Il lavoro? me lo invento in cooperativa

Di
Redazione Millionaire
16 Agosto 2012

Un’impresa in cooperativa sociale è a tutti gli effetti un’impresa. Fa profitti, dà lavoro, gode di benefit. E conviene

14mila cooperative sociali italiane, più di una per ogni Comune. Oltre 300mila persone ci lavorano, anzi, inventano il lavoro per sé e per altri, offrendo servizi a quasi cinque milioni di utenti, nell’ambito dell’assistenza, dell’educazione, della sanità e dell’integrazione. Servizi che lo Stato o gli enti locali non gestiscono direttamente, appoggiandosi alle cooperative sociali, appunto.

La cooperativa sociale è un’impresa a tutti gli effetti, che genera profitti. Offre servizi con un obiettivo chiaro di utilità sociale, ma opera sul mercato. Vi lavorano volontari, che spesso ricevono rimborsi, ma anche soci lavoratori, dipendenti e collaboratori stipendiati. L’Italia vanta la paternità della creazione della cooperativa sociale e di una legge, la 381 del 1991, che compie 21 anni. Due le tipologie fondamentali di cooperative: le A, per la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, e le B, per l’inserimento al lavoro di persone svantaggiate (vedi storie a pag. 126 e 129).

Senza fini di lucro, ma con ricavi

«La prima motivazione a fondare una cooperativa resta la volontà di migliorare la qualità della vita di una comunità locale, ma l’attività viene gestita con spirito imprenditoriale» spiega Giuseppe Guerini, presidente di Confcooperative-Federsolidarietà, la maggiore associazione tra cooperative sociali in Italia (www.federsolidarieta.confcooperative.it). «Oggi il settore dei servizi sociali incontra una domanda sempre più articolata: assistenza domiciliare integrata, housing sociale e riqualificazione delle periferie, energia pulita e agricoltura biologica. Ci sono ancora pochi asili. E l’invecchiamento della popolazione richiede soggetti specializzati nella cura e assistenza. La convenienza d’impresa deve esserci. Il profitto deve essere duplice: sociale e imprenditoriale. Le cooperative sociali sono imprese senza fini di lucro, ma non vuol dire che non realizzino ricavi. Significa che gli utili non vanno a beneficio di un proprietario o di un azionista, ma sono vincolati alla missione sociale della cooperativa. Gli utili non si dividono tra i soci e il patrimonio della cooperativa rimane un bene non disponibile per i soci. Gli utili portati a riserva indivisibile, quelli oggetto del prelievo fiscale del Governo, sono usati per ampliare il bacino degli utenti e migliorare i servizi. E quanto accumulato resta alla collettività una volta che la cooperativa sociale cessa di esistere. Le nuove norme fiscali, tassando utili non ripartiti né ripartibili, penalizzano la scelta di operare sul mercato in modo sociale».

L’accesso al credito

«Diverse banche cominciano a costruire linee di credito specifiche e aprono sportelli specializzati. Ma non esistono vie privilegiate. Come per il profit, anche per la cooperazione sociale molto dipende dall’affidabilità del progetto d’impresa. In molte Regioni esistono strumenti di sostegno alla startup. E nelle Camere di commercio c’è attenzione crescente alla cooperazione sociale». Confcooperative è strutturata su tutto il territorio nazionale, con esperti nelle sedi territoriali che aiutano l’avvio di una cooperativa sociale e valutano l’idea. La predisposizione dei modelli e degli statuti o la formazione iniziale sono gratis. Poi ci sono assistenza legale e sindacale, accesso al credito e garanzie, consulenza. L’iscrizione a Federsolidarietà-Confcooperative è commisurata al fatturato della cooperativa. In fase di lancio servizi innovativi, come la predisposizione gratuita del bilancio sociale. Oltre a Federsolidarietà (www.federsolidarieta.confcooperative.it), anche Legacoopsociali (Legacoop) è attiva con iniziative di supporto, formazione e consortili alle coop sociali che ne fanno parte. Tra le più interessanti, l’aiuto nell’avviamento, gratuito, e nella ricerca di finanziamenti, presso le varie sedi territoriali. L’adesione alla Legacoop varia a seconda del fatturato, da un minimo di 300 euro. Le neoiscritte nel primo anno possono anche non versare il contributo (www.legacoopsociali.it).

I “furbetti”del sociale

Anche in campo sociale esistono gli opportunisti. Dietro le quinte, si racconta di cooperative sociali che con la scusa della terapia del lavoro, sfruttano tossicodipendenti per lavori pesanti. I soci si aggiudicano appalti, guadagnano dai committenti, intascano le doti lavoro. E i soldi pubblici mantengono terapeuti che fanno ben poco, mentre i “pazienti” sudano. Ci sono centinaia di comunità terapeutiche, ognuna con le sue regole e nessun protocollo valido per tutte o controllo.

«Questi comportamenti sono la conseguenza degli interventi da parte delle amministrazioni pubbliche. Secondo la legge 381, i lavoratori dovrebbero essere legalmente assunti o soci della cooperativa. Il 30% degli assunti possono essere lavoratori svantaggiati. Per il periodo in cui il lavoratore è indicato come svantaggiato, la coop gode della riduzione del costo indiretto del lavoro (oneri sociali), ma deve pagare gli stipendi. Il problema è nato quando i Sil (Sistemi informativi lavoro) e i Centri per l’impiego hanno istituito le borse lavoro, somme modeste destinate ai lavoratori svantaggiati e alle imprese, se li prendono, ma senza assumerli. Questo meccanismo è stato applicato anche alle cooperative sociali» commenta Carlo Borzaga, ordinario di Politica economica presso l’Università di Trento, coautore con Francesca Paini di Buon lavoro. Le cooperative sociali in Italia: storie, valori ed esperienze di imprese a misura di persona (Altreconomia, 14 euro). «Sono le pubbliche amministrazioni la causa indiretta dello sfruttamento di molti lavoratori con basse paghe. Le coop sociali partecipano a bandi al ribasso: per aggiudicarsi la gestione di un servizio devono offrirlo a prezzi inferiori agli altri. Il sistema agevola le cooperative più opportuniste, le più grandi, che non sono radicate al territorio, non si iscrivono alle associazioni di categoria e non sono soggette a controlli. Per non parlare del problema dei gravi ritardi dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche: ci sono cooperative che attendono anche due anni prima del saldo dei servizi. Le procedure per le assegnazioni vanno cambiate, ma la legge sulle cooperative sociali è semplice e ancora valida».

5 passi per fondare una cooperativa sociale

1 Definisci un gruppo minimo di tre persone.

2 Formula uno Statuto che rispetti la legge 381/91 e il codice che disciplina la cooperazione sociale.

3 Costituisci la coop davanti al notaio.

4 Iscriviti all’Albo nazionale e regionale.

5 Definisci regolamento interno che disciplina il lavoro dei soci in conformità con la legge 142/2001 e iscrizione all’ufficio Iva per iniziare la parte commerciale.

(Fonte Legacoopsociali)

1 Coop A: mi prendo cura di te

Che cos’è. Offre servizi socio-sanitari ed educativi.

La legge prevede. La riduzione dell’Iva.

Come funziona. Può avere un committente pubblico, che del tutto o in parte può coprire il costo di servizi poi offerti ai cittadini. Se non accade, la cooperativa deve offrire servizi ai privati e stare sul mercato.

La sfida. Ha una gestione onerosa e dà risposte complesse e di qualità a bisogni reali.

Una cooperativa sociale di tipo A nata per gli svantaggiati aiuta tutti a vivere meglio, grazie a un locale dove si beve e si balla. Si chiama Zhubian, che significa “prendersi cura”. È stata creata nel Milanese da un gruppo di amici che volevano dare supporto a immigrati e tossicodipendenti e costruirsi un lavoro. Oggi allarga la cerchia di quelli di cui curarsi: gestisce da due anni un locale con bar, lo Spazio A di Sesto San Giovanni, dove organizza serate dedicate all’arte, alla lettura, alla musica. Giacomo Leaci, psicologo e cofondatore di Zhubian, usa anche il tango per l’aggregazione. «Crediamo nella sostenibilità economica dei progetti sociali» ribadisce Micaela Savarese, presidente di Zhubian. «Il locale è aperto a tutti. E si sostiene economicamente tramite il bar. Offriamo prodotti di filiera corta, impieghiamo due dipendenti e collaboratori con contratti regolari. Quello dello Spazio A è un format duplicabile. Sosteniamo un affitto in linea con quelli del mercato, ma la differenza la fa l’obiettivo etico-sociale. Abbiamo speso finora 70mila euro e, per il primo anno, abbiamo lavorato gratis». La proprietà del locale è del Comune di Sesto. La cooperativa se n’è aggiudicata la gestione, partecipando a un bando. «Il locale non è ancora a regime, ma finanzia già se stesso e diventerà redditizio. Io ho uno stipendio per un progetto che seguo, un altro socio lavora nel locale. Gli altri ricevono rimborsi, ma hanno anche un’altra attività». INFO: www.zhubian.org

2  Coop B: svantaggiato a chi?

Che cos’è. Le coop B aiutano le persone nell’inserimento lavorativo. Dopo questa fase, alcuni lavoratori sono assorbiti nella cooperativa, altri trovano occupazione altrove.

Come funziona. Ci sono cooperative di tipo B che ricevono rette da Comuni o enti per i pazienti che avviano al lavoro.

La legge prevede. L’esenzione dal pagamento degli oneri contributivi per i lavoratori svantaggiati e la possibilità di convenzionarsi con enti pubblici per fornire prodotti e servizi.

La sfida. Fornire un servizio a un costo ragionevole e stare sul mercato, sfidando le leggi della concorrenza.

«Abbiamo unito il desiderio di creare un lavoro per noi con quello di aiutare le persone in difficoltà» racconta Valentina Gabutti, 38 anni, amministratore e una delle fondatrici di Gramma, agenzia di comunicazione e cooperativa milanese, nata nel 1998.  Al suo fianco, Barbara Bottazzini, 39 anni, direttore creativo, Roberta Amato, 33 anni, art director. Dirigono un team di 10-11 persone. I responsabili hanno uno stipendio inferiore a 2mila euro, che s’incrementa a fine anno, in base ai risultati economici. I collaboratori guadagnano tra 1.200 e 1.600 euro. In 20 anni, Valentina e soci hanno messo insieme un portafoglio di 32 clienti, tra cui banche e grandi aziende, con un fatturato di 650mila euro e hanno formato e inserito nel mondo lavorativo una decina di lavoratori svantaggiati. Come funziona? «I lavoratori svantaggiati arrivano da noi dopo la segnalazione di altre coop o servizi sociali o per autocandidatura. Spesso percepiscono un compenso (stage o borsa lavoro, da 300 a 700 euro) dall’ente che ce lo manda, per un periodo tra tre e sei mesi. Una parte della dote formativa va alla cooperativa. Se superano questa fase, Gramma elabora, con loro e l’ente, progetti di reiserimento lavorativo che durano da uno a tre anni. Se la persona vale, alla fine del suo percorso è assunta dalla cooperativa, con stipendi da 700 a 1.400 euro. Alcune persone sono qualificate, altre maturano competenze nel cammino di formazione. Seguiamo al massimo due persone l’anno, più altre due, tre con borse lavoro. Per sei anni abbiamo pagato di tasca nostra la nostra formazione e abbiamo una psicologa per la supervisione. Recentemente, abbiamo usufruito per la nostra formazione di fondi di consorzi pubblici». INFO: www.grammacomunicazione.it

Io amo lavorare qui

Indagini recenti dell’Euricse hanno sottolineato l’alto grado di soddisfazione di chi lavora nelle cooperative sociali. Gli stipendi base sono più bassi di quelli di mercato, ma ci sono altri valori. «Una cooperativa sociale coinvolge i lavoratori nell’impresa in modo personale, li motiva fortemente. Loro sanno che se l’impresa va bene, hanno lavoro e quello che fanno in più va a loro beneficio e a quello degli utenti. La coop sociale non ha l’obiettivo di massimizzare il profitto, quindi può mantenere come priorità la garanzia all’utente di un servizio di qualità. La qualità, anche certificata, e prezzi contenuti sono un impegno per tantissime cooperative» afferma Borzaga. E il futuro? «Nuove cooperative si posizionano verso la domanda privata. Per esempio, locali multiformi, doposcuola (gioco, assistenza nei compiti), aggregazione e servizi per neomamme (aiuto familiare, tutoraggio coi bimbi, a casa, assistenza di una puericultrice). Grazie alle neocoop, con una politica seria di attenzione ai bisogni dei cittadini, possono crearsi 100mila posti di lavoro».

 

Silvia Messa, Millionaire 02/2012

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