Un nuovo studio del MIT (Istituto di Tecnologia del Massachusetts) analizza una tecnologia controversa: la possibilità di creare un clone digitale di persone decedute utilizzando intelligenza artificiale (IA). Questo clone, con fattezze e voce ricostruite grazie ai deepfake, permetterebbe teoricamente di conversare con i propri cari scomparsi.
In Cina, questa tecnologia ha già trovato terreno fertile. Diverse aziende offrono servizi di “resurrezione virtuale” a migliaia di persone in lutto. Tramite app o tablet, è possibile interagire con un avatar digitale del proprio caro scomparso. I costi variano da qualche centinaia a qualche migliaio di dollari e, secondo le aziende, questa pratica sta aiutando a elaborare il lutto.
Ma c’è dell’altro. Questo tipo di tecnologia non si limita alle sfere private: viene utilizzata anche per ricreare figure pubbliche come scrittori, pensatori o leader religiosi deceduti. Si tratta in questo caso di una finalità non commemorativa ma educativa, come nel caso di Mei Lanfang, un famoso cantante d’opera di Pechino “riapparso” a un festival per discutere lo sviluppo urbano della sua città natale, a oltre 60 anni dalla sua morte.
Etica e psicologia del lutto digitale
Nonostante le potenzialità tecniche, sorgono evidenti questioni etiche. Il consenso degli interessati e il potenziale rischio di violazioni del copyright sono solo la punta dell’iceberg. Preoccupa soprattutto l’impatto psicologico di queste tecnologie sul processo di elaborazione del lutto.
Da un punto di vista psicologico, l’interazione con i defunti tramite IA potrebbe essere vista come una nuova forma di rito, pratica radicata in molte culture. Alcuni psicologi sostengono che i rituali aiutino ad affrontare il dolore e la transizione dopo una perdita. Questa tecnologia potrebbe quindi essere un’estensione moderna di queste pratiche ancestrali, fornendo un modo tangibile per esprimere il proprio lutto e trovare conforto.
Tuttavia, c’è chi ritiene che interagire con una replica digitale del proprio caro possa ostacolare il naturale processo di elaborazione del lutto, impedendo di accettare la realtà della perdita. Questo approccio critica l’eccessivo ricorso alla tecnologia in momenti così personali ed emotivi, paventando un allontanamento dall’esperienza umana del dolore e del ricordo.
Il progresso tecnologico rischia di offuscare il confine tra miglioramento e distorsione dell’esperienza umana. L’utilizzo dei deepfake nel lutto è un esempio lampante di questo dilemma. Potrebbe offrire conforto ad alcuni, ma complicare la guarigione emotiva di altri. Si tratta di questioni che la società dovrà affrontare per orientarsi nel complesso scenario del nostro futuro digitale.
Per le aziende che sviluppano tecnologie innovative basate sull’intelligenza artificiale generativa, questi dilemmi etici rappresentano non solo sfide, ma anche opportunità per una leadership responsabile. È fondamentale navigare in queste acque con rigore etico, definendo standard di settore che privilegino la dignità umana e il benessere emotivo, parallelamente al progresso tecnologico.