Laurea in Economia e finanza alla Bocconi, un passato nella consulenza tra Italia e Regno Unito e un’esperienza in Yoox, quando ancora era una startup, che l’ha ispirata. Abbandonate le grandi banche, Marianna Ferro ha creato a Londra la sua impresa innovativa, insieme a Cristiana Posani, co-founder e Coo. Si chiama Flair Atelier. È una piattaforma di shopping online che permette alle utenti di creare il proprio abito, scegliendo tra numerose combinazioni e dettagli, dallo scollo del top al tessuto delle maniche. Gli elementi di forza: processo di acquisto veloce, abiti personalizzati, tessuti italiani e produzione on demand. La startup lancerà a breve una campagna di equity crowdfunding, su crowdcube.com, con il supporto di Virgin StartUp CrowdBoost (l’acceleratore di Richard Branson).
Com’è nata l’idea?
«Ce l’avevo in mente da tempo. Lavoravo in banca e ogni mattina lo stesso problema: cosa mi metto? Servono capi formali, che ti stiano bene. Ma spesso non hai tempo o voglia di andare in giro per trovare l’abito giusto, soprattutto in una città grande e affollata come Londra. In più lo shopping per l’abbigliamento da ufficio non è neanche così divertente. Poi un’amica, che aveva sempre gonne bellissime, mi disse che in realtà indossava spesso lo stesso modello realizzato in tessuti diversi. Ecco l’idea».
Come l’hai sviluppata?
«La società è stata fondata nel 2014, ma ci sono voluti anni, e qualche errore, prima di arrivare al lancio della piattaforma lo scorso gennaio. Nel 2014 abbiamo iniziato con ricerche di mercato, business plan, 50mila sterline di investimento iniziale e siamo andati avanti per circa un anno. Ma il progetto si è fermato. Offrivamo troppi tessuti e troppi design, un processo complicato che richiedeva più soldi di quelli che avevamo. Ho imparato che quando si sbaglia bisogna fermarsi e analizzare gli errori per potersi correggere. Poi ho conosciuto Dean Thomas, ex Design Director di Burberry. Gli è piaciuta l’idea. Mi ha detto: “Gli abiti? Te li disegno io!”. Così siamo ripartiti, dal team e dalla tecnologia. Abbiamo investito altre 50mila sterline e creato la piattaforma. Poco dopo il lancio, siamo stati selezionati da Virgin StartUp, tra 200 candidati».
Come funziona Flair Atelier?
«La prima collezione online comprende tre vestiti di base e due colori che permettono di creare oltre 2.500 combinazioni. Ti colleghi, crei il tuo abito, ordini online, paghi e ricevi a casa in due settimane. In questo modo la produzione è solo su richiesta, non abbiamo magazzino e possiamo pagare subito i sarti che realizzano i capi. È un modello sostenibile, zero sprechi. Web e on demand ci permettono di essere flessibili anche sulle stagioni. Al momento produciamo sia in Italia che in Inghilterra».
Che cosa ti ha spinto a cambiare e metterti in proprio?
«Ho sempre avuto l’interesse per questo settore. Mi sono laureata con una tesi su e-commerce e fashion, parlando del caso Yoox. Nel 2001 ho svolto uno stage lì, dove ho conosciuto Max Benedetti (ex capo del marketing), oggi nel board di Flair Atelier. Poi mi ha assunta una banca e così ho iniziato a occuparmi di private equity, trading, consulenza… Ma coltivando sempre diversi interessi: ho studiato storia moderna, ho viaggiato per studio e lavoro dalla Cina all’Uruguay. Quello che mi è rimasto dell’esperienza a Yoox è l’energia, l’entusiasmo di un team unito che lavora per una visione, con l’obiettivo di cambiare le cose».
Come utilizzerete i fondi raccolti con il crowdfunding?
«Investiremo nel marketing, online e offline. Aggiungeremo nuove collezioni personalizzabili. Miglioreremo il sito (modelli 3D, e-sizing, user experience): Michele Fabbro, direttore tecnico degli effetti speciali degli ultimi Star Wars, di Harry Potter e molti altri, creerà le immagini di ogni opzione con render 3D iperrealistici. Per promuovere Flair Atelier puntiamo anche su partnership con associazioni e banche, con sconti per le dipendenti, e poi eventi, negozi pop-up e influencer».
Info: www.flair-atelier.com
http://flair-atelier.com/crowdfunding