Flower power

Di
Redazione Millionaire
8 Agosto 2012

Il fiore piace ed emoziona tutti. Per chi vuole operare nel settore, le buone notizie sono almeno due.  La prima: non c’è alcuna barriera all’ingresso. La seconda: l’investimento è contenuto

Le nom de la rose è un piccolo negozio di grande successo: vende solo rose. E va alla grande. Ma la “minaccia” è dietro l’angolo: un furgoncino che “svende” un mazzo di tulipani a cinque euro. Oltre alla concorrenza spietata, nel mondo dei fiori c’è dell’altro: il prodotto appassisce e muore in poco tempo (si butta anche il 25%), ma il ricarico è intorno al 100%. Pur tra mille difficoltà, insomma, il terreno per intraprendere è fertile. A patto di trovare l’idea giusta.

Spiega Carlo Sprocatti, presidente di Federfiori: «La categoria è molto penalizzata dall’abusivismo. Oltre ai 17mila fioristi (fra negozi e chioschi), si conta almeno un 15-20% di irregolari». Ma le possibilità per emergere ci sono. «A patto di non improvvisarsi. È fondamentale conoscere i fiori e riconoscere quelli freschi. Ogni fiore ha una durata diversa. Ed esistono tanti espedienti per allungarne artificialmente la vita. Solo i prodotti migliori assicurano il successo» continua Sprocatti.

I negozi che vanno meglio sono quelli dei grandi centri urbani, specie se gestiti da operatori competenti. I chioschi funzionano solo se in zone strategiche (ospedali, cimiteri, stazioni della metropolitana). «Un’area di miglioramento riguarda la possibilità di ottenere un riconoscimento professionale per i fiorai» spiega Maria Propati, responsabile di Fioriblog.

Una delle criticità del settore sta nella lunghezza della filiera. I fiori arrivano da lontano, spesso dall’estero (i Paesi Bassi sono tra i maggiori esportatori). E questo ne fa lievitare il prezzo. «Rifornirsi direttamente al mercato e saltare il grossista consente un risparmio intorno al 20-30%. Sempre che, naturalmente, si sappia scegliere bene» continua Sprocatti. La liberalizzazione delle licenze consente a chiunque di aprire un negozio di fiori con un iter burocratico quasi nullo. Certo, serve una formazione di base. Ma le associazioni di categoria la mettono a disposizione a partire da poche centinaia di euro.

Il settore in soldoni

Per riempire un negozio, bastano anche 1.000 euro in fiori recisi e altrettanti in piante. «Una bella vetrina richiede fino a 200-300 euro in fiori. Allestire un chiosco richiede al massimo 30mila euro. Ristrutturare e arredare un negozio moderno sui 110 mq può costare 50mila euro circa» continua Sprocatti. Ma, più che un problema di soldi, è un problema di formula. In epoca di crisi, non basta tirare su la serranda. E se le piante costose e i mazzi più ricchi continuano ad avere i loro estimatori, è invece in caduta libera il mazzolino da 15 euro, quello con cui i fiorai “facevano la giornata”. «Quando la gente ha pochi soldi, gli articoli voluttuari sono i primi a saltare. E anche in occasioni speciali, si sceglie altro: a una cena si porta una bottiglia di vino, a un’amica che ha partorito una tutina per il bebé» spiega Mirna Perticari, docente di Assofioristi e fioraia di Cesena.E così sulla vecchia “bottega” di fiori prevale il “negozio flessibile”, che abbina il fiore ad altri prodotti (oggettistica, complementi d’arredo, cura del corpo…). Il fiorista tradizionale è sorpassato dal flower design. Non si limita a fornire i fiori per l’evento, ma ne è parte integrante. Millionaire ha provato a individuare le nicchie vincenti (vedi box idee). Ora tocca a voi non fare appassire il business.

Idea 1

Trasfòrmati in flower designer

Cosa differenzia il fiorista a cui siamo abituati dalla figura del flower designer? «Il fioraio si limita a occuparsi del fiore e, al massimo, del packaging. Il flower designer guarda invece il contesto. Il fioraio concepisce il fiore insieme a un oggetto; il flower designer lo vede abbinato a un’idea» spiega Sebastiano Finocchiaro, imprenditore catanese. «La mia è un’azienda a conduzione familiare, nata nel 1992 dall’iniziativa di mio fratello, e da allora sempre in utile. Nell’ultimo anno siamo cresciuti del 20%. Io sono architetto, potevo decidere di andare altrove a lavorare. Ma ho scelto di rimanere in Sicilia, a scommettere sui fiori: gli spazi di crescita sono enormi. E si può anche crescere in fretta».

Ma come si diventa flower designer?

«Il percorso formativo è duplice. Ci si può arrivare come evoluzione del fioraio. Oppure direttamente, con corsi specifici. Alla base, servono abilità manuali, competenze tecniche e una grande creatività. Gli ambiti sono i più vari: meeting aziendali, presentazioni di prodotti, ma anche semplici cene in casa (con almeno 20 invitati, in media)» prosegue lui. Il fiore diventa materia viva nelle mani di questi creativi, in grado di plasmarlo in base a esigenze di forma, colore, scenografia. «La nostra scelta è quella di tenere basso il compenso per la consulenza che forniamo (500 euro al massimo). Gli eventi hanno prezzi variabili, ma mediamente si attestano sui 3.000-4.000 euro. Per noi rappresentano una parte importante del lavoro. Anche se poi l’80% del fatturato arriva dai matrimoni» conclude Finocchiaro. INFO: www.michelangelofinocchiaro.it

(sito in cinque lingue).

Lo strumento in più

Florcert, Centro europeo per la certificazione del floral design (www.florcert.eu).

L’unica scuola e associazione non profit ammessa a questo progetto per l’Italia è l’European athenaeum of floral art. INFO: www.athe.it

Idea 2

Chiedetemi tutto, purché sia una rosa

Au nom de la rose è una società francese nata nel 1991 specializzata in rose (60-100 qualità diverse). Ne acquista in grandissime quantità da molti Paesi del mondo (Paesi Bassi, Kenya, Ecuador…) e garantisce la consegna in cinque ore a Parigi e in 24 in provincia. I suoi mazzi partono da 50 euro, le composizioni da 75. Nel 1995 è nato il primo franchising transalpino (a Nantes), nel 1999 il primo internazionale (a Bruxelles). Nel 2000 è stato lanciato il sito di e-commerce: strategica la scelta di crescere sia grazie a negozi fisici sia alla Rete. Un elemento fondante è la politica dei prezzi, che rimangono costanti durante tutto l’anno: il bouquet classico da 11 rose viene venduto a circa 10 euro anche a Natale e il 2 novembre. A oggi, conta 36 negozi in Francia e aperture in varie città del mondo (da Mosca a Shanghai). Au nom de la rose è presente anche a Milano, attualmente in due negozi di proprietà (due soci: uno francese e l’altro italiano). Per verificare eventuali progetti di apertura in franchising, si può contattare direttamente la società (e compilare un form on line). Millionaire ha fatto un salto nel punto vendita di piazza Wagner. L’ambiente è piccolo (30 mq circa), ma arioso. In esposizione rose di ogni gradazione, confezionate in mazzi, bouquet, composizioni, cuori, alberelli. «Le rose singole partono da 1,80 euro, per arrivare agli 8 di quelle a gambo lunghissimo, disponibili solo in occasioni speciali. In assortimento abbiamo poi prodotti per la profumazione della casa e della cura del corpo, tutti a base di rose. Prezzi a partire da 18 euro» spiega Francesca Gattinoni. «I prodotti derivati incidono sul fatturato per l’11% circa e la percentuale è in crescita» fanno sapere dalla sede francese. Ogni giorno arriva un migliaio di rose. «In genere, vendiamo tutto. Dai fiori avanzati ricaviamo petali o decorazioni per il negozio. Abbiamo clienti di ogni tipo, che entrano per comprare regali, ma non solo. Il mazzo più sfarzoso che abbiamo venduto? Ben 150 rose rosse per un anniversario di matrimonio».

INFO: www.aunomdelarose.fr

Idea 3

Come natura crea (o quasi)

Il fiore finto vi mette tristezza? Allora non siete mai stati da Suzuki a Milano, 250 mq nel centrale corso Magenta. «L’attività è nata nel 1964 e di certo all’inizio non pensavamo che saremmo arrivati così lontano. L’idea era quella di realizzare fiori artificiali seguendo la tradizione della Francia. Noi abbiamo acquistato i ferri adatti e iniziato la produzione in piccoli laboratori fuori Milano. Oggi abbiamo 20 lavoranti ed esportiamo in Germania, Austria e Stati Uniti» spiegano i due titolari Sergio Carbone e Alda Belgeri, marito e moglie. «Realizziamo fiori artigianali dipinti a mano in seta e cotone, oltre a frutta in cartapesta. Se la Cina può vendere un fiore a 12 euro, noi lo possiamo anche far pagare 50, ma il prodotto è completamente diverso: fatto a mano e non stampato» continuano loro. «I prezzi di una composizione partono da circa 300 euro, per arrivare anche a 10mila a seconda della grandezza e della quantità di fiori impiegati».

INFO: Suzuki, tel. 02 86451472.

Idea 4

Pane e tulipani

Tavoli in ferro, sedie in legno curvato di manifattura francese, appendiabiti di Hoffmann. Ma a rendere questo localino in zona Garibaldi a Milano così simile a un bistrot francese sono soprattutto i fiori. Fiori che arredano, ma che possono anche essere acquistati. «Fioraio Bianchi caffè nasce nel 2005 dalla combinazione di due esigenze: quella del fioraio Raimondo Bianchi di “andare in pensione” e quella di un imprenditore con il gusto della buona cucina e dei locali parigini. Così il fioraio resta, ma con responsabilità e impegno limitati, a curare la cornice floreale. E il ristorante gode di uno sfondo originale, romantico e rilassante» spiega Gianni Garà, portavoce del locale. Per i fiori si punta al meglio, privilegiando quelli di stagione e sempre attenti a dare al locale una veste nuova ogni volta. «I prezzi partono da pochi euro per i singoli fiori, per arrivare alle centinaia per composizioni o allestimenti per feste e ricorrenze. Numericamente, prevalgono i clienti privati. Ma a fare il grosso del fatturato sono le aziende. Molte società amano “firmare” il proprio meeting con un allestimento floreale ad hoc o con un cadeau floreale per gli ospiti» continua Garà. Nel locale, che conta 32 posti, si fa colazione o ci si ferma per una pausa di relax. Ma si può anche pranzare e cenare (prezzo medio 40-45 euro, bevande escluse). «I fiori all’inizio hanno creato curiosità, poi il passaparola. In effetti, è l’abbinamento a essere vincente. In fondo si può mangiare, più o meno bene, ovunque. I fiori sono in vendita in molti posti. Persone come quelle che formano il nostro team (barman, chef, titolare…) se ne trovano. Ma volete mettere tutte queste cose insieme e per di più in uno spazio tanto intimo?» conclude Garà.

INFO: www.fioraiobianchicaffe.it

Idea 5

Il giardino? Te lo faccio sul tetto, in uno zaino, su un palazzo…

Giardini sul tetto, coperture verdi per aziende e condomini, verde verticale addirittura. «Il comparto sta vivendo un boom» spiega Valter Campagnoli, direttore commerciale di Perlite, azienda del settore. Perché le coperture verdi beneficiano di agevolazioni. «Si tratta del Dpr 59 del 2009 (sul risparmio energetico in edilizia). Inoltre, un giardino sul tetto si stima che faccia aumentare il valore dell’edificio di circa il 10%. E poi riduce la temperatura in estate e la aumenta in inverno di circa tre-cinque gradi. Questo significa una miglior vivibilità e un minor consumo energetico per climatizzare» spiega Giorgio Boldini, presidente di Aivep (Associazione italiana verde pensile). Ma quanto costa al cliente realizzare queste coperture così belle quanto utili? «Se parliamo di grosse superfici, siamo intorno a 50-60 euro al mq. Se ci riferiamo ai terrazzi, che comportano difficoltà tecniche maggiori, la cifra si aggira sui 200-250 euro al mq. Questo limitandosi alla copertura base. Costi aggiuntivi sono rappresentati da vialetti, bersò, alberi e piante. E poi bisogna tenere conto che anche la manutenzione ha un costo» prosegue Campagnoli. Aziende come la Perlite realizzano, in tutto o in parte, i materiali. Per le coperture ci sono applicatori di fiducia, solitamente impermeabilizzatori e giardinieri. E, per loro, l’opportunità di business è sicuramente ghiotta. «La nuova frontiera è rappresentata dal verde verticale. In questo caso, il costo di realizzazione si aggira sui 700-1.000 euro al mq» conclude Campagnoli.

INFO: Aivep (www.aivep,org, tel. 06 86203392), Assoverde (www.assoverde.it, tel. 051 6707195), Perlite (www.perlite.it, tel. 02 4407041).

la curiosità

Nuovo trend del florovivaismo è il “mobile garden”. Per terra, piante e fiori ci sono i contenitori più diversi: zaini, sporte della spesa, carrelli del supermercato, skateboard… In alcuni casi, si tratta di installazioni artistiche (vedere The mobile garden, di Lois Weinberger, Damiani, 15 euro).

Lucia Ingrosso, Millionaire 5/2010

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