Sempre più capitali e investitori scelgono la Città-Stato asiatica. Stabilità politica, servizi finanziari e qualità della vita, ma anche tech, innovazione e sostenibilità.
Tra i luoghi strategici del mondo per gli investitori ci sono la Silicon Valley, New York, Londra e Hong Kong. Attraggono per i contesti regolatori ed economici avanzati, le economie aperte e interconnesse, protette in maniera forte da sistemi giuridici che offrono certezza del diritto e sicurezza, sia nella sfera societaria che personale. Ma come piazza di eccellenza per gli investimenti sta emergendo prepotentemente anche Singapore. Una prova? Grazie anche a politiche mirate delle autorità locali, negli ultimi anni i single Family Office (gestori di grandi patrimoni privati e familiari) che hanno scelto Singapore si sono moltiplicati, raggiungendo le 700 unità, tanto che ora le autorità monitorano il fenomeno con grande attenzione. Come sottolinea Simone Centola, avvocato internazionale esperto di contenzioso e transazioni commerciali, stabilito a Singapore dal 2010, sul piano internazionale Singapore si afferma sempre più come un hub per il business grazie alla continua dimostrazione di essere un partner neutrale e affidabile per gli investitori, con politiche coerenti e consistenti.
I grandi driver dell’economia attuale e del futuro – tech, innovazione, sostenibilità – trovano a Singapore spazio e attenzione: qui c’è il maggior numero di “unicorni tech” della regione, qui le startup continuano a trovare i capitali necessari per scalare a livello globale. Nella città-Stato del Sud-Est asiatico si è venuto a creare un ecosistema fertile, grazie a una amministrazione snella, incentivi governativi e una presenza di conoscenze e competenze di rilievo, cioè risorse umane e servizi finanziari e giuridici che hanno pochi eguali a livello mondiale. Contribuiscono anche ulteriori fattori propri del soft power – alta qualità della vita, sistemi educativi e sanitari di primo livello, assenza di criminalità – e una mobilità internazionale incomparabile tra Occidente e Oriente, resa possibile da una posizione geografica strategica, integrata con infrastrutture d’eccellenza in continuo miglioramento.
Blockchain, fintech e capitali privati
La lista di chi sceglie Singapore si infoltisce ogni anno: include sia Family Office al servizio di personalità legate a multinazionali tecnologiche globali provenienti dagli USA come Amazon, Facebook, Google, Twitter (che qui hanno stabilito i loro quartier generali per l’Asia-Pacifico), sia quelli legati a veterani del mondo degli investimenti, come Richard Chandler e Ray Dalio, desiderosi di essere partecipi del nuovo “Secolo asiatico”. Si insediano anche Family Office e fondazioni vicine a personalità legate ai competitors asiatici che stanno facendo di Singapore la propria base strategica per aprirsi al mondo (anche a seguito di restrizioni in altri Paesi), come Alibaba, ByteDance, Gojek, Grab, Sea, Tencent. Qui si trovano fondi sovrani, agenzie governative, venture capitals, private equity, istituzioni finanziarie e centri di ricerca pronti a esplorare partnerships win-win.
A controprova che l’attrazione degli investimenti è legata all’ecosistema che si viene a creare in un determinato luogo, lo scacchiere internazionale vede Singapore posizionarsi come hub per il fintech e la blockchain, non solo in Asia. Centola ricorda che a Singapore è stato prodotto il maggior numero di pubblicazioni di ricerca sulla blockchain nell’ASEAN (associazione dei dieci Paesi dal Sud-Est asiatico), il terzo a livello globale e la città-Stato appare regolarmente nelle classifiche dei leader mondiali dell’innovazione blockchain. Il legame tra la creazione di ingenti patrimoni personali e l’innovazione digitale è evidente, e non stupisce dunque che i Family Office trovino in Singapore il trampolino di lancio ideale per le loro attività. Secondo Simone Centola il nesso tra Family Office e innovazione tecnologica è anche dovuto a fattori strutturali e regolamentari. A differenza delle corporation multinazionali e degli hedge funds, che tendono a essere aggravate da sistemi di governance complessi e tendenzialmente poco agili, i Family Office sono solitamente liberi di investire in molteplici industrie. Sono, in generale, strutture decisionali più snelle e dunque godono di maggiore flessibilità, caratteristiche che ben si adattano all’investimento tecnologico. Non soltanto per chi si occupa di scenari internazionali è fondamentale capire e intercettare questo trend, che lega creazione della ricchezza, investimenti di larga scala, sostenibilità e innovazione tecnologica.
Vocazione verde
A livello politico, c’è da navigare la relazione tra Stati Uniti e Cina. L’impressione, osserva Centola, è che multilateralismo, libero mercato e spinta verde, le dinamiche ripristinate dalla presidenza di Joe Biden, siano gradite alla piccola Singapore, che prima di tutto negli anni si è caratterizzata come interlocutore di tutti e che ha tenuto a mantenere relazioni positive sia con l’una sia con l’altra potenza; in secondo luogo, Singapore è un’economia che ha nel suo DNA una vocazione verde (la visione della “città-giardino” di Lee Kuan Yew).
Infine, la città-Stato si è affermata come organizzatrice di eventi internazionali multilaterali e quindi promotrice di dialogo. Anche questi grandi eventi che la scelgono come sede sono vetrine che permettono a Singapore di spingere in alto nell’agenda temi programmatici di proprio interesse. Testimoniano e rappresentano, cioè, il potenziale di leadership di una città-Stato che in pochi decenni ha stupito il mondo trasformandosi da “provincia” di un Paese in Via di Sviluppo a Stato indipendente capace di crescere, innovare e primeggiare, conquistandosi una posizione strategica di hub internazionale sia per il Sud-Est asiatico sia per l’intera regione dell’Indo-Pacifico.