D-Orbit ha momentaneamente sospeso la sua quotazione presso l’indice Nasdaq di New York
D-Orbit, la piccola azienda aerospaziale di Fino Mornasco (CO) balzata agli onori della cronaca per via del suo progetto di ripulire lo spazio dai detriti e dalle scorie che gravitano attorno alla Terra (ne abbiamo parlato qui), ha sospeso la sua quotazione presso la borsa di New York.
La quotazione presso i mercati USA avrebbe dovuto avere luogo a seguito di una fusione con Breeze Holdings Acquisition Corporation, una special purpose acquisition company (SPAC), ovvero un’entità costituita appositamente per fornire capitale nel corso di un’offerta pubblica d’acquisto (OPA) con l’obiettivo di acquistare uno o più business.
L’idea, infatti, sarebbe stata quella di raccogliere circa 185 milioni di dollari attraverso l’accordo per accelerare sulle assunzioni e perfezionare gli investimenti relativi al vettore di trasporto per minisatelliti (CubeSats) sviluppato da D-Orbit.
Tuttavia, rispetto a gennaio, quando fu siglato un accordo tra Breeze e D-Orbit, le condizioni macroeconomiche globali sono cambiate molto: a pesare soprattutto la guerra in Ucraina, con tanto di inflazione rampante e tassi di interesse al rialzo. «Ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso insieme: quotarsi ora sarebbe stato un errore, non ci sono le condizioni. Ma è solo uno stop temporaneo, non si tratta di “se” ma di “quando”: in borsa comunque andremo», queste le parole del CEO di D-Orbit, Luca Rossettini.
Una storia di crescita continua e innovazione
Una decisione pienamente condivisa anche dai vertici di Breeze, che proprio sotto il segno dei sostanziali cambiamenti nel mercato, fanno sapere attraverso il proprio AD Douglas Ramsay che «mentre guardiamo avanti, non perdiamo di vista l’identificazione di altre opportunità che creino valore per i nostri azionisti». Un po’ di rammarico per la decisione – quotarsi a Wall Street avrebbe portato il valore della piccola azienda italiana sul tetto del miliardo – ma nulla di più.
Sebbene ci sia stato questo imprevisto, D-Orbit se la passa piuttosto bene: grazie a dei contratti già in essere, i ricavi di quest’anno si attestano sugli 11 milioni di euro (ossia quattro volte tanto rispetto allo stesso periodo nel 2021), i progressi legati al vettore di trasporto/logistica spaziale ION procedono ugualmente e la fetta di mercato presidiata delle società di Fino Mornasco cresce in egual misura.
Il merito va tutto ad una tecnologia Made in Italy in grado di garantire ai clienti che acquistano i vettori un posizionamento dei carichi più preciso e tempi logistici in generale più rapidi rispetto alle controparti. È così che, solo pochi giorni fa, è arrivato l’ennesimo contratto: questa volta a firmare è l’operatore svizzero Astrocast, il quale pianifica di lanciare circa venti vettori ION a partire da inizio novembre.
Nuove opportunità di quotazione in futuro
Partita appunto come startup deputata alla costruzione di sistemi per la raccolta di satelliti giunti al fine-vita, D-Orbit è cresciuta tanto nei progetti quanto nelle dimensioni: in cinque anni è passata da 18 a 220 dipendenti e le assunzioni non si fermano nemmeno ora. Anzi, galoppano al ritmo di circa 10 unità al mese. La mancata quotazione in Borsa quindi solo una grana temporanea.
Così, a riguardo, Luca Rossettini: «Andare in Borsa serve ovviamente per raccogliere capitali, ma anche per potere accedere a strumenti finanziari aggiuntivi, che ad una società privata sono preclusi. E poi dà una spinta alla governance, portando l’organizzazione ad un livello superiore, necessario viste le dimensioni che abbiamo raggiunto. Capisco che questo stop può deludere ma alle tante start-up che ci hanno chiamato in questi mesi per dirci: “ma allora si può fare, anche dall’Italia si può arrivare ai mercati internazionali”, vorrei dire che non si tratta affatto di un fallimento ma solo di uno stop temporaneo. Lì arriveremo, dobbiamo solo attendere condizioni di mercato più favorevoli».
Questione di 12-18 mesi tuttalpiù, conferma Rossettini.