Ho fatto un corso di public speaking

Di
Redazione Millionaire
22 Agosto 2012

Vi ricordate l’eloquenza di Marcantonio nell’interpretazione di Marlon Brando? Se pensate che sia impossibile imitarlo, seguiteci. Siamo andati a un corso per parlare in pubblico e abbiamo scoperto che…

Paura di parlare in pubblico? Già sapere di averla è un punto di partenza. Io non lo sapevo e, anni fa, ho affrontato con grande tranquillità la presentazione di un mio libro. Il tema lo conoscevo bene (si parlava di come trovare lavoro), ma per sicurezza mi ero segnata i punti principali da toccare. Avrei dovuto parlare per una quindicina di minuti, per poi introdurre altri relatori. Mi presentai con un sorriso al mio pubblico, ma all’improvviso… il panico. Tutti quegli occhi puntati su di me mi bloccarono. Sentii il cuore che batteva all’impazzata, il respiro mi mancò, iniziai a parlare per rendermi conto di balbettare. Cercai di seguire la traccia scritta, ma la mia voce era sempre più flebile e le idee più confuse. Tagliai il mio intervento di una buona metà e alla fine l’applauso fu più di compassione che di apprezzamento.

Dalla mia disastrosa performance è passato qualche anno.

Da allora mi sono sempre tenuta ben lontana dalle occasioni oratorie. Ora, però, non mi posso più tirare indietro. L’occasione, di nuovo, è l’uscita di un mio libro. Questa volta è un giallo (La morte fa notizia, edito da Pendragon) e ci tengo parecchio. Così decido di partecipare a un corso sul parlare in pubblico. Siamo a Milano, all’Hotel Michelangelo.

Il gruppo di allievi è composto da quattro donne e tre uomini, tutti fra i 30 e i 40. Ci sono: una pierre terrorizzata dalla prospettiva di parlare in pubblico; un assicuratore che ha in programma corsi di formazione; due colleghe che lavorano in ambito farmaceutico; un funzionario che sta preparando un intervento a una convention; un giovane manager che vuole migliorare la sua oratoria.

Il docente è Vittorio Galgano, vecchia volpe della formazione: tiene corsi da 40 anni e questo tema è uno dei suoi cavalli di battaglia. Obiettivi del corso: vincere il timore del pubblico, acquisire sicurezza e disinvoltura, ottenere l’assenso e l’applauso. Prima dei contenuti, ci occupiamo della forma. Il docente ci spiega che l’efficacia del discorso dipende più da come si dice una cosa che da quello che si dice. E così ci fa esercitare sulla voce. Ci dimostra che tutti noi abbiamo il vizio di non pronunciare bene le parole e tendiamo, in particolar modo, a non scandire le ultime sillabe. E così propone un esercizio che ci coglie tutti impreparati: parlare a denti stretti. A pensarci sembra impossibile, in pratica ci si riesce dopo un po’ di esercizio. E si ha così la possibilità di allenare labbra e lingua, che ci aiutano a pronunciare meglio le parole. L’unico ostacolo è la vergogna. Ma, dopo un po’ siamo tutti lì a parlare a denti stretti, un po’ divertiti per l’effetto che fa e un po’ sorpresi dai risultati.

Secondo esercizio: per imparare a scandire bene le parole, Galgano ci invita a bisbigliare. E’ vero: bisbigliando, la pronuncia è perfetta. A questo punto il trucco è semplice: ricordarsi di parlare sempre, a voce alta, come se bisbigliassimo.

Altro punto: la velocità. Si può arrivare a 120 parole al minuto. Ma i discorsi che fanno più effetto e vengono ricordati meglio ne prevedono 60. E il suggerimento è quello di rallentare, in presenza dei passaggi più importanti. Fondamentale è il controllo del respiro. L’ideale è inspirare profondamente prima di iniziare a parlare e farsi bastare la riserva d’aria per 28 parole (pari all’equivalente di questa frase, comprensiva del contenuto della parentesi). Le prese d’aria “d’emergenza” vanno fatte di preferenza prima di pronunciare le vocali a, e, u, perché in questo caso la bocca è già aperta.

Conta poi molto variare il tono, altrimenti il rischio è quello di annoiare. Galgano ci consegna un foglietto con un discorso. Segnate in rosso troviamo le parole più importanti, quelle da enfatizzare, su cui poggiare la voce. Evidenziate anche le frasi in cui rallentare o accelerare il ritmo (per dare più o meno importanza al concetto). A turno ci alziamo in piedi, andiamo al centro della sala e declamiamo il discorso, ben attenti a ricordarci tutti i suggerimenti avuti su chiarezza, pronuncia, velocità, tono. Prima ancora di rendercene conto, facciamo quello che tanto temevamo: parliamo in pubblico. In fondo, è più semplice del previsto: basta controllare l’ansia e il respiro, far scorrere il nostro sguardo sul pubblico (non fissare un’unica persona) e usare al meglio la nostra voce.

L’esercizio successivo punta a stimolare la nostra creatività e le nostre capacità di improvvisazione. Galgano ci dà un tema (per esempio: entriamo in un ristorante che si presenta bene, ma poi si rivela sporco e in disordine) e ci chiede di raccontare il fatto alla platea, con dovizia di particolari. Quando tocca a me, quasi mi sorprendo. Racconto la vicenda, l’arricchisco di dettagli, la sottolineo con gesti. Nessun imbarazzo (anche perché siamo tutti sulla stessa barca), anzi… mi viene quasi voglia di seguire un corso di teatro!

A quel punto Galgano ci presenta il suo asso nella manica. Lo strumento in grado di trasformarci in abili conferenzieri: il cartoncin sostegno. Si tratta di un cartoncino, appunto, su cui possiamo riportare una singola frase del nostro discorso, unitamente ai punti collegati a questa e agli elementi di rinforzo. Per esempio: la frase può riguardare la crescita delle vendite. I punti collegati possono essere i risultati dei diversi mercati. I rinforzi: grafici, gesti, testimonianze. Sui cartoncin sostegno possiamo scrivere tutto il nostro discorso, frase per frase. Consultarli dà sicurezza, senza togliere naturalezza al nostro discorso.

Bene, a questo punto la prova finale, il saggio, consiste nella declamazione di un discorso preparato da noi. Il nostro docente ci riprenderà con una telecamera, in modo da rivedere poi i nostri errori e cercare di migliorarci. Io mi esibisco nella presentazione del mio libro giallo (anche se sospetto che i miei compagni di corso siano già stufi dell’argomento). Rivedo il filmato: sono molti gli aspetti migliorabili (gesticolo in modo eccessivo, parlo troppo in fretta, tendo a fissare un unico interlocutore e non tutto il pubblico…). Ma ci sono riuscita. So che ogni volta sarà una sfida, con me stessa, per essere più sicura e convincente. Ma non ho più tempo per avere paura. Ora sono più impegnata a pensare a che cosa dire e come dirlo al meglio. E tutto questo grazie anche ai trucchi imparati in questi due giorni.

6 regole per un discorso perfetto

1. L’obiettivo. Prima di cominciare: aver chiaro l’obiettivo del discorso, valutare il tempo a disposizione, identificare il pubblico e le sue esigenze.

2. Frasi brevi. Usare sempre frasi brevi, semplici, chiare e costrutti affermativi. No a frasi tipo «Non si preoccupi» (che suggeriscono, al contrario, preoccupazione).

3. Tre temi. Strutturare il discorso con apertura, tema centrale e chiusura. Il tema centrale rappresenta la nostra tesi di fondo e occupa la maggior parte del tempo disponibile.

4. Poche barzellette. Mai abusare di citazioni, metafore e battute di spirito. Pericolose le barzellette. Se si citano dei dati, che siano esatti (a perdere credibilità si fa molto presto…).

5. Il linguaggio del corpo. Mai tenere le braccia conserte (indicano chiusura), giocherellare con gli oggetti (così si comunica nervosismo), o scuotere la testa in segno di negazione. Bisogna avere sempre un atteggiamento aperto, guardare verso la platea, essere pronti al sorriso.

6. Poche slide. Utilizzare con parsimonia i supporti (lavagne luminose, presentazioni su Pc, slide…): possono essere utili, ma distolgono l’attenzione dall’oratore.

Così ottieni l’applauso

Semplici mosse per trasformarsi in abili conferenzieri

Occhio alla velocità del discorso: mai eccessiva! Inspirate profondamente e fatevi bastare la riserva d’aria per circa 28 parole. Prese d’aria solo prima di pronunciare le vocali a, e, u.

Mangiate le parole? Allenatevi a parlare a denti stretti: funziona!  Per imparare a scandire bene le sillabe, invece, provate a bisbigliare.

Attenzione al linguaggio del corpo: gesticolare in modo eccessivo è controproducente. Le braccia conserte? Indicano chiusura.

Meglio non fissare un solo interlocutore: quando si parla in pubblico, bisogna far scorrere lo sguardo su tutti i presenti.

Occhio a risate e barzellette: si fa presto a perdere credibilità.

Sì al cartoncin sostegno: scrivere tutto il discorso o una sola frase dà sicurezza. Sì ai grafici, ma senza errori!

Lucia Ingrosso, Millionaire 3/2006

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