New York: il sogno della grande mela

Di
Marco Fontana
29 Gennaio 2023

Sogno e business: che cosa offre NY a chi vuol fare impresa. Testimonianze dalla comunità degli italiani che ci lavorano.

 

New York incarna, più di qualsiasi altra città, il sogno americano. Al di là della facile retorica, Millionaire ha voluto farsi raccontare questa città da alcuni professionisti italiani che da tempo hanno scelto di trasferirsi per unopportunità irrinunciabile di lavoro o anche solo per provare a farci impresa.

È la top League, qui si impara dai migliori

Andrea è un investitore seriale nel proptech e per policy aziendale non è autorizzato a far pubblicare il suo nome. Ha vissuto in mezza America e in Asia e ha sicuramente una visione molto lucida, su cosa sia New York per un italiano: «NYC è una delle città’ più’ dinamiche del mondo. Difficile descrivere a parole laria che si respira e lenergia che si percepisce. Per i giovani Italiani che riescono a trasferirsi qui c’è lopportunità di essere inseriti in una delle piazze più importanti e rinomate a livello professionale nel mondo. È la top League. In un simile contesto è possibile imparare approccio e mentalità dai migliori».

La differenza con le altre piazze americane è netta e palpabile. «NYC ha tre caratteristiche rispetto alle città della West Coast: una matrice culturale tradizionalista, tipica del New England, varietà di settori (finanza, property, fashion, media, etc) e vicinanza allEuropa. San Francisco è la capitale mondiale del tech, cui tutto gira intorno. Se fai tech ha molto senso, se fai altro è da valutare attentamente: è lontana dallItalia e anche da New York. Los Angeles invece è molto movie/entertainment-centrica e immobiliare, con in più i servizi professionali collegati a queste industries. Il clima è ottimo tutto lanno ed è concettualmente e fisicamente distante dallItalia».

A nessuno importa cosa hai fatto prima. Si riparte da zero

Un altro italiano, Patrizio, a New York ha lavorato in alcune delle imprese più aggressive, quelle che poi si vedono nelle serie di Netflix. Per loro ha seguito lo sviluppo internazionale, il più agitato tra i frenetici. Non a caso è ancora più diretto: «NYC è la città dove tu devi re-iniziare da zero. Dove a nessuno interessa cosa hai fatto prima. Dove conti per quello che fai lì. NYC ti accoglie e poi ti butta nella mischia fino al punto che vuoi arrenderti ed andartene. Alcuni ce la fanno e restano, altri scappano. NYC è la città dei sogni, dei sogni veri. Chiunque ne ha uno e lo protegge, anche quelli che fanno i lavori più umili li fanno al meglio e sono felici perché sono in NYC. È una città dura, fredda, una giungla come la definiscono in tanti. Ma è il posto dove ti senti come se ti potesse succedere qualcosa a ogni angolo e in ogni momento».

Gli italiani, in questa giungla, riescono a fare rete? E con quali strumenti e risultati? Andrea non ha dubbi: «Sì. Ci sono italiani a NYC in tutte le industries e mediamente sono disposti a incontrare altri italiani e ad aiutarli tramite introduzioni e consigli. Chamber of Commerce italiana e Consolato sono molto organizzati per supportare chi, arrivato, vuole fare impresa».

 

 

 

Entrare non è facile, ecco le possibili strade

Ma non è così facile, immediato o anche solo legale: «Il visto è sicuramente una delle principali barriere allingresso. Serve la sponsorship di unazienda USA, cosa che negli ultimi anni è diventata più difficile da ottenere sia per ragioni politiche che per andamento del mercato del lavoro.  Ci sono diverse aziende americane che operano in Italia, in particolare nel tech (Amazon, Google, Meta, …). Una strada è quella di entrare in Italia e poi chiedere il trasferimento in una sede americana. Per chi, invece, ha la possibilità di studiare negli Stati Uniti, una volta arrivati si può sfruttare il visto da studenti per iniziare a lavorare come stagista». Infine, da italiani Oltreoceano, con che occhi si guarda indietro al proprio Paese? Parla ancora Andrea: Dopo 11 anni negli USA non ho visto cambiamenti sostanziali a livello di sistema-Paese. 

Anzi, mi è sembrato di essere tornato indietro di 20 anni. Soffriamo ancora di un atteggiamento estremamente provinciale e di un livello di burocrazia che non ho riscontrato in nessun altro Paese in cui ho vissuto. Ci sono delle sacche di eccellenza, in particolare in quei settori e aziende che operano a livello internazionale, ma si tratta di casi isolati (settore moda ad esempio o alcune startup tech che assumono a livello globale e hanno un forte dna internazionale). Milano è una città più dinamica della media in Italia, ma ancora una volta è un caso isolato e comunque ancora distante anni luce da altre città europee (Londra e Parigi) e/o americane (NYC, SF, LA) in termini di mentalità e opportunità. Oggi si torna in Italia dallestero quasi esclusivamente per due ragioni: concorrenza meno forte e benefici fiscali… ma non sono motivazioni che premiano».

 

 

 

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