Qui si mangia da cani

Di
Redazione Millionaire
7 Agosto 2012

Cibi raffinati per animali, prodotti parafarmaceutici, gadget per le loro toelette. Gli italiani spendono cifre enormi per gli animali domestici. Fotografia del settore

Cani, gatti, uccellini, pesci, tartarughe, criceti. Quasi una famiglia italiana su due ha un animale in casa e tra pappe, cure e attenzioni spende sempre di più. Le cifre sono in crescita costante dal 2001. Così il settore dei negozi per animali gode di ottima salute, i margini di guadagno sono allettanti e l’investimento iniziale non è eccessivo. Se è vero che il mercato è in continua crescita, lo è altrettanto l’offerta. La grande distribuzione sta puntando anche a questo comparto. Non solo. Garden center, centri brico e rivendite agrarie per la fascia di prodotto medio-bassa puntano a questi prodotti. Poi ci sono i pet shop territoriali. «Si tratta di negozi che offrono un ampio assortimento di prodotti di qualità medio-alta (almeno 500 referenze per gli alimenti e qualche migliaio di accessori), cibi dietetici e porzioni monodose in base all’età, peso e problemi di salute dell’animale. Fanno performance migliori, anche più del doppio della Gdo» dichiarano dall’Associazione italiana imprese settore Animali domestici (www.aisad.it). L’alternativa, potenzialmente altrettanto valida, è buttarsi sulle formule outlet, giunte nel nostro Paese sull’onda del boom americano. La gente risparmia fino al 30-40% rispetto ai negozi tradizionali, grazie al passaggio diretto della merce dal produttore al dettagliante. In entrambi i casi, i negozi devono svilupparsi su dimensioni piuttosto ampie, da 100 mq in su con superficie ideale di 300-400 mq. «La gente oggi compra ciò che vede, a maggior ragione se si vendono anche i cuccioli, che se tenuti bene, sono un ottimo biglietto da visita e permettono al negoziante di iniziare un rapporto con il cliente» sostiene Angelo Muffato, responsabile del franchising Zoo Planet (www.zooplanet.it).

Per chi decide di trattare prodotti di fascia medio-alta, sono da preferire location nelle vicinanze dei centri commerciali che richiamano migliaia di persone, mentre per le formule che puntano sul rapporto qualità/prezzo l’ideale sono le periferie cittadine (per l’affitto meno caro) dal parcheggio facile, anche perché spesso si fanno acquisti di grossi sacchi di crocchette, cucce ecc.» dichiara Davide Settimo, direttore generale della Pastovit (www.pastovit.com), storica azienda produttrice di alimenti per animali che offre la possibilità di aprire negozi specializzati e outlet in franchising. Per partire, bisogna mettere in conto almeno 50mila/60mila euro ma la cifra esatta dipende dalla superficie dei locali. Per l’arredo, molto essenziale con sole scaffalature e banco cassa, ci vogliono da 100 a 200 euro a mq. Per la prima fornitura si spendono in genere 300/350 euro al mq. Se si vendono pesci e uccelli, bisogna dotarsi di vasche e voliere. Ma se l’attività è ben fatta, l’investimento si recupera in un solo anno. La parte del leone, in media intorno a due terzi di fatturato, la fanno in genere gli alimenti, compresi i prodotti parafarmaceutici in forte espansione.

«Nei negozi di città dove la maggior parte della gente tiene l’animale in casa, si vendono bene anche gli articoli per l’igiene e gli accessori (cappottini, collari) per cui si fa molta più attenzione al design che al prezzo» spiega Muffato. In questi casi, per fidelizzare la clientela può valere la pena fornire anche servizi accessori quali consegna a domicilio, dog sitting, taxi, consulenze educative per gli animali problematici. Circa la metà dei pet shop offre anche il servizio di toelettatura. Ma dove si realizzano i maggiori guadagni? Le marginalità più alte si spuntano di solito sui prodotti per l’igiene, accessori e giochi, con ricarichi anche del 100%. Nell’alimentazione si è invece intorno al 40-50%, soprattutto nelle grandi marche che fissano i prezzi di listino. Sulle vendite degli animali il surplus applicabile è di circa il 60-70% da decurtare però delle spese veterinarie che si rendono necessarie. Infine parliamo di fatturati: «I ricavi effettivi dipendono dai prezzi dei prodotti trattati, dalla posizione del negozio e dall’abilità commerciale degli addetti alle vendite. Si va da 200mila a 600mila euro l’anno» afferma Davide Settimo. Tolti i costi della merce e per pagare affitto (da 250 a 500 euro/mq annui), personale (anche tre-quattro commessi nei negozi dove c’è grande viavai…), utenze, commercialista e spese generali, le realtà migliori producono un utile al lordo delle tasse pari al 25-30% del fatturato. Per farsi pubblicità non c’è invece bisogno di spendere granché dato che i risultati migliori si fanno, al di là del passaparola, con la distribuzione di campioni omaggio forniti dalle ditte, fidelity card a punti, convenzioni con veterinari di zona, partecipazione a sagre e manifestazioni locali, oltre che con la promozione della cultura dell’animale nelle scuole. Per chi ha spazio, inoltre, hanno sempre successo le mostre interne al negozio.

la storia

«On line prodotti scontati e direttamente a casa»

Conviene vendere prodotto per animali on line? Massimo Verderese, uno dei due soci di Verde Zoo, ha prima testato il suo business su eBay. Poi, verificata la visibilità del Web, ha deciso di aprire il sito www.verdezoo.it, che oggi ha più di 1.000 clienti.

Quali le difficoltà del business?

«Una delle maggiori criticità dei business in Rete sta nel farsi conoscere dai potenziali clienti. Così abbiamo adottato questa strategia: raccogliamo tutte le e-mail pubbliche che troviamo nei siti delle associazioni e sui forum del settore (circa 30mila in archivio, in continua crescita) e due-tre volte al mese inviamo le nostre offerte promozionali. Inoltre, facciamo donazioni di mangimi alle associazioni animaliste in cambio della segnalazione sui loro siti. E sfruttiamo anche Facebook».

Chi è il vostro cliente-tipo?

«Donne ma anche allevatori e associazioni animaliste. In tanti comprano una volta al mese, perlopiù cibo per cani e gatti, ma anche i prodotti medicali che non trovano sottocasa e gli antiparassitari in primavera/estate».

Quanto spende?

«Trattando marche di fascia medio-alta, gli ordini spesso sono sui 70-100 euro. Oltre a risparmiare almeno il 10-15% rispetto al negozio, la gente compra on line perché così riceve la merce a casa in tempi ultra-rapidi».

Quali i ricarichi?

«I ricarichi in media sono intorno al 25-30%. Infatti, se da un lato sugli accessori si arriva anche al 60%, sul cibo i margini sono piuttosto risicati, soprattutto su quelli di marca. In compenso, la richiesta è tanta. Alla fine del mese ci troviamo in tasca un gruzzolo aggiuntivo, rispetto al nostro negozio di Salerno, di tutto rispetto visto che la resa (lorda) del business in Rete è del 25%».

come si comincia

> La burocrazia

La legge n. 40/2007 ha istituito la Comunicazione unica per l’avvio di impresa (detta anche ComUnica), che prevede una trasmissione unificata, via telematica, al Registro delle Imprese della Camera di commercio di tutte le istanze da presentare in precedenza ad Agenzia delle Entrate, Inps e Inail e che ora è invece compito del Registro delle Imprese comunicare a quegli uffici pubblici. Il Registro delle Imprese, rilascia al neoimprenditore una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività. Al momento, però, solo alcune Camere di commercio hanno attivato questa procedura.

È necessario verificare presso la propria Camera di commercio il sistema applicato.

› Se è ancora in vigore quello vecchio bisogna infatti aprire separatamente, oltre all’iscrizione in Camera di commercio, Partita Iva, Conto fiscale e iscrizione Inps e Inail.

In più, come per tutte le attività commerciali, sono previsti:

› Comunicazione/autorizzazione al Comune di avvio attività commerciale;

› Richiesta agibilità locali;

› Comunicazione al Comune orari apertura e turni chiusura;

› Valutazione rischio d’impresa (D. Lgs 81/08 integrato da D.Lgs 106/09);

› Autorizzazione comunale installazione insegne e cartelli segnaletici.

da verificare inoltre presso gli uffici comunali come considerano il cibo per gli animali

Alcuni Comuni, infatti, lo ritengono appartenente al settore merceologico-alimentare e pertanto obbligano a:

› Possesso requisiti morali-professionali previsti per l’ex iscrizione al Rec (Registro esercenti il commercio);

› Haccp e tessera sanitaria nelle Regioni che l’hanno reintrodotta;

› Ulteriori adempimenti sono richiesti per la vendita degli animali, che necessita di relativa autorizzazione del Comune e tenuta di registri di carico/scarico vidimati dal Corpo Forestale dello Stato;

› Anche per l’eventuale servizio di toelettatura bisogna essere in possesso di un’autorizzazione comunale nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari.

INFO: www.assotoelettatori.it

quanto mi costi?

Costo giornaliero                Costo annuo

cane di grossa taglia             1,50                                    550

cane di media taglia             1,00                                    350

cane di piccola taglia           0,70                                    250

gatto                                      0,60                                        200

Monica Gadda, Millionaire 1/2010

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