Vola con me

Vola con me

Di
Matteo Cerri
12 Novembre 2023

La “flight sharing” economy è un modello economico che consente a persone o aziende di condividere i costi e le risorse associate ai voli aerei. Questo modello è spesso paragonato a concetti simili come il car pooling o il ride sharing, ma si applica specificamente all’ambito dei voli.

 

Da diversi anni siamo abituati a molteplici formule di sharing economy. Alcuni formati sono ormai parte del nostro stile di vita al punto che concetto, servizio e l’azienda pioniera nel settore si sovrappongono e si confondono nel nostro vocabolario quotidiano. Quando prenotiamo un appartamento a breve termine per le nostre vacanze parliamo di Airbnb, proprio perché la piattaforma nacque dall’intuizione di condividere una stanza o la propria casa con ospiti paganti. Il resto è storia. Quando serve un’alternativa ai taxi locali chiamiamo un Uber – anche se in questo caso il contenuto di “sharing” è poi cambiato radicalmente. E poi biciclette, motorini, monopattini… giusto per menzionare alcuni dei format noti a tutti. Applicazioni diverse, servizi diversi, ma il concetto è quello: condividere un bene o un servizio per risparmiare e/o come fonte di reddito. Un modello che spesso funziona, talvolta consuma capitali ingenti prima di arrivare a break-even, altre volte invece finisce miseramente nel cestino. Come se non bastasse, al costo “capitale” della sharing economy si aggiungono le inesorabili limitazioni imposte, a volte a sproposito, a volte giustamente, dai governi locali. Leggi messe lì per proteggere alcune categorie, controllare il mercato e, si spera, anche tutelare la salute e il portafogli degli utenti. 

Tra tutti i modelli, quello forse meno conosciuto e certamente meno fruito, almeno in Italia, è il flight sharing. Definizione da Wikipedia: “la condivisione del volo (flight sharing) consiste nella divisione dei costi operativi diretti dei voli di aeromobili di aviazione generale non commerciali tra un pilota con licenza e i suoi passeggeri (in contrapposizione all’esercizio commerciale diretto dei voli a pagamento, piuttosto che alla proprietà frazionata di aeromobili o il noleggio degli stessi)”. 

Negli Stati Uniti il mercato si è sviluppato diversi anni fa, complici le distanze, il numero di aeroporti regionali, il parco aeromobili. Poi è stato regolamentato abbastanza rigidamente, come nel caso di Flytenow e AirPooler, che sono state riconosciute, da una sentenza di una decina di anni fa, come operazioni puramente commerciali. Oggi non volano più, non potendo sostenere i costi di una licenza commerciale. Ci sono altri, numerosi, operatori principalmente locali, mentre prolificano App o booking site per prenotazioni di jet o charter. Quello che è certo, è che questo mercato, negli Stati Uniti, c’è. 

In Europa il flight sharing è ben definito e autorizzato da una legge dell’Unione Europea del 2012, che permette ai piloti non commerciali di aeromobili leggeri (tipo Cessna o Piper e per un massimo di sei posti) di condividere i costi operativi degli stessi. Stiamo parlando di aerei piccoli, non certo dei jet privati dai quali scendere come delle celebrity – lo dico giusto per gestire le aspettative. I piloti, per legge, non possono trarne alcun profitto, ma solo coprire, in quota con i loro “ospiti”, le spese di una tratta, del carburante, etc. 

Per il pilota l’opportunità è quella di accumulare le numerose ore di volo necessarie per poter ottenere la licenza commerciale; ore di volo che sarebbero altrimenti particolarmente onerose da coprire da soli. Per gli “ospiti” la possibilità è di fare un’esperienza di volo, vedere paesaggi incantevoli dall’alto o, se la tratta corrisponde e le condizioni lo permettono, anche di viaggiare da una città all’altra a un costo e una velocità molto concorrenziali. Certo, la comodità non è delle migliori, ma l’esperienza è sicuramente unica. In mezzo, e questa è la parte “business” che alcuni sembrano aver colto, le piattaforme online che mettono in contatto piloti e passeggeri con itinerari e obiettivi di viaggio simili.  A loro, la difficile opera di “matching”, ma anche il saper organizzare la comunicazione, la promozione, le prenotazioni, l’assicurazione etc. Il tutto sottoposto ad una (presunta) rigorosa policy di trasparenza sulle condizioni di viaggio, sul controllo dei piloti e degli standard di sicurezza. Il flight sharing può essere visto anche sotto l’ottica della sostenibilità, poiché permette di ottimizzare l’uso degli aerei, potenzialmente riducendo il numero di voli e, di conseguenza, le emissioni di CO2 per passeggero. Tema, questo, sempre più sentito anche se non particolarmente cavalcato come messaggio dalle piattaforme esistenti.

Wingly è leader in Europa tra gli operatori del settore. Nata in Francia nel 2015, organizza voli in gran parte d’Europa, coprendo anche alcune tratte italiane. Wingly non fa mistero sul fatto che venda “esperienze”, tour, piuttosto che trasporto aereo ed è molto trasparente su costi, limiti e vantaggi del suo servizio. La sua rete è certamente molto ampia con 20 mila piloti, 425 mila membri e oltre 2 mila località servite. Da non molto Wingly ha iniziato a rivolgersi anche a partner commerciali – evoluzione che ritengo molto interessante in prospettiva.

 

I Founders di Wingly

 

Tutti i voli sono assicurati da Allianz, le partnership a livello istituzionale sono delle migliori e questo fa immaginare che sia un’operazione almeno ben strutturata. Personalmente ho avuto modo di provare Wingly in passato e, dopo tutti questi anni, sembra reggere bene alla prova del mercato pur senza enormi volumi e con un servizio più che sufficiente. L’esperienza, quale turista, è sicuramente gradevole, ma non è certo una garanzia per un viaggio dove tempi e condizioni di volo sono essenziali. 

Quanto ai player italiani è ancora troppo presto per tracciare un bilancio anche se qualcuno si è mosso. Per il momento, oltre ad alcuni operatori locali senza “velleità” di piattaforma, c’è ancora poco. Nel 2017 fu lanciata una startup da due giovani pugliesi, la BBPlane, che negli anni dichiara di aver servito diverse migliaia di clienti. Il sito però offre poche alternative e non permette la prenotazione, ma solo la compilazione di un form. BBPlane è ora gestita dall’irlandese Avistar Ltd, ma opera dall’aviosuperficie di Altamura (BA). 

 

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Skycab ©Manta Aircraft

 

Skycab, fondata nel 2020, è una società campana, presentata pochi giorni fa a Venezia all’interno del programma di incubazione ARGO (TravelTech & Tourism Accelerator) dopo aver ricevuto un investimento che dovrebbe permetterle un salto di qualità. Per il momento (alla data di pubblicazione) l’App non risulta ancora attiva, ma dal sito è stato possibile generare con facilità alcune bozze di preventivo piuttosto interessanti. Tuttavia la prenotazione passa ancora attraverso un form da completare. In sintesi, il flight sharing rappresenta un’opportunità per rendere l’aviazione privata più accessibile e sostenibile, condividendo i costi tra i partecipanti, ma viene anche affrontato con una certa cautela da parte delle autorità aeronautiche a causa delle preoccupazioni legate alla sicurezza e alla concorrenza con gli operatori commerciali. 

Un business che ha sicuramente un grande fascino per piloti e utenti, fosse anche solo per l’idea di poter volare in modo diverso, pur più “spartano”, e che, su carta, fa risparmiare tutti. Che poi abbia i numeri sufficienti per farci sopravvivere una o più piattaforme online è un altro discorso. Non dimentichiamoci, però, che il “Regolatore” è sempre allerta, pronto a bloccare qualsiasi cosa che si allarghi troppo, perché la sharing economy, si sa, è poco gradita a Palazzo.

 

 

Articolo pubblicato su Millionaire di ottobre 2023.

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