Matteo Lunelli, numero uno della famiglia, premiato da EY come Imprenditore dell’anno, racconta la sua scelta di lasciare la finanza e Goldman Sachs per dedicarsi (e appassionarsi) al vino e al suo territorio. Scelta del team, internazionalizzazione dei brand. E un po’ di digitale per fare ancora meglio un prodotto della tradizione
«Qualcuno dice che i primi 100 anni siano i più difficili per chi produce vino. Io sono stato fortunato, perché sono entrato nelle Cantine Ferrari quando i 100 anni li avevano appena compiuti». Matteo Lunelli, 48 anni, amministratore delegato del Gruppo Lunelli a cui fanno capo Ferrari Trento, i vini fermi di Tenute Lunelli, il Prosecco Superiore Bisol1542, la grappa Segnana, nonché l’acqua minerale Surgiva e la cedrata Tassoni, rappresenta la terza generazione dell’azienda di famiglia, nata a Trento 120 anni fa. Nel 1952 il nonno Bruno, titolare di un negozio di vini, acquista la cantina fondata 50 anni prima da Giulio Ferrari, che non aveva eredi. Laurea in Economia in Bocconi, cinque anni di finanza in Goldman Sachs, nel 2003 Matteo Lunelli è a Londra quando riceve la telefonata dello zio Gino: “Vuoi continuare a fare il manager o impegnarti come imprenditore?”. Ma lui la decisione di entrare in azienda l’aveva già maturata, e non se n’è mai pentito. Dal 2011 è amministratore delegato del Gruppo, una holding che fa capo alla sua famiglia. Da allora il fatturato è più che raddoppiato. Presidente di Fondazione Altagamma, lo scorso novembre ha ricevuto il Premio Nazionale EY–L’imprenditore dell’anno. In azienda con lui, i tre cugini: Marcello, Camilla e Alessandro, rispettivamente direttore tecnico, responsabile marketing e comunicazione e direttore delle operations. «Il vino è un mondo meraviglioso. È espressione di un territorio, regala emozioni, è ambasciatore dello stile di vita italiano» racconta Lunelli. «Ma è un settore che richiede investimenti importanti e tempi di sviluppo molto lunghi, soprattutto nella produzione. Basti pensare che occorrono cinque anni per avere un’uva di qualità e altri cinque per fare una grande riserva. Occorre tanta, tanta pazienza. E oggi più che mai il coinvolgimento di diverse professionalità». La filiera è lunghissima, e va dai “conferenti” (piccoli produttori che vendono le uve dei loro vigneti alle aziende che le trasformeranno in vino), agli agronomi, dagli enologi a chi si occupa della produzione. Fino al controllo di gestione, il marketing e le vendite.
Viti migliori con il digitale
«Le nuove tecnologie consentono di lavorare in maniera più efficiente, anche in un settore tradizionale come il nostro» spiega Lunelli. «Con i droni si possono osservare i vigneti dall’alto per analizzare la vigoria delle piante. L’intelligenza artificiale insegna alle macchine a riconoscere i grappoli d’uva in arrivo in una cantina in base al colore, per valutarne la qualità. L’Internet of Things permette di ottenere una gestione più intelligente delle risorse idriche». Una startup di Bolzano, Bluetentacles, fornisce ai vigneti del Gruppo un sistema di sensori e centraline meteo, grazie alle quali è possibile raccogliere dati sulle condizioni meteorologiche delle colture per programmare l’irrigazione in modo intelligente. Sostenuta nel 2018 in una campagna di reward-crowdfunding, nel 2019 la startup ha iniziato la sperimentazione con Lunelli. «La digitalizzazione deve riguardare anche la comunicazione e le vendite» riprende Lunelli. «Marketing digitale, dunque, per raccontare l’identità del Trentino, il talento dei viticoltori, l’unicità dei nostri vini. Per costruire un brand. Anche le vendite hanno bisogno dell’online, proprio un mese fa abbiamo lanciato l’e-commerce di gruppo, nel quale è possibile personalizzare la propria etichetta».
Certificazione bio e carbon neutrality
Nei vigneti di montagna, in Trentino, il Gruppo Lunelli produce bollicine e vini fermi, Chardonnay e Pinot Nero. I vini rossi invece nascono in Umbria e Toscana: il Sangiovese nella tenuta di Podernovo e il Montefalco Sagrantino in quella di Castelbuono, dove l’artista Arnaldo Pomodoro ha realizzato una cantina-scultura. «Nel 2017 abbiamo ottenuto la certificazione biologica di tutti i vigneti di proprietà» racconta Lunelli. «Non usiamo insetticidi né concimi chimici. Abbiamo creato inoltre un protocollo di agricoltura sostenibile di montagna seguito da tutti i nostri conferenti (600 tra piccoli e piccolissimi viticoltori).
Infine con Ferrari Trento abbiamo raggiunto la carbon neutrality: significa che le emissioni dirette dell’azienda sono a impatto zero, e questo grazie alla realizzazione di un parco fotovoltaico sul tetto della cantina e all’acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili». La visione: creare valore non solo per gli azionisti ma per gli stakeholder (i portatori di interessi) e le comunità che ospitano le loro aziende. Gli ultimi dati sono quelli del 2021: 300 dipendenti, 134 milioni di euro di fatturato (+57% sull’anno precedente), il 18% esportato, 11 milioni e mezzo le bottiglie prodotte.
«Un’azienda legata al territorio ma che ha fatto in modo che il suo prodotto fosse riconosciuto come eccellenza in tutto il mondo, attraverso la valorizzazione dei talenti, l’innovazione e la sostenibilità. Questa la motivazione che ha portato ad assegnare a Matteo Lunelli il Premio EY – L’imprenditore dell’anno» ha commentato Massimiliano Vercellotti, EY Italy Assurance Leader e Responsabile del Premio. «Per scegliere Matteo Lunelli abbiamo intervistato 70 imprenditori. A guidarci, la sua capacità di cambiare e affrontare le sfide nonostante un contesto economico e internazionale particolarmente difficile».
Articolo tratto da Millionaire di dicembre-gennaio.