Netflix arriva in Italia. La rete di Internet tv che trasmette in streaming documentari, serie, film e programmi da tutto il mondo, è disponibile anche nel nostro Paese dopo aver conquistato 50 nazioni con 65 milioni di abbonati. Il primo mese di abbonamento sarà gratis. I prezzi – non ancora ufficiali – saranno in linea con gli altri Paesi europei (da 8 euro circa al mese).
E pensare che il servizio che sta rivoluzionando le abitudini in fatto di tv, è nato con una multa di 30 euro. Tanto ha dovuto pagare Reed Hastings, l’ideatore del servizio, quando ha restituito un film in ritardo: «Era il 1997 e ancora mi ricordo a quanto ammontasse la multa per la restituzione del film Apollo 13. Me la ricordo perché mi imbarazzava. Ma proprio da questo episodio cominciai a riflettere su quanto grande potesse essere il mercato di settore».
Noleggio sì, ma via Web. Dopo una laurea in Informatica all’Università di Stanford, Reed Hastings nel 1991 fonda Pure Software, impresa di programmazione per la risoluzione di problemi di software. Da subito dimostra di avere fiuto per gli affari. A fronte di una crescita continua di fatturato e personale, l’azienda sarà quotata in Borsa quattro anni dopo. «Sono un ingegnere. Come amministratore delegato, ho cercato due volte di licenziarmi. E così ho dovuto imparare a essere un imprenditore» ha spiegato lui. Dopo l’acquisto della Pure da parte di un’azienda poi inglobata nella Ibm, era arrivato per Hastings il momento di lasciare.
La sua creatura, oltre ad avergli fatto piovere in tasca una cascata di denaro (si parla di una cifra vicina al mezzo miliardo di euro per la vendita dell’azienda), era diventata “troppo burocratizzata e meno agile”. Ma cosa fare dopo? Vera o non vera, la storia della multa ricevuta per la videocassetta in ritardo, nel 1998 Hastings decise di buttarsi nel business del noleggio dei film. «Non sapevo nulla di dvd, così corsi in un negozio, ne comprai uno e lo spedii per posta a casa mia. Ci vollero 24 ore, ma arrivò in perfetto stato. Lì incominciai ad appassionarmi all’idea» ha ricordato lui.
La scelta del dvd anziché della videocassetta si doveva a considerazioni economiche: troppo dispendiosa la spedizione dei nastri. Ma il lettore dvd era ancora poco diffuso perché, all’epoca, costoso. E i titoli disponibili su quel supporto erano in numero inferiore rispetto a quelli in vhs. Anche la duplicazione era un problema. Eppure ogni particolare sembrava una sfida per Hastings, che coinvolse parenti e conoscenti nel ricevere e rispedire dvd, testare la miglior forma di busta e capire se un involucro brandizzato avrebbe incoraggiato i furti postali. Ma da subito l’azienda fece tre mosse azzeccate rispetto a Blockbuster, allora leader di settore: 1) Il noleggio di film era solo online, con pochi passaggi, 2) I film erano recapitati a domicilio senza problemi 3) Non c’erano multe per chi non restituiva i dvd in tempo.
La strategia: l’abbonamento. Dopo 90 minuti dal lancio, i server avevano già raggiunto la capacità massima ed erano caduti. Nei primi quattro mesi d’attività erano già stati noleggiati 20mila dvd. Il commercio elettronico contava solo sull’1% del totale Usa: per incrementare gli affari, Netflix riuscì a stringere sinergie con i produttori di lettori dvd, che inserivano coupon per noleggi gratuiti negli imballaggi degli apparecchi. Non era però tutto oro quello che luccicava: gran parte degli introiti proveniva dalla vendita dei dvd, un business che sarebbe diventato cruciale per altri operatori di settore come Amazon. E nel 1998 l’azienda stava perdendo otto milioni di euro.
Ma il gusto di Hastings per l’anticonvenzionale gli fece intuire che si potevano seguire anche altre strade. «L’abbonamento per i video all’epoca non era molto diffuso, ma pensai che sarebbe stata una strategia radicale. D’altra parte, non sapevo quanto avrebbe potuto funzionare. Il lancio del servizio risale a fine settembre 1999 e, nel giro di un mese, potemmo constatarne il successo: solo il 20% degli utenti aveva rinunciato» ha commentato Hastings.
La crescente diffusione dei dvd, nel frattempo, non faceva che aumentare il giro d’affari. «Al momento sono disponibili 10mila film su dvd e noi li abbiamo tutti: una libreria 10 volte più grande del maggior negozio Blockbuster. Poi non abbiamo multe per i ritardi» annotò Hastings all’epoca. Che già pensava a un software dedicato alla visione in streaming e, nelle interviste del periodo, profetizzava che nel giro di 10 anni i film disponibili online sarebbero stati numerosi. E mentre Blockbuster spendeva decine di milioni per convertire i film vhs in dvd, nel 2002 Netflix veniva quotata in Borsa e nel 2003 raggiungeva il primo milione di abbonati.
L’irresistibile ascesa. Nel 2004, quando Blockbuster inaugurava un servizio analogo al suo, Hastings poteva permettersi di affermare: «Crediamo di raggiungere un miliardo di dollari di fatturato nel 2006, un anno prima del previsto. Ed espanderci in Canada e Gran Bretagna». Quanto le sue dichiarazioni fossero temibili veniva confermato dallo stesso Blockbuster, che a fine 2004 lanciava una campagna pubblicitaria per dichiarare la fine delle multe per i ritardi. Ma Amazon stava programmando il suo ingresso nel mercato del noleggio. E Hastings lo temeva. Per resistere alla futura concorrenza, decise di abbassare il prezzo di abbonamento. «Un costo più basso online si tradurrà nella fine dei negozi su strada, che detengono un mercato da otto miliardi di dollari. Il premio è alto e io intendo vincerlo» dichiarò con determinazione granitica. I primi risultati gli diedero ragione: a fine 2005 contava su oltre 4 milioni di abbonati e la sua azienda era valutata 1,5 miliardi di dollari, contro 684 milioni di Blockbuster. Ma il mercato stava per cambiare.
Il software “universale” che costava poco. A inizio 2006, meno del 50% degli americani era connesso con la banda larga e il mercato digitale dei video era fermo all’1-2%. Ma Hastings era convinto che il servizio fosse destinato ad aumentare, a patto però di correggerne alcuni difetti. E già a inizio 2007 era in grado di presentare un software ad hoc. La lotta con Blockbuster era viva: al punto che Hastings gli aveva proposto l’acquisto degli abbonati online per circa 400 milioni di euro. Anche perché i suoi clienti stavano andando dall’altra parte della barricata. Per fortuna però il servizio di streaming andava meglio di quanto previsto. Così Hastings si concentrò nel rendere il software ideale per qualsiasi dispositivo, dai cellulari alle console di videogame. Inaugurato il 2008 con il lancio di una set top box per trasmettere video dal Web alla tv, Netflix riuscì a trarre vantaggio dalla crisi Usa di quell’anno proponendosi come l’intrattenimento a basso prezzo.
L’anno successivo l’azienda raggiungeva 10 milioni di abbonati, ma c’erano altri antagonisti a cui pensare. La nuova tattica? Proporre programmi singoli, proprio come iTunes faceva con la musica. Nella conquista continua di nuovi abbonati, Netflix lavorava più che mai per assicurarsi i diritti streaming di serie tv come Grey’s Anatomy. Lavoro svolto in modo egregio: a inizio 2010, il 20% del traffico della banda larga passava da Netflix. Nel 2011 il business fu diviso in due (da una parte lo streaming, con i dvd che venivano affidati a un’azienda consociata) ritoccando anche i costi di abbonamento. La mossa costò il crollo del 50% del valore delle azioni, ma dava modo a Netflix di focalizzarsi su un altro gradino verso l’alto: video prodotti in esclusiva per lo streaming che attirassero nuovi abbonati. House of cards, serie di 13 episodi trasmessa in esclusiva da Netflix con il divo Usa Kevin Spacey come protagonista, lo scorso settembre ha vinto un prestigioso premio finora destinato alle tv tradizionali. Episodi che i consumatori possono vedere come vogliono: tutti in una notte, magari. In Italia c’è chi non vede l’ora di gustarseli.
INFO: https://www.netflix.com/it/
Maria Spezia