L’escalation dei negozi compro oro

Di
Redazione Millionaire
16 Agosto 2012

Aprono ovunque negozi dove si vende oro usato in cambio di contante. Luci (e ombre) di un business che cavalca la crisi

Spuntano in tutta Italia negozi dove chiunque può vendere oggetti in oro e ricevere in cambio contanti. Subito. La crisi spinge a rinunciare a gioielli che non usiamo più. C’è anche chi compra oro, come forma di investimento e bene rifugio. In effetti, le quotazioni del metallo, stabilite dalla Borsa di New York e di Londra, con due fixing quotidiani, sono in continua ascesa, mentre la borsa vacilla e il mattone non convince. Ma chi sono i clienti dei compro oro? «Gente che ha bisogno di liquidità immediata, magari con una bolletta in mano da pagare. Oppure che vuole fare un regalo, un viaggio. In un giorno, ne arrivano anche una decina. E se ne vanno spesso con cifre inferiori a 1.000 euro» racconta Claudine, che gestisce un compro oro di una catena lombarda, con una ventina di punti di proprietà di quattro soci. «Pesiamo e valutiamo ogni pezzo, anche con l’uso di acidi, per verificare la quantità d’oro presente. In genere, le collane sono a 18k (carati), monete e altro a 24k. Il corrispettivo in euro cambia a seconda delle quotazioni dell’oro. Oggi, per esempio, con l’oro puro a più di 41 euro, un pezzo a 18k (non puro) lo valutiamo 27 euro al grammo. Le pietre le restituiamo ai clienti. Diamanti e orologi sono valutati da gemmologi ed esperti nella sede centrale». Un guadagno onesto del negoziante, secondo gli operatori, dovrebbe aggirarsi su una cifra di 4-6 euro per ogni grammo di oro acquisito. C’è chi lo porta fino a 13 euro al grammo. Il negoziante poi vende a una fonderia l’oro o, nel caso di una catena in franchising, lo cede all’affiliante che pensa alla fusione.

Occhio alla legge

I negozi aprono a frotte e guadagnano bene. Benissimo, quando scatta l’illegalità. A Saronno, a novembre, un’indagine delle Fiamme Gialle ha portato alla luce una maxievasione di una catena locale di compro oro: circa 1,3 milioni di euro sottratti al Fisco. Iva non versata per circa 450mila euro, ricorso illegittimo alla normativa fiscale agevolata sui rottami d’oro, registri di pubblica sicurezza non regolari, tre negozi su sei completamente sconosciuti al Fisco. Uno spaccato impressionante della realtà nazionale.
«I punti vendita sono cresciuti del 40% negli ultimi anni» afferma Ranieri Razzante, consulente della Commissione parlamentare antimafia e presidente dell’Associazione italiana responsabili antiriciclaggio (Aria), che ha presentato in Parlamento una proposta di legge per regolamentare il settore. «Molti compro oro non sono in regola con la legge che regola l’operatività del settore aureo, la 7/2000, che lascia ampi spazi all’interpretazione» sostiene Razzante. «Oggi per aprire un compro oro basta solo la licenza della questura e la fedina penale pulita del titolare. Questi negozi rendono facile il riciclaggio. Grosse cifre possono confluire nella liquidità per l’apertura. In caso di nero o di ricevute non controllate, dove l’importo indicato è molto inferiore al denaro ricevuto, i soldi dati e presi in più non lasciano traccia. C’è poi il problema della ricettazione. Molti negozi contravvengono alla legge (Tulps, testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), che impone di trattenere per 10 giorni la merce, affinché le autorità possano verificare se si tratta di refurtiva. Gli oggetti e le generalità di chi vende dovrebbero essere scritte in un apposito registro, cosa che spesso non avviene. Molti fondono l’oro appena lo ricevono. E l’oro può essere stato rubato. I compro oro disonesti guadagnano sui disperati che preferiscono avere più denaro, non importa se sporco, senza difficoltà. Inoltre, non potrebbero pagare in contanti più di 1.000 euro, per la norma antiricilaggio. Chi lo fa, è soggetto a una sanzione fino al 40% della transazione». Secondo Razzante, i negozi dovrebbero ottenere un bollino di qualità, come i grossisti d’oro iscritti al registro obbligatorio detenuto dalla Banca d’Italia, che potrebbe vigilare. Dietro ogni compro oro dovrebbe esserci una società con un capitale versato, di cui si possa valutare la provenienza, e soci con caratteristiche di onorabilità, esperienza da almeno tre anni nel settore e un esame di qualifica professionale. Ultimo pericolo per il cliente, l’usura: «Alcuni compro oro accettano gioielli in cambio di prestiti, di cui poi pretendono la restituzione, per riavere il gioiello, a tassi altissimi. Quest’attività la può svolgere solo il Monte dei pegni».

Le luci di un grande business

Tra i compro oro c’è chi guadagna onestamente. Concordano sul fatto che l’attività deve seguire regole precise, anche se non tutti condividono la necessità di diventare operatori professionali, iscritti all’Uic, Ufficio italiano cambi, autorizzati dalla Banca d’Italia. Requisito indispensabile per Andrea Zironi, presidente dell’Anopo, operatore professionale e titolare della Mercato dell’Oro (www.mercatodelloro.eu), 70 pv in Lombardia, in rete tra loro. «Bisognerebbe che anche i compro oro fossero assoggettati alla legge 7/2000. Molti di loro non fanno solo commercio di materiale aureo, non mettono solo in vendita i gioielli usati, ma operano come intermediatori finanziari. Prendono l’oro, lo fondono, lo trasformano e lo vendono come oro industriale, ad aziende orafe o di altri settori. Lo trasformano anche in oro puro, che diventa oggetto di investimento. E questo lo possono fare solo gli operatori Uic».
Il discorso dell’Iva è complicato. Semplificando, l’imposta si deve applicare sul margine che va al negoziante sulla compravendita di oggetti d’oro. Ma molti non lo fanno, puntando sul fatto che l’oro è un rottame, destinato alla fusione. Ma in questo regime di non applicabilità possono rientrare solo gli operatori professionali. Risultato: confusione, consultazioni con commercialisti, interventi della Finanza e sanzioni per milioni di euro.
«La legge non è chiara, fa acqua da tutte le parti. Alcuni aprono senza alcuna esperienza nel settore. Noi abbiamo allontanato alcuni affiliati non affidabili. E puntiamo a forme di consocietà, per aprire nuovi negozi, e a fare iscrivere gli affiliati con più negozi come operatori professionali alla Banca d’Italia» aggiunge Mario Fabiano, titolare della catena Banco Metalli italiano (www.bancometalliitaliano.it), 216 compro oro, 82 affiliati, un fatturato di 80 milioni di euro. Hanno anche una loro fonderia, raccolgono l’oro della catena e di altri operatori. Ed esportano all’estero, dopo la fusione. «L’iscrizione all’Uic permette di operare in modo più lineare. Ma bisogna avere una certa forza economica, essere una società di capitali, con un capitale versato di almeno 150mila euro, creare una catena di almeno cinque-sette negozi».
Mercato Veneto dell’oro (www.mercatovenetodelloro.it), operatore Uic, 50 negozi, di cui 20 di proprietà, sta puntando sulla formazione, con pacchetti di affiliazione più costosi che offrono corsi di almeno una settimana (25mila euro per l’apertura chiavi in mano).
Massimo Viggiani, di Euro x oro (www.euroxoro.it), 40 punti vendita, 15mila euro l’investimento massimo per un negozio, ha scelto per ora di non iscriversi all’Uic. «Operiamo solo con gioielleria usata, non con oro da investimento. Ci appoggiamo a una fonderia, che esporta poi l’oro in Svizzera e negli Emirati. Gestiscono loro il discorso dell’Iva. Intanto, sconsigliamo vivamente agli affiliati di compiere illeciti: l’attività funziona bene lo stesso».
Sulla necessità di una condotta onesta insiste da 10 anni anche Nicola Laurenza, iscritto all’Uic, titolare della catena Oro in euro (www.oroineuro.it), 15 negozi diretti e 150 affiliati, un fatturato da 51 milioni di euro, un milione d’utile. «Meglio rinunciare a un parte del guadagno e attenersi alla legge. Le interpretazioni corrette delle norme già ci sono. Manca la pressione da parte degli organi di controllo, anche se gli interventi della Finanza sono aumentati. Le conseguenze penali degli illeciti sono pesanti. Ma è sbagliato dire che tutti i compro oro dovrebbero iscriversi all’Uic: chi fa solo compravendita di oro non è tenuto a farlo. La vera piaga è il ritiro in nero».

consigli pratici per i clienti

1. Attenzione alle bilance. Verificate che siano omologate da uffici metrici. E bene in vista.

2. Pesate prima la merce, a casa.

3. Informatevi prima sulle quotazioni dell’oro.

4. Chiedete una valutazione in diversi compro oro.

5. Prendete la cifra giusta. Né troppo né poco.

6. Chiedete la fattura.

In franchisin

consigli pratici per chi vuole affiliarsi

1. Sospettate di chi chiede una liquidità eccessiva per farvi aprire o vi offre capitale con prestito agevolato (pericolo riciclaggio).

2. La richiesta di una fideiussione è corretta.

3. Informatevi sui trascorsi del titolare dell’impresa o della rete in franchising.

4. Leggete il contratto: deve comprendere e disciplinare tutti gli aspetti dell’attività nel rispetto della normativa e mantenere la responsabilità di chi si affilia.

5. Pretendete vetri antiproiettile e vetri di protezione dell’operatore.

6. Spendete il necessario per la sicurezza: allarmi e telecamere a circuito chiuso. E allertate le autorità per oro di dubbia provenienza o persone sospette.

Silvia Messa, Millionaire 1/2012

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