le cassettine per registrare, i cavalletti dai cinesi per fare i video, arnesi che si rompevano subito ma costavano 15 euro. Il “manfrotto” (cavalletto professionale per foto, ndr) costava 100 euro e per noi era troppo. Nel 2004 abbiamo costituito la società, poco dopo si è aggiunto Piermaria Saltamacchia. Il nostro primo ufficio è stato l’appartamento di Simone, a Genova. Lui studiava Beni culturali, Pier studiava Storia»

Come pensavate di fare business?

«Siamo partiti da un’idea, ma ci abbiamo messo 5 anni per trovare la nostra strada, cambiando 5 nomi. Quando fai un’impresa parti da un’idea, ma poi la cambi, la modifichi, la elabori, la ripensi, cambi il modello. La nostra prima azienda si chiamava Sport Video Service: andavamo a riprendere le partite e facevamo a tutti gli effetti un servizio video. Eravamo quasi una tv locale, come forma giuridica avevamo scelto la Sas: oggi non consiglierei mai a qualcuno di scegliere la Sas per iniziare. Io avevo un lavoro in banca e non potevo essere amministratore, dovevo avere un socio accomandatario. Mi hanno detto “Fallo fare a tua sorella”. Lei poi si è ritrovata a pagare multe per 10 anni… Quando è nata l’idea della piattaforma, il mio capo mi ha detto: “O lavori in banca o fai l’imprenditore, non puoi fare le due cose. Scegli. Ti do un anno, pensaci e poi torni. Ho preso l’aspettativa»

Il primo problema?

«I soldi. Per tre anni ho lavorato senza prendere stipendio. All’inizio siamo partiti con i contributi europei per l’acquisto dei materiali. I primi finanziamenti da privati sono arrivati a fine 2007, fatturavamo circa 100mila euro. Abbiamo incontrato Antonio Gozzi, imprenditore e presidente di Federacciai e della squadra di calcio di serie B Virtus Entella, anche lui come me di Chiavari. Gli è piaciuta l’idea, ma anche il fatto che uno della sua terra provasse a fare una cosa un po’ diversa. Dopo mezz’ora mi ha detto: “Dimmi 3 cose: sei disposto a fare solo questo? Come ti vedi tra 3 anni? Quanti soldi ti servono?”. Ci ha dato circa250mila euro, con questi abbiamo iniziato a sviluppare la piattaforma di scouting, siamo diventati una Srl e tutto è diventato vero lavoro».

Quando avete capito di avercela fatta?

«Nel 2010 abbiamo cominciato a vendere la piattaforma di scouting ed è arrivato il primo cliente straniero, la società inglese Wigan Athletic. Lì abbiamo capito che il prodotto piaceva ed è stato il mercato che ha iniziato a chiamarci Wyscout. Il lavoro oggi è molto complesso. Abbiamo circa 300mila giocatori sulla piattaforma. Gran parte è sui video, analizziamo circa 1.000 partite a settimana, se pensiamo che la Serie A italiana sono solo 10, significa 100 volte tanto. Siamo una fabbrica moderna vera e propria: produzione di contenuti e sviluppo di software».

Che prezzi ha il vostro prodotto sul mercato?

«Partiamo da 10 euro al mese che spende un giovane per studiare i campioni, fino ai 5.000 euro al mese delle grandi società come l’Arsenal, che utilizzano il Wyscout per metterlo al servizio delle squadre. Fatturiamo 6-7 milioni di euro l’anno, in crescita di un milione all’anno da quando siamo partiti. La concorrenza è arrivata dopo di noi: in tanti ci fanno la guerra sui prezzi. Ma è uno stimolo a fare meglio».

Un consiglio per chi vuole intraprendere? Progetti futuri?

«Ci vuole tanta buona volontà perché è molto difficile. Servono tante competenze e devi averle tutte, non basta solo l’idea. Se hai un’idea, devi cercare appoggio. La chiave oggi è l’innovazione, anche se stai aprendo un bar. Tanti giovani ci scrivono che vogliono fare impresa legata al calcio. Così abbiamo decidere di condividere la nostra esperienza e aprire a Chiaviari un incubatore e spazio di coworking: si chiama Sport & Tech Business Incubator, è stato realizzato grazie a un fondo che promette di finanziare 5-6 seed l’anno».

INFO: https://wyscout.com

Lorenzo Roca

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