Si è conclusa il 16 ottobre a Padova la decima edizione del Galileo Festival: tre giorni dedicati ai grandi temi dell’innovazione e del trasferimento tecnologico e alle prospettive, per i cittadini e per il Pianeta, in chiave di sviluppo sostenibile.
L’evento, diretto da uno dei più autorevoli giornalisti scientifici italiani, Giovanni Caprara, ha richiamato in città moltissimi studiosi e appassionati provenienti da ogni parte d’Italia.
Sono state tre le sezioni tematiche che sono state sviluppate durante le giornate: aerospaziale, robotica e intelligenza artificiale, e biotech applicato alla medicina.
Protagonista del primo evento Paolo Nespoli, astronauta ESA-Agenzia Spaziale Europea, che ha così risposto alle domande del pubblico. Dalle più banali alle più interessanti su com’è vivere nello spazio.
Ma il vero fiore all’occhiello dell’evento è stato Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica. Avere la possibilità di fare ricerca di base e avanzata in loco e investire su questo è fondamentale per evitare la dipendenza da altri Paesi. Lo ha ribadito lo studioso all’evento di chiusura del Galileo Festival di Padova. Stati come Corea del Sud, Taiwan e la stessa Cina, dai quali noi oggi dipendiamo per i microchip, sono progrediti spendendo grandi quantità di risorse pubbliche nella ricerca. In questo modo si sono trasformati da Paesi agricoli a Paesi estremamente avanzati. Secondo l’Ocse (dati 2022) nel 2020 il nostro Paese ha investito in ricerca solo l’1,5% del Pil, contro il 2,2% dell’Europa. L’unica via per superare la crisi energetica e quella climatica, a essa strettamente collegata, è investire nella scienza.
Cresce l’economia spaziale in Italia ed è tra i 9 Paesi dotati di un’agenzia spaziale con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Nel 2021 l’Unione europea ha investito 11,5 miliardi di dollari per lo Spazio, secondo budget al mondo dopo gli Usa. L’Italia è il 6° Paese nel mondo per spese spaziali in relazione al Pil.
Con 589,9 milioni di euro, l’Italia è il terzo contribuente all’European Space Agency nel 2021, dopo Francia (1.065,8 milioni) e Germania (968,6). Secondo una ricerca degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, a fronte di questi investimenti, si stima che il mercato della Space Economy valga oggi 371 miliardi di dollari di ricavi a livello globale, di cui il 73% riconducibile all’industria satellitare.
«La Space Economy assumerà un ruolo strategico sempre più rilevante per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e transizione dell’agenda europea e italiana» hanno riferito Angelo Cavallo e Antonio Ghezzi, direttori dell’Osservatorio Space Economy.
«In questa prospettiva, per l’Italia il 2021 ha rappresentato una tappa fondamentale in cui il settore ha saputo accreditarsi come uno dei fattori chiave per la competitività internazionale e lo sviluppo sociale del Paese. La sfida futura sarà far corrispondere i risultati alle aspettative suscitate».
Secondo Serena Fumagalli, economista della direzione Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo emerge in Italia una specializzazione nella manifattura spaziale, una filiera che conta 286 imprese giovani, nate dopo gli anni 2000 e di piccole dimensioni: oltre la metà è sotto i 2 milioni di fatturato. Realtà piccole, ma iperspecializzate che vanno dalla progettazione software alla rielaborazione di dati satellitari passando per la produzione di componenti per i veicoli spaziali e per le telecomunicazioni via satellite.
Per fare il salto servono però risorse economiche che si potrebbero trovare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. «Il PNRR sull’osservazione della Terra mette 1 miliardo. Siamo l’unico Paese ad avere un progetto istituzionale di questo tipo».
Ricordiamoci di Samantha Cristoforetti, che è tornata pochi giorni da sulla Terra dopo 170 giorni sulla Stazione Spaziale Internazionale diventando la prima donna europea a guidare la stazione spaziale dedicata alla ricerca scientifica nell’orbita terrestre.