Avete un ristorante e cercate un’idea per arrotondare? La formula “all you can eat” attira nuovi clienti. Attenzione, però, a non strafare
La formula all you can eat (cioè: mangia tutto quello che puoi), partita Oltreoceano si è diffusa ovunque anche in Italia.
È paragonabile a un menu a prezzo fisso senza limite a ciò che si può mettere nel piatto.
A Curno (Bg), Rosso Vino offre il “giropasta” a 10 euro. A Bolzano va forte Duca, ristorante cino-giapponese rinforzato con piatti cubani e italiani: 400 coperti e prezzo fisso a pranzo (10,90 euro) e cena (20,90).
A Torino il Ginza Sushi King (pranzo a 9,80 euro, cena a 16,80) serve piattini giapponesi su una rotaia automatica….
Ma la formula funziona? Può essere una strategia anticrisi?
Il metodo non è nuovo ed è tipico dei momenti di stanchezza del mercato: si gioca sul fattore emotivo che una proposta di questo tipo suscita nei clienti, ben sapendo però che, secondo gli studi, le persone non possono mangiare più di un tot
spiega Giacomo Pini, fondatore della GP Studios, società di consulenza per la ristorazione e il turismo (www.gpstudios.it).
Per funzionare, questi locali devono fare concorrenza alle trattorie e quindi spingere sull’appeal di uno scontrino contenuto: per far quadrare il bilancio è pertanto necessario risparmiare sul personale e puntare sul servizio a buffet. Purtroppo diverse ricette di casa nostra, come cotoletta o lasagne, si prestano poco perché meno gustose se fredde
sottolinea Pini.
Alternativa nazionale percorribile è la verdura, consumabile fredda oppure conservabile tiepida in uno scaldavivande, così come alcune ricette con il riso.
Chi usa la fantasia poi riesce a modulare la cucina italiana con la strategia all you can eat: è il caso di Cinzia Nebuloni (54 anni), che lo scorso dicembre ha aperto a Milano La Sidreria (http://lasidreria.it, www.lenottidimilano.com):
Serviamo al tavolo seguendo un menu fisso composto da oltre 10 portate: alla cassa non ci sono sorprese, il prezzo è 25 euro, i piatti spaziano dalla polenta con taleggio e funghi al gulash alla triestina fino alla crema con mascarpone. In genere le persone mangiano senza affogarsi di cibo, ma noi siamo pronti a servire bis o tris. Per differenziarci abbiamo pensato al sidro: una bevanda su cui molti hanno pregiudizi, ma che abbiamo trovato in versione adatta al pasto.
L’avvertimento importante, per chi usa personale in sala per il servizio al tavolo, è quello di una limitazione molto attenta del costo della materia prima, pena un veloce insuccesso di tutta l’attività.
Il ricorso a una superficie di sala abbastanza estesa, che garantisca un’affluenza numerosa, si traduce in una garanzia di rientro dalle spese: nel ristorante bolzanino Duca, un rapido calcolo di costi e benefici fa pensare che dal 500° cliente in poi il locale inizi guadagnare.
È dunque fondamentale fare una promozione seria di marketing, per attirare sempre una clientela numerosa. Importantissima anche l’analisi a priori dell’attività: quali sono i flussi di clienti? Cosa vogliono mangiare? È necessario mettere un bar per il consumo del caffè di fianco alla cassa? Cosa propone la concorrenza in zona?
avverte Pini. Le serate a tema, come le cene per i single, sono valide per attirare l’attenzione.
Noi programmiamo cene con menu diversi, per esempio di cucina francese o spagnola, in cui abbiniamo bevande differenti dalle solite
conferma Nebuloni. Anche la decisione sul prezzo “fisso” deve essere ponderata: se in alcune città l’impatto emozionale di uno scontrino da 9,90 euro riesce a far quadrare il bilancio, nei centri in cui gli affitti sono più penalizzanti è necessario un aggiustamento di tre-quattro euro per il pranzo e di qualche altro per la sera.
Da notare infine che, come i clienti si preparano a un all you can eat con vigore, lo stesso deve dirsi per le finanze degli esercenti.
Un ristorante con circa 100 coperti, misura minima ideale per l’attività, necessita di sei-sette collaboratori (tre cuochi, una persona alla cassa, una hostess per l’accompagnamento in sala, una-due persone per la pulizia in sala)
calcola Pini.
L’investimento iniziale si aggira così sui 200mila-300mila euro.
Il fatturato? Meglio puntare a incassi da 700mila-800mila euro l’anno per essere sicuri di aver trovato gli ingredienti giusti.
5 regole per partire
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- LA CUCINA. Il tipo di cucina giusta alla location del ristorante: se la clientela è più tradizionale, meglio optare per la pizza, il riso o altri piatti italiani consumabili anche freddi. Da analizzare quindi chi saranno i futuri clienti: studenti? Impiegati in pausa pranzo? Famiglie la sera e il fine settimana?
- LA MATERIA PRIMA. Il prezzo della materia prima va bilanciato con quello del personale di sala necessario.
- IL LOCALE. L’ideale è disporre di un locale con almeno 100 coperti.
- IL MARKETING. Programmare un lancio e una promozione marketing per attirare clientela numerosa. Le iniziative speciali (serate a tema, ricorrenze…) vanno organizzate e segnalate con cura.
- LO SCONTRINO GIUSTO. La cifra psicologica di 9,90 euro attira, ma può essere necessario ritoccarla: per far quadrare i conti dell’affitto e dell’acquisto di materia prima, oltre che quelli per il personale.[/styled_list]
Ci facciamo un giropizza?
L’idea non è nuova, ma piace sempre: il “giropizza” propone pizza a volontà, in genere servita al tavolo e in un crescendo di sapori, perché si parte dalla semplice Margherita o con una dietetica Siciliana (senza mozzarella) per arrivare a ricette complicate e fantasiose con pesce, salumi…
A Empoli (Fi) ricorre a questa formula Pizza e Godi (www.pizzaegodi.it), locale con 40 coperti inaugurato un anno e mezzo fa da Mihaela Popescu (35 anni).
[blockquote align=”center” variation=”orange”]La concorrenza in zona è agguerrita, così abbiamo voluto essere originali rispetto agli altri: in zona, nessuno propone il giropizza.
Date le misure limitate della sala, bastano due persone durante la settimana, che diventano tre nei weekend. Il prezzo è più che abbordabile: pizza a volontà più una bevanda a 10 euro per tavolate di almeno quattro persone.
Chi lo preferisce può ordinare alla carta (pizze da 4 euro, spaghetti da 3,80 euro, dessert da 3 euro…). Per attirare ancora più clienti, abbiamo organizzato eventi speciali: un trofeo per chi mangia più pizza, cena gratis per chi indovina dei numeri estratti a sorte. E possiamo dire che la formula funziona[/blockquote]
racconta Popescu.
Come lei, altri esercenti hanno creato variazioni per fare centro con il target di riferimento: a Milano Troppapizza (www.troppapizza.com, pizza e caffè a 12 euro) propone il lunedì il “girosingle” e il venerdì un gioco da tavolo.
Anziché portare in tavola una pizza che i clienti devono terminare per essere di nuovo serviti, il locale fa girare i camerieri che propongono fette già tagliate.
A differenza di altri piatti tradizionali italiani, la pizza si presta all’all you can eat perché il costo della materia prima è molto basso: possibile quindi giocare su più personale senza appesantire troppo il bilancio
commenta Pini.
Istruzioni per l’uso
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- Cerca il locale adatto e fai subito l’analisi della concorrenza, del format… Così è possibile elaborare il business plan (cioè un piano dettagliato dello sviluppo dell’attività).
- Occhio alla “licenza”. Per aprire un’attività di somministrazione alimenti e bevande (bar, ristorante, pizzeria…), secondo la Legge 287/1991 è necessaria un’autorizzazione rilasciata dal sindaco del Comune in cui avrà sede il locale. In genere i permessi sono rilasciati in numero limitato e, per questo motivo, il loro valore di mercato varia dalle decine di migliaia di euro, nei centri più piccoli, fino a 100mila euro e più nelle città più popolate.
- Servono i “requisiti morali” (non aver ricevuto condanne), in aggiunta a quelli professionali (la frequenza a un corso professionale riconosciuto, come i corsi Sab, cioè Somministrazione alimenti e bevande, con costi di 500-800 euro). In alternativa, è valido il diploma di scuola alberghiera o cinque anni di esperienza.
- Il locale deve essere in linea con le disposizioni per l’igiene alimentare e la sicurezza: il nulla osta si ottiene dall’Asl.
- Scegli la forma giuridica (impresa individuale, familiare, società di persone, cooperativa…), che determinerà le imposte da versare…
- Va poi comunicato all’Agenzia delle Entrate l’avvio dell’attività, per ottenere il numero di Partita Iva. Necessario anche munirsi di b, iscriversi alla Camera di commercio locale (in contemporanea si sarà iscritti anche all’Inps) e all’Inail. Infine presso il Comune si dichiara la superficie dei locali per il pagamento della tassa sui rifiuti e si chiede autorizzazione per l’installazione dell’insegna dell’attività.
- Quanto prima si inizierà anche la ricerca di fornitori e di eventuale personale. Si seguono eventuali lavori di ristrutturazione del locale.[/styled_list]
Strategia per tutti i settori
Negli Usa la strategia è considerata uguale alla tariffa flat: dagli abbonamenti telefonici fino allo skilift giornaliero o settimanale.
Pochi i settori inadatti (supermercati e gioiellerie, per intenderci), ma ancora molti i campi che possono offrire l’all you can eat. Lo sa bene per esempio la catena di case chiuse tedesche Pussy Club (www.pussy-club.eu), che ha fatto parlare di sé con il costo fisso a 70 euro all inclusive con quante più “operatrici” possibili e secondo i gusti personali di ciascuno.
Servizio all inclusive anche per Mozy (http://mozy.ie), sito di backup file che fino a poco fa ha offerto storage digitale a prezzo bloccato: troppo costoso però il business per l’operatore, che negli ultimi tempi ha trasformato la sua tariffa flat con una a “consumo” sul numero di MB occupati.
Infine all you can eat anche per la Exent (www.exent.com), società Usa di giochi per Pc on demand, che lo scorso luglio ha varato la sua formula “tutto incluso” su piattaforma Android: accesso illimitato a 75 giochi al mese per 3,74 euro.
Maria Spiezia, Millionaire 11/2011