Gli eroi dell’economia? Gli imprenditori, anche quelli immigrati
La presentazione del Rapporto Idos – Cna presso il Parlamento Europeo di Roma ha fatto emergere, o meglio ha ribadito, la realtà sorprendente e spesso sottovalutata rappresentata dagli imprenditori immigrati in Italia. Giovani e intraprendenti (il 75,8% ha meno di 50 anni), questi imprenditori si dedicano principalmente ai servizi, guidando il 10,8% delle aziende italiane. Tuttavia, il loro contributo va ben oltre i numeri, permeando le fondamenta stesse dell’economia nazionale.
La scelta di intraprendere l’attività imprenditoriale rappresenta per molti di loro un’opportunità di auto-impiego e di avanzamento socio-economico. È un tentativo di migliorare le proprie condizioni lavorative e di emanciparsi dalle rigide gerarchie che spesso limitano le opportunità nel nostro Paese.
I numeri del fenomeno
Una delle sfide principali nella comprensione di questa realtà è la mancanza di dati accurati a livello comunitario. Le discrepanze nelle regolamentazioni e definizioni tra gli Stati membri complicano la raccolta di informazioni dettagliate sull’imprenditorialità immigrata. Tuttavia, attraverso sforzi congiunti e analisi attente, emergono quadri illuminanti sulle dinamiche di questo universo.
In Italia, l’imprenditorialità immigrata è un fenomeno in crescita. Mentre le imprese gestite da italiani hanno registrato una flessione del 5,0% nel periodo 2011-2022, quelle condotte da migranti hanno visto un notevole aumento del 42,7%. Questo trend ascendente ha portato il numero totale di imprese gestite da migranti a 647.797 alla fine del 2022, rappresentando il 10,8% del totale nazionale.
Le regioni centrosettentrionali ospitano la maggior parte di queste imprese (77,3%), con la Lombardia e il Lazio in testa alla lista. Tuttavia, anche nel Mezzogiorno si registra una presenza significativa, specialmente in Campania, dove le imprese a conduzione immigrata superano la soglia delle 50mila unità.
La diversità settoriale delle imprese gestite da migranti è sorprendente. Sebbene prevalgano nel settore dei servizi (59,0%), esse si distinguono anche nel commercio (31,8%) e nell’edilizia (23,9%). Inoltre, si è osservato un aumento delle società di capitale, che costituiscono ormai quasi un quinto di tutte le attività autonome dei migranti.
Molte le donne imprenditrici
Un aspetto significativo è la presenza sempre più rilevante delle donne immigrate nel panorama imprenditoriale. Rappresentano il 32,8% del totale a livello europeo e il 28,5% in Italia. Esse si concentrano principalmente nei servizi, contribuendo in modo sostanziale a settori cruciali come l’agricoltura, la cura e l’assistenza alle persone.
Un potenziale da valorizzare, semplificando la gestione delle imprese
L’imprenditorialità immigrata è un pilastro per l’economia italiana, ma anche un esempio di dinamismo e resilienza. Tuttavia, affronta sfide significative, tra cui ostacoli giuridici, burocratici e socio-economici che spesso scoraggiano la crescita delle imprese straniere in Italia. Per sbloccare appieno il loro potenziale, è essenziale fornire un ambiente favorevole e superare tali barriere.
L’Europa nel suo complesso presenta una situazione simile, con Germania, Spagna, Italia e Francia che guidano l’imprenditorialità straniera nell’UE. Il loro successo è cruciale per lo sviluppo sostenibile e inclusivo dell’Unione Europea nel suo insieme.
Per massimizzare il potenziale imprenditoriale degli immigrati, il rapporto propone tre linee guida fondamentali: sostenere lo sviluppo delle imprese immigrate, superare gli ostacoli giuridici e socio-economici e valorizzare il potenziale innovativo di queste imprese, soprattutto quelle guidate da giovani di nuova generazione.
Gli imprenditori immigrati non sono solo motori dell’economia, ma anche agenti di cambiamento sociale e culturale. Riconoscere e valorizzare il loro contributo non solo arricchisce il tessuto economico del Paese, ma promuove anche l’integrazione e la diversità, facendo dell’Italia un luogo migliore per tutti.