La startup di un italiano a Londra diventa un unicorno

Di
Tiziana Tripepi
5 Maggio 2022

Perché Londra? «È la capitale del fintech, volevo creare un’azienda che avesse in Europa il suo mercato principale».

 

Francesco Simoneschi è il fondatore di TrueLayer, la più grande piattaforma di open banking in Europa e una delle più grandi al mondo. Grazie all’ultimo finanziamento di 130 milioni da parte del fondo Tiger Global Management, è diventata un unicorno (startup valutata oltre 1 miliardo di dollari). Romano, 37 anni, appassionato di informatica sin da bambino («Chiedevo ai miei genitori di accompagnarmi alle conferenze»), fonda la sua prima startup a 19 anni.

Si chiama DomainsBot e presto ne vende una parte a una società tedesca, che gli chiede di aprire una filiale in Silicon Valley. Si trasferisce a San Francisco e dopo 2 anni lancia Staq.io, che aiuta gli sviluppatori di videogiochi a capire come fidelizzare i giocatori. Nel 2014, insieme a Stefano Bernardi e Simone Brunozzi, apre Mission and Market, un fondo di venture capital che consente a investitori italiani di finanziare startup americane, che a oggi ha investito in più di 50 startup. Due anni dopo, è Londra la sua nuova destinazione e il fintech la sua nuova sfida. TrueLayer oggi processa decine di miliardi di dollari di pagamenti e conta 400 dipendenti in tantissimi Paesi (sedi principali: Londra, Milano, Dublino e Sydney). «L’open banking consente di “aprire” l’infrastruttura finanziaria a terze parti, e il Regno Unito è il paese al mondo più avanzato in questo senso».

Cos’è l’open banking in parole semplici? «L’open banking consente la creazione di network di pagamento e di scambio di dati bancari alternativi agli oligopoli tradizionali, principalmente i circuiti di carte. Questo comporta l’abbattimento dei costi per accettare pagamenti digitali e una maggiore sicurezza ed esperienza di pagamento per gli utenti finali».

Londra ospita 2mila fintech, un numero superiore a quello di New York o San Francisco. Qual è il segreto? «Londra ha un bellissimo ecosistema, composto dalle maggiori università al mondo, un vasto mercato dei capitali ed è sede di tantissime aziende leader su scala mondiale. Il dna della città è attrarre talento da tutto il mondo».

Il successo nel campo dell’innovazione si raggiunge all’estero o esiste una strada anche in Italia per fare bene? «L’Italia, in particolare Milano, sta diventando un posto molto attrattivo per fare innovazione. Amazon, Facebook, Spotify, Klarna, Satispay, Scalapay hanno aperto sedi importanti a Milano e stanno assumendo software engineer e product manager. Nei prossimi 5-10 anni questi professionisti si saranno formati e avranno acquisito il know-how per operare in aziende su scala globale, alcuni creeranno nuove startup. Sono sicuro che ne potrà nascere una generazione di imprenditori di successo. Ma per supportarli servirà un ecosistema avanzato di accesso ai capitali e una burocrazia più attenta ai loro bisogni».

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