L’unione fa la forza (e le aziende fanno rete)

Di
Redazione Millionaire
23 Agosto 2012

In Italia il contratto di rete è ancora poco noto. Che cos’è, come funziona, vantaggi e limiti di uno strumento che aiuta le imprese a fare network. Rimanendo indipendenti

[blockquote align=”center” variation=”orange”]Sono un imprenditore come tanti in Italia. Lavoravo, fino a quando gli Stati Uniti hanno creato una nuova legge che mi impediva di continuare a esportare i miei prodotti: avrei dovuto fare una miglioria impensabile per un’attività come la mia.

Come risolvere il problema?Ho creato una rete d’impresa. L’unione di più realtà simili ci ha consentito un volume d’affari adatto a farci ascoltare dai fornitori. Abbiamo cambiato i nostri prodotti secondo le richieste americane e siamo riusciti a ottenere una certificazione di qualità[/blockquote]

ha raccontato Aldo Bonomi, presidente del Gruppo Bonomi e vicepresidente per le politiche territoriali e i distretti industriali di Confindustria.

A lui si deve una buona parte della mediazione tra Confindustria e il Governo per la nascita di questo nuovo contratto d’impresa: uno strumento di aggregazione, che ha l’obiettivo di agevolare le imprese con uno scopo comune.

Certo, per unire le forze delle imprese c’è bisogno di un cambio di mentalità: ma chi l’ha fatto ne ha ricavato numerosi vantaggi

aggiunge Bonomi.

Ma vediamo insieme tutti i dettagli dello strumento.

Cos’è la rete d’impresa?

Si parla di contratto di rete per indicare un’aggregazione a cui possono accedere solo imprenditori: esclusi i professionisti e la pubblica amministrazione.

La rete è un modo con cui le imprese si possono organizzare per operare insieme e ottenere un risultato che crea valore. Le imprese instaurano quindi relazioni di collaborazione e coordinamento per realizzare obiettivi condivisi

spiega Paolo Di Marco, presidente della società di consulenza Pdfor (www.pdfor.com).

Secondo la Legge di inquadramento, cioè la 122/2010, gli scopi comuni devono riguardare innovazione e competitività di mercato.

Quante imprese la formano?

La rete può essere formata da un minimo di due imprese.

Non ci sono limitazioni geografiche (se un’impresa è straniera, è necessario che vi sia una sua stabile organizzazione in Italia) né di grandezza delle attività o di ragione sociale. Le imprese si mantengono indipendenti sotto il profilo della proprietà e instaurano relazioni stabili, indirizzate da una forma di coordinamento.

Attenzione, però: il contratto di rete non crea un nuovo soggetto giuridico né una nuova attività d’impresa

avverte l’avvocato Franco Casarano, partner dello Studio LS Lexjus Sinacta (www.lslex.com).

In termini pratici, significa che la rete può avere un Codice fiscale e figurare come intestataria di un conto corrente bancario, ma non può aprire una Partita Iva ed emettere fatturazioni. Nel caso di una fattura intestata alla rete, l’Iva non può essere recuperata.

Come si fa il contratto?

Il contratto di rete va steso da un notaio oppure con una scrittura privata autenticata. Inoltre è necessaria la sua registrazione presso il Registro delle imprese di riferimento di ogni membro della rete: l’accensione del contratto infatti si considera a partire dall’ultima registrazione.

La stessa trafila è prevista anche quando si vuole modificare il contratto o si aggiunge un nuovo membro alla rete.

Nel contratto, in aggiunta alla denominazione dei membri, andranno indicati gli obiettivi e gli strumenti per misurare il loro raggiungimento, il programma della rete, la durata del contratto, le modalità di adesione o recesso.

Serve un contratto di rete?

In rete si possono condividere processi, ottenere una maggiore capacità contrattuale nei confronti di fornitori e istituzioni, creare partnership per la ricerca, sviluppare alcune parti della produzione o l’espansione commerciale…

chiarisce Di Marco.

Un esempio pratico: una rete d’imprese può condividere gli investimenti necessari alla realizzazione di prototipi e impianti pilota, cioè iniziative in genere molto costose e spesso inavvicinabili.

Quali sono i vantaggi?

Nella rete i vari membri hanno lo stesso peso e le aziende più piccole possono stringere accordi con grandi organizzazioni senza timore di scomparire in fase decisionale.

La rete dà maggiori garanzie verso terzi, ha una maggiore capacità di investimento e innovativa, fa convergere competenze diverse. Inoltre mantiene la flessibilità delle aziende che la compongono e consente la collaborazione con imprese straniere

puntualizza Di Marco.

Non solo: la legge prevede sgravi fiscali sotto forma di sospensione delle imposte sugli utili, a patto però di aver inserito nel contratto di rete anche l’istituzione di un fondo patrimoniale comune.

Alcune banche (Bnl, www.bnl.it, Intesa Sanpaolo, www.intesasanpaolo.com e Unicredit, www.unicredit.it) prevedono poi un rating agevolato per le reti che chiedono loro finanziamenti, previa l’analisi del contratto di rete e della coerenza economica del business.

Quali sono i limiti?

L’impossibilità di fatturazione e di recupero dell’Iva sono un ostacolo all’accensione concreta di molti business. Basti pensare alle complicazioni burocratiche quando è necessario acquistare materiali o strumentazioni che, allo scadere del contratto di rete, andranno ripartiti tra i vari membri.

Per gli addetti ai lavori, a seconda dei casi è possibile adottare soluzioni diverse, come per esempio la nomina di un organo di gestione che si incarica di emettere o onorare fatture per poi suddividere gli importi agli altri membri della rete. Ma si tratta spesso di escamotage che complicano la vita amministrativa della rete.

Altra criticità è la possibilità di opportunismo dei partecipanti, che possono appropriarsi di conoscenze e sfruttarle all’esterno della rete, o sottrarre in modo sleale clienti o personale

conclude Di Marco.

AAA consulenza gratuita offresi

Mettere a punto uno studio di fattibilità di rete d’impresa a costo zero:

lo Studio Baldin Euroquality (www.studiobaldin.it), in collaborazione con la Camera di commercio di Milano, offre a due imprese della provincia meneghina una consulenza (studio di fattibilità, bozze di contratto di rete e regolamenti, in aggiunta al supporto legale e fiscale) per creare una nuova rete d’impresa. L’iniziativa è valida fino al 31 marzo.

Credo che le facilitazioni fiscali e la possibilità di ottenere un migliore rating dalle banche, pur mantenendo l’indipendenza, siano un aiuto concreto per le Pmi che intendono aggregarsi ad altre aziende per reagire alla contrazione dei mercati

commenta Andrea Baldin.

Non solo rete. Le altre forme di aggregazione

Oltre alle reti d’impresa esistono altre modalità di aggregazione imprenditoriale. Eccole, in sintesi.

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  • Associazione temporanea d’impresa (Ati): forma di cooperazione tra imprese per partecipare a uno specifico progetto, per esempio una gara d’appalto. Una delle imprese, detta mandataria, ha un peso prevalente all’interno del gruppo.
  • Consorzio: contratto tra imprese che consente la creazione di una nuova attività, diversa da quella individuale. Con il consorzio ogni aderente potrebbe rinunciare a una parte del proprio mercato.
  • Contratto di associazione in partecipazione: contratto in cui le aziende instaurano una partecipazione degli utili come conseguenza dell’apporto di lavoro, capitale o entrambi.

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Quanto costa creare una rete?

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  • da 2mila-3mila euro: costi notarili a seduta (a seconda se è necessario firmare accordi intermedi).
  • da 10mila-20mila euro: costi per le consulenze specialistiche sulla fattibilità del programma di rete e sulla redazione del contratto.

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Maria Spezia, Millionaire 3/2012

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