giovani smart working

Siamo sicuri che i giovani vogliano lavorare da casa?

Di
Melania Guarda Ceccoli
29 Giugno 2022

Secondo il sondaggio sull’interesse professionale del 2022 della National Society of High School Scholars, meno di un quarto (23%) della Generazione Z ritiene che lavorare a distanza sia “molto” o “estremamente” importante. Nello studio sono stati intervistati quasi 11.500 ragazzi in età liceale e universitaria e hanno affermato che la scuola a distanza durante la pandemia ha impedito a gran parte di loro di studiare bene.

Nata dopo il 1997, la Gen Z è in un periodo di cambiamenti: da chi si sta diplomando, a chi sta frequentando il college o inizia la propria carriera lavorativa.

Solo il 13% degli intervistati ha affermato di preferire la formazione a distanza, mentre il 63% ha affermato che preferirebbe farlo di persona. Nel lavoro a distanza infatti la Gen Z non trova:

• desiderio di equità per tutti
• l’interesse per i settori STEM e sanitario
• il loro amore per l’apprendimento
• il desiderio di vedere il mondo dopo il COVID-19
• l’affrontare le battute d’arresto del debito universitario

Un sondaggio LinkedIn dell’inizio di quest’anno lo conferma: il 40% dei lavoratori della Gen Z sarebbe disposto ad accettare una riduzione del 5% della retribuzione per lavorare in una posizione che offre opportunità di crescita professionale.

Più di quattro studiosi dell’NSHSS su cinque (82%) prevedono di partecipare a uno stage per:

• lo sviluppo delle competenze e la formazione (49%)
• possibilità di esplorare l’interesse per la carriera

La Generazione Z vuole anche lavorare di persona in modo da poter sfruttare i vantaggi del networking. La mancanza di tutoraggio di persona durante la pandemia ha reso più difficile per la Gen Z navigare nelle norme sul posto di lavoro e stabilire legami significativi in un momento critico nel loro sviluppo professionale.

E in Italia?

Umana ha intervistato oltre 400 ragazzi della Gen Z nell’ambito del Festivaldeigiovani per indagare e fare il punto sul loro futuro lavorativo ideale.

Il 57% degli intervistati vorrebbe un lavoro flessibile, che consenta di cambiare azienda e posizione nel corso della carriera, ma non accetta un pieno di smart working. Fra le ragazze, oltre la metà immagina il proprio futuro in ambito Stem, cioè tecnologico e scientifico.

Dalla ricerca condotta dal centro studi di Umana emerge la preferenza anche per:

• prospettive di crescita e di carriera (circa il 60%)
• un lavoro a vocazione innovativa e in linea con le proprie passioni (39%)
• che permetta di viaggiare (23%)
• di conoscere nuove persone (16%)
• dinamico e con sfide continue (14%)

L’importanza del Mentoring

Uno studio della CNBC riportato nell’articolo pubblicato su Fortune ha rilevato che il 90% dei dipendenti che hanno assegnato dei mentori afferma di essere felice nel proprio lavoro. Inoltre, una maggiore soddisfazione dei dipendenti porta a una migliore fidelizzazione dei lavoratori qualificati. Un programma di tutoraggio di successo dovrebbe avere obiettivi chiaramente definiti e i tutor dovrebbero aver identificato le esperienze e le competenze che sono interessati a condividere. E mentre la tecnologia offre alcune soluzioni per facilitare l’abbinamento mentore/allievo (basato su algoritmi), è importante che il mentore/allievo si abbini da solo. L’auto-abbinamento crea proprietà e impegno nel processo.

I programmi di tutoraggio aiutano anche a sostenere la diversità sul posto di lavoro. E secondo uno studio di McKinsey, le aziende con una forza lavoro diversificata registrano una redditività fino al 43% in più.

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