Regole per un business plan di successo

Di
Redazione Millionaire
26 Ottobre 2015

Strumento più che mai popolare e utile. Essenziale per partire. Utile per crescere. «Gli startupper e i piccoli imprenditori, che cercano finanziamenti, non possono fare a meno del business plan» esordisce Roberto Fini, professore di Economia, autore di Economia for dummies e curatore di Business Plan for dummies (Hoepli) a cui abbiamo chiesto di spiegarci come si fa

Che cos’è il business plan?

«Si tratta di un documento in cui l’imprenditore presenta la sua idea di business, gli obiettivi che vuole raggiungere con la sua impresa, le strategie che intende mettere in atto, ma soprattutto ne evidenzia gliaspetti economici»

Perché è cosi importante?

«Il business plan ha due scopi principali, uno di tipo interno e uno esterno. Nel primo caso, è essenziale per chiarire all’imprenditore stesso la fattibilità del suo business. Una buona idea non basta, perché tutti possono averne una, ma poi l’importante è concretizzarla e confrontarsi sul mercato con i concorrenti. Bisogna muoversi con cautela e cognizione di causa, avendo chiari tutti gli aspetti economici della propria impresa: costi, ricavi, break event point. Nel secondo caso, è un documento da presentare a interlocutori esterni all’impresa, in genere per convincerli della bontà delle prospettive, dell’entità dei ritorni economici e quindi dell’opportunità di scommettere sull’idea e investirci denaro» spiega Fini.

Come si fa?

Proprio perché è destinato a usi e a interlocutori diversi, esiste in più versioni. A differenziarli due esigenze di base: la riservatezza (ci sono dati ed elementi che l’imprenditore può non aver piacere di far arrivare a tutti, i concorrenti in primis) e la facilità di lettura.

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  • 1)  L’executive summary è un documento di 2-3 pagine in cui si riassumono: caratteristiche del progetto (idea, offerta, area di business), ambiti (contesto di mercato e di settore), strategia perseguita e principali dati economico-finanziari. In questo caso la sfida è quella di conciliare la completezza con la riservatezza dei dati.
  • 2)  L’investment memorandum si aggira sulle 15-20 pagine e rappresenta un approfondimento del documento precedente, sia per quanto riguarda gli aspetti strategici sia economici. 7
  • 3) Infine il business plan, in cui il livello di dettaglio è massimo e la lunghezza può arrivare a 70-150 pagine.

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Come si parte?

«Il punto di partenza di ogni business plan è il vantaggio strategico della propria azienda» afferma Veechi Curtis, scozzese, commercialista e imprenditrice dall’età di 26 anni. Esempi di vantaggio strategico (o competitivo): valore aggiunto (offrire qualcosa in più rispetto ai concorrenti), idea innovativa, diritti di distribuzione esclusivi, competenze specialistiche, proprietà intellettuali (copyright, marchi, brevetti…)… Bisogna interrogarsi su questo vantaggio, presentarlo con parole chiare.

Qual è il secondo passo?

È l’analisi della concorrenza. Non potete stabilire un piano di battaglia senza conoscere il nemico. I concorrenti sono anche aziende a cui ispirarsi. Si dividono in vari gruppi: diretti, occasionali, potenziali. L’ideale è organizzare una griglia in cui si paragonano i vari concorrenti rispetto ai vari aspetti competitivi (ha prezzi più bassi di voi, ha una maggiore presenza social, serve tutte le vostre nicchie…). A questo punto, avendo chiaro il vantaggio competitivo e il contesto, bisogna essere in grado di preparare un discorso di 30 secondi sul perché puntare su di voi. Guai a imparare un discorsetto o dimenticare di sottolineare cosa vi rende speciali. In questa fase occorre segnalare elementi quali la sede, l’organigramma e la forma societaria.

È ora di definire i numeri

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  • 1. Prezzo del prodotto/servizio. Per definirlo nel modo giusto, tenereconto che: non deve essere per forza il più economico (a meno di non avere vantaggi competitivi tali da tagliare icosti di produzione), valutare il prodotto con gli occhi del consumatore, essere flessibili (cambiate i prezzi in base adarea geografica, tipo di clientela…), prevedere opzioni diverse (base, premium) a seconda della versione. Elementi per fissare il pricing sono: i costi sostenuti, i prezzi della concorrenza, il valore percepito.
  • 2. Spese di avviamento Bisogna quantificare quanto denaro>serve per partire, investendo in:nuove attrezzature (computer, mobili,automezzi…), allestimento immobili(affitto, deposito cauzionale, tasse…),altre spese avviamento (utenze, realizzazione sito Web, promozione iniziale…). A seguire, si calcolanole spese dei primi 12 mesi.

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Quanto scendere nel dettaglio?

Veechi Curtis, autrice di Creare un business plan for dummies, suggerisce di analizzare e suddividere le voci di spesa che rappresentano oltre il 10% del totale.

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  • Vendite. Elemento cruciale: bisogna prevederle nei primi 12 mesi di attività della nuova impresa. Si parte dal numero di giorni lavorativi (al netto di festività, ferie…).
  • Costi e utile. È importante quantificare i costi variabili (quelli direttamente legati alla produzione del prodotto/ servizio: materie prime, manodopera, packaging, spese di spedizione…). L’utile (o margine di profitto) lordo è il ricavo meno i costi variabili. Per arrivare all’utile netto, occorre sottrarre anche le spese fisse (affitto, ammortamenti…)».

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Si parte: quale software?

Il software ideale per creare un business plan è Excel. Online è possibile trovare gratis dei fogli di calcolo personalizzati (a seconda delle varie tipologie di attività). Per essere autonomi nella realizzazione, è sufficiente saper usare i fogli di calcolo e andare d’accordo con i numeri. A questo punto, infatti, basta inserire gli elementi definiti in precedenza. Ogni foglio di lavoro conterrà elementi diversi (vendite, costi variabili, budget di spesa…). Collegarli consentirà di avere risultati globali diversi, al variare di ogni elemento (in questo modo si possono fare simulazioni, prevedendo che cosa succederebbe al variare di costi, prezzi, pezzi venduti…).

Cosa guardano i finanziatori nel vostro business plan?

La quantità di denaro che si deve incassare nel periodo in esame per coprire i costi (compensi personali compresi). Si calcola così: spese fisse divise margine di profitto lordo (ricavi meno costi variabili). Es. la gestione di un bar ha spese fisse di 4.500 euro al mese. Il margine di profitto lordo corrisponde al 60% (per ogni 10 euro incassati le spese variabili ammontano in media a 4 euro). Ciò significa che per andare almeno in pari il bar deve incassare 7.500 euro al mese (4.500-60%). Il punto di break even cambia a seconda dei costi fissi considerati (per remunerare anche il lavoro del titolare, occorre vendere di più). E per cambiarlo, si può agire cambiando costi, prezzi…

business plan 2

Cash flow, utili, liquidità

Ma alla fine cosa conta: la liquidità, l’utile prodotto, il margine di guadagno? Molte le variabili. Un’impresa può generare utile, ma poi fra la teoria e i soldi in cassa ci sono fattori di cui tener conto: clienti che non pagano, prestiti da rimborsare (con tassi di interesse passivi), tasse da pagare… Il business plan consente di inserire tutte queste variabili.

Questo è un estratto dell’inchiesta di Lucia Ingrosso pubblicata su Millionaire di settembre.

Lucia Ingrosso

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