Affitti alle stelle per gli studenti nelle grandi città italiane
Come è noto, la vita nelle grandi (e anche nelle meno grandi) città italiane non è affatto facile: tutta questione di denaro. Soprattutto se si è giovani studenti universitari del 2022 alla ricerca di una stanza singola a Milano, Roma o Venezia.
È quanto rilevato di recente da uno studio condotto da Immobiliare.it: secondo la piattaforma per l’affitto/vendita di immobili, infatti, la necessità tutta post-lockdown di godere di maggiore privacy, unita alla necessità di rispettare almeno un metro di distanza dalle altre persone, avrebbero fatto schizzare alle stelle i prezzi delle stanze in affitto nelle principali città italiane.
L’aumento è stimato in media in 11 punti percentuali rispetto al medesimo periodo del 2021 per le stanze singole, e in 9 punti percentuali per le camere doppie (in condivisione). Il che, comporta un prezzo medio per camera rispettivamente di 439 e 234 euro. Un salasso.
Panoramica delle città più (e meno) care d’Italia
Come sempre, poi, a primeggiare è proprio Milano: il capoluogo lombardo detiene da anni il primato di città più cara d’Italia e il prezzo medio di una stanza singola che, per la prima volta, supera i 600 euro mensili (+20%, + 8,2% rispetto all’era pre-Covid) sembra dare conferma di quanto ciò sia vero in ogni circostanza. Difatti, la situazione a Milano non cambia molto nemmeno se si prendono in considerazione le stanze doppie: in media, vengono 321 euro al mese.
Con un risparmio di circa 150 euro rispetto a queste cifre, le cose vanno leggermente meglio a Roma: nella capitale, infatti, una singola viene in media 465, mentre una doppia 248. Seguono, poi, Padova e Firenze: entrambe veleggiano intorno ad una media di 450 euro per stanza singola. Bologna, invece, si attesta appena sotto i 450 per la medesima accomodation: una singola costa 447 euro.
Sotto i 400 euro restano solo Torino, Venezia e Napoli tra le grandi città italiane: in questi capoluoghi, una camera esclusivamente per sé costa tra i 337 e i 360 euro.
La tendenza rialzista tra 2021 e 2022
A livello di prezzi, il confronto con l’anno passato (2021) è davvero impietoso: fatta eccezione per città di medie dimensioni come Pescara e Catanzaro, la quali registrano un brusco calo del valore dei fitti (rispettivamente -19,4% e -10,6%), tutte le altre principali città italiane hanno visto una spinta al rialzo che passa dai 20 punti percentuali ai 40.
La tendenza rialzista, a dire il vero, era già iniziata nel corso del 2021: semplicemente, l’incertezza in merito alla riapertura degli atenei e riammissione in presenza degli studenti, aveva nascosto il fenomeno. Ora, dopo un paio d’anni di crisi pandemica, i proprietari di immobili in locazione possono tornare a gioire: la domanda è in crescita del 45% per le camere singole e del 41% per le camere doppie.
E non è tutto: sebbene in aumento (+7%), la disponibilità di immobili da dare in locazione non è proporzionale rispetto alla crescita della domanda. Questo significa che la scarsità – quella che fa schizzare i tetti oltre i precedenti storici – agevola ulteriormente i locatari nella decisione di alzare i prezzi correnti.
Scarsità e logiche di aumento dei prezzi
In merito al fenomeno, Carlo Giordano, board member di Immobiliare.it si è espresso così: «Come avevamo preannunciato un anno fa, la situazione stanze nelle principali città universitarie italiane è tornata ad una sostanziale normalità. L’elevata richiesta, che ha portato ad una contrazione dell’offerta, ha fatto sì che i proprietari – per i quali, ricordiamolo, l’immobile è un reddito integrativo – tornassero ad alzare i prezzi, che attualmente in molte città sono addirittura superiori a quelli del periodo pre-pandemico».
Guardando al prossimo futuro, Giordano poi conclude: «È prevedibile che, con la crisi alle spalle, si ritorni alle logiche di crescita continua, soprattutto dove l’offerta di immobili scarseggia. Questo trend richiederà ulteriori sacrifici alle famiglie. Sarà necessario che le istituzioni ragionino su come garantire un’offerta accessibile nelle grandi città. In caso contrario è probabile che l’offerta esistente diventi appannaggio esclusivo di quelle fasce di popolazione che possono contare su un risparmio accumulato negli anni».