Nelle ultime settimane, l’intero settore bancario sembra essere in grande fermento. Dopo il crack di Silicon Valley Bank, anche Credit Suisse ha infatti deciso di cedere le sue quote a Ubs, società svizzera di servizi finanziari.
Contrariamente all’ordine gerarchico previsto dalle regole sulla risoluzione delle banche, l’autorità di vigilanza svizzera, Finma, avrebbe deciso di azzerare tutti i bond AT1 di Credit Suisse per un totale di oltre 16 miliardi di franchi. Uno strappo che ha prima stupito, poi spaventato e infine infiammato gli investitori della banca, che ora valutano un’azione legale. Ma cosa succede adesso e quali sono i rischi per l’intero sistema bancario europeo?
Facciamo un passo indietro. Meno di una settimana fa, le due banche sono riuscite a trovare l’accordo, siglato per un totale di 3 miliardi di franchi svizzeri. Nonostante le autorità svizzere sembrano non voler far passare l’acquisizione per un salvataggio in calcio d’angolo, la mossa fatta Ubs ha però tutte le carte in regola per esserlo. Le borse, infatti, all’annuncio avvenuto domenica hanno festeggiato a gran voce il salvataggio, ma c’è ben poco da festeggiare.
Cosa succede adesso?
Secondo un’analisi di Fabrizio Pagani, ex capo della segreteria tecnica al Tesoro, il crollo di Credit Suisse porterà a una migrazione verso le banche più grandi. “L’azzeramento dei bond AT1 inoltre porteranno inoltre a cause legali contro Credit Suisse” ha aggiunto Pagani. E infatti è proprio quello che si prospetta. Nonostante Credit Suisse, abbia tentato di tutelare la sicurezza dei propri azionisti aumentando di 2 miliardi l’offerta di Ubs, la vicenda dei bond sembra averglieli messi tutti contro. Già in diversi si stanno mobilitando per presentare ricorso, tra cui gli azionisti che su raccomandazione di Ethos Foundation, potrebbero presto fare causa per la vendita ad Ubs senza il voto di assemblea. Anche lo studio internazionale Quinn Emanuel Urquhart&Sullivan, che ha in programma per la giornata di oggi una call con i detentori di bond, si sta muovendo per valutare le strade percorribili per un ricorso.
L’Italia è a rischio?
Per quanto riguarda il possibile coinvolgimento delle banche italiane, sono in corso in queste ore le verifiche circa il livello di esposizione. Secondo il vicepresidente della Bce Luis De Guindos le interconnessioni tra Crédit Suisse e il sistema creditizio europeo nel complesso sarebbero limitate.
In precedenza, lo stesso De Guindos, in riferimento al caso Svb, aveva avvertito che altri istituti del Vecchio Continente sarebbero potute essere vulnerabili al rialzo dei tassi di interesse. Il mercato di oggi, però, sembra credere che Credit Suisse non sia in grado di contagiare altre banche europee e nemmeno le italiane, che si trovano in condizioni molto migliori di quelle di altri Paesi.
“Credit Suisse è una banca in una posizione diversa da quelle di altre banche, sia svizzere che europee. La crisi è nata perché gli arabi, che sono i proprietari principali della banca, hanno deciso di non rifinanziarla. Il sistema bancario svizzero sembra però essere in grado di aiutare Credit Suisse.” spiega Gaetano Aiello, docente di economia dell’Università di Firenze.