Giuseppe Donvito / fonte theinnovationgroup.it

L’Italia è il “Place to be” per la tecnologia innovativa

Di
Melania Guarda Ceccoli
3 Febbraio 2023

Intervista al nuovo Presidente di Italian Tech Alliance, Giuseppe Donvito che ci parla di occasioni e investimenti nel settore tecnologico.

 

Nel 2022 gli investimenti in start-up, scaleup e imprese innovative hanno superato gli

€1,8 miliardi in 323 round, registrando una crescita per ammontare investito del 48% rispetto al 2021. Con questi numeri lItalia risulta il Paese con la crescita in percentuale più sostenuta in Europa.

Questa la fotografia che emerge dallOsservatorio sul Venture Capital in Italia, realizzato da Growth Capital, il primo advisor italiano specializzato in aumenti di capitale e operazioni di finanza straordinaria per start-up e scaleup, in collaborazione con Italian Tech Alliance, lassociazione italiana del Venture Capital, degli investitori in innovazione e delle start-up e PMI innovative.

Siamo andati a intervistare il nuovo Presidente di Italian Tech Alliance, Giuseppe Donvito, che fresco di nomina ci racconta un podi più di quello che andrà a fare nei prossimi mesi.

Quali sono gli obiettivi di Italian Tech Alliance nei prossimi mesi?

Questanno vorremmo puntare a tre obiettivi:

-rivedremo quello che viene chiamo lo Start Up Act, tutta quella serie di regole che erano partite in maniera molto positiva, ma che essendo state costituite 10 anni, vanno svecchiate e riviste. Consiste sia in incentivi fiscali sia in tematiche più strutturali come il technology transfer, ossia tu hai unidea che nasce alluniversità e deve essere finanziata. Quello ha generato tante start up nel Regno Unito, mentre in Italia va sistemato.

-internazionalizzazione dellecosistema italiano: lattrazione di fondi per le start up e per i fondi stessi. Vorremmo anche stimolare investimenti da parte di investitori istituzionali italiani (assicurazioni, pensioni)

-Italian Tech deve essere lorganizzazione di riferimento non solo per i fondi o la parte finanziaria, ma anche per le start up e tutto lecosistema. Vogliamo che sia rappresentativa di tutti perché unendo le forze si arrivi a stimolare i primi due punti e quindi le attrazioni di investimento.

Come viene vista lItalia oggi da parte degli investitori?

Oggi il nostro ecosistema tech è diviso in 3 macro attori:

-la start up

-i fondi

-chi a sua volta dà denaro ai fondi stessi

In questa filiera hai due possibilità a livello internazionale: che ci siano dei fondi esteri che investono nelle start up italiane assieme o meno ai fondi italiani. Oppure che ci siano i founders che vivono allestero e che vengono in Italia perché trovano un ecosistema più fertile per realizzare la propria start up, ossia quello che accadeva in Silicon Valley.

Il primo fenomeno è in crescita. I fondi esteri che vogliono investire in società italiane stanno aumentando per due motivi: da una parte c’è un favorevole ambiente anche dal punto di vista valutativo”, ma c’è anche una consapevolezza da parte degli stessi italiani. I numeri devono ancora venire, ma nei prossimi 5 anni aumenteranno.

Per quanto riguarda invece attrarre start up con vocazione più internazionale, ossia diventare noi la futura Silicon Valley, siamo un popiù in ritardo però è quello che stiamo cercando di fare.

Creare un ecosistema in cui la gente sa che c’è tecnologia e innovazione, ma c’è anche un substrato che ti aiuta a livello di infrastruttura. Arriverà il nostro momento.

E per quanto riguarda il crowdfunding in Italia?

Siamo in linea con il resto dEuropa, sono cresciute anche tante piattaforme. È solo una parte della catena del valore del venture capital. Bisogna stare attenti perché deve essere organizzato bene, ma per me è una forma di finanziamento che anche in Italia ha i suoi sviluppi tradizionali.

Come sono cambiati gli investitori nelle start up e nei fondi negli anni?

Nelle start up c’è stato un significativo incremento di investitori istituzionali, anche governativi, nei fondi di venture capital e c’è stato un incremento sia numerico sia qualitativo. Pian piano si stanno avvicinando sempre di più le classiche casse e fondazioni, cosa che fino a 6-7 anni fa era quasi impossibile. Quindi questo testimonia due cose: la crescita dellecosistema e la possibilità di avere anche ritorni economici. Sui fondi vale la stessa cosa.

Ci sono due trend:

-Sicuramente un aumento di investimenti (siamo vicini ai 2 miliardi di euro)-sta cambiando anche la composizione qualitativa. Ci sono più fondi esteri, ci sono più family office e si sta diversificando la catena del valore di chi investe.

Vedo un miglioramento sia a livello quantitativo che qualitativo, come la diversificazione delle fonti di denaro.

Quali sono i Paesi dove investire oggi?

Sicuramente Francia, Germania e Spagna. Londra la sentiamo un pomeno forte per due motivi tangibili: come ambiente start up risulta meno attrattiva perché non si hanno più rapporti consolidati e sono difficili, a livello di gestione, le relazioni con il resto dEuropa. Poi c’è anche un fenomeno a monte: sono venuti meno gli investimenti di grosse istituzioni come lo European Investment Found, che non ha più finanziato tanti fondi inglesi e quindi c’è stata una caduta post Brexit.

E lItalia rispetto a Francia e Germania?

Sempre un poin ritardo per ovvi motivi numerici. Noi siamo al 20-30% di investimenti rispetto a Francia e Germania, però lItalia è diventata il the place to be”, il posto dove esserci sia per convenienza economica, sia perché negli ultimi 10 anni c’è stata una maturazione dei founders, quindi la qualità delle persone che gestiscono le start up è molto migliorata. In questo momento devi investire in Italia perché trovi le condizioni ideali.

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