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Bill Aulet: “Vi insegno a diventare imprenditori”

Di
Tiziana Tripepi
18 Luglio 2019

«Non createvi alibi. Le grandi aziende possono essere costruite anche in Italia». È il consiglio di Bill Aulet, direttore della scuola del Mit, dove insegna Entrepreneurship. Lo abbiamo intervistato.

Ha lavorato 25 anni in Ibm, poi ha lasciato il lavoro in azienda per creare startup. Ha fondato tre società, raccogliendo più di 100 milioni di dollari. Bill Aulet è Professor of Practice presso la Mit Sloan School of Management ed è il direttore del Martin Trust Center for Mit Entrepreneurship, la scuola del Mit che insegna a diventare imprenditori. Il suo libro La disciplina dell’imprenditore: 24 passi per una startup di successo (Franco Angeli) è uscito da poco in Italia.

Perché fare l’imprenditore invece che lavorare per qualcun altro?

«Per tre motivi. 1) Controlli molto meglio il tuo destino: puoi creare il lavoro che ami, piuttosto che cercarne uno e lavorare per qualcun altro. Se fai bene, il tuo lavoro continuerà a esistere e sarai meno dipendente dagli altri. 2) Crescerai di più. Niente dà una spinta maggiore che fare l’imprenditore. Perché ogni giorno ti senti a disagio e quando lo sei devi usare tutte le tue risorse per crescere. 3) Ti focalizzi su ciò che ti interessa e così avrai più impatto. I miei studenti spesso si dedicano a nuove iniziative imprenditoriali perché sono appassionati di argomenti quali i cambiamenti climatici, l’istruzione, l’assistenza sanitaria. Sentono di poter avere un impatto positivo sul mondo».

Quanto è importante la creazione di nuove imprese per lo sviluppo di un Paese?

«Dal 1980 al 2005 quasi tutta la creazione netta di posti di lavoro negli Stati Uniti è avvenuta in aziende che avevano meno di cinque anni. Lo dice uno studio del 2009 della Kauffman Foundation, ripreso dal bellissimo articolo di Thomas Friedman sul New York Times, “Startups, Not Bailouts”. In una parola, sono le startup, cioè le nuove iniziative incentrate sull’innovazione, i creatori di posti di lavoro nell’economia oggi».

Lei è stato in Italia molte volte. Cosa pensa del nostro paese dal punto di vista imprenditoriale?

«Al Mit ho molti studenti italiani, spesso parliamo dello stato dell’imprenditoria nel vostro paese. È chiaro che l’Italia, nonostante abbia un sistema educativo molto forte, è stata dietro al resto del mondo nella creazione di startup tecnologiche. Ciò è dimostrato dal fatto che il mio libro è stato tradotto in altre 20 lingue prima della vostra. Ma questo oggi sta cambiando rapidamente. Gli italiani si rendono conto di avere le basi per farcela e sembrano determinati».

Cosa ci manca per farcela?

«La risposta è abbastanza semplice. E sta nell’ambizione. Gli italiani amano il loro bellissimo stile di vita e non hanno il “fuoco dentro” per creare grandi imprese e fare i sacrifici necessari. Hanno un passato bello e glorioso. Ma il passato è per i turisti, il futuro è per gli imprenditori» spiega Aulet.

In Italia ci sono 10mila startup innovative. Pochissime diventano grandi imprese. Nel 2018 sono stati investiti in venture capital solo 300-400 milioni di euro (è in arrivo un fondo sull’innovazione). Consigli a chi vuole fare una startup?

«Di preoccuparsi meno dei finanziamenti e più dei clienti. Se hai un business forte, i tuoi clienti amano il tuo prodotto e stai mettendo in pratica la tua idea nel modo corretto, i soldi arriveranno. Non crearti “scuse”, nessun posto è perfetto per l’imprenditorialità. Ogni luogo ha i suoi lati positivi e negativi. Le grandi aziende possono essere costruite in Italia».

Ci sono particolari settori sui quali consiglia di puntare?

«Le opportunità sono ovunque. Ma i più grandi driver del cambiamento nel machine learning e analisi dei big data».

Al Mit ci sono molti italiani. Ci fa un loro ritratto?

«Il Mit è una scuola di ingegneria, la maggior parte degli italiani che incontro sono ingegneri. Negli ultimi anni, però, sempre più italiani si iscrivono alla Mit Sloan School of Management. Sono persone che vogliono fare molto di più che inventare nuove tecnologie: vogliono metterle sul mercato e creare grandi imprese».

Trasferirsi all’estero o rimanere in Italia?

«Andate a vivere laddove vi sentiti più felici. Se vi piace la vostra vita, sarete probabilmente un imprenditore migliore» dice Aulet.

Lei ha detto che La disciplina dell’imprenditore è il libro che avrebbe voluto leggere quando era giovane. Perché?

«Quando sono entrato al Mit, stavo cercando di capire se avrei voluto fare l’imprenditore e mi sono iscritto a un corso sull’argomento. Il corso mi ha spinto a lasciare il mio lavoro in Ibm e a creare la mia prima azienda. Da qui ho imparato così tanto che ho pensato che ciò che avevo vissuto avrebbe dovuto essere insegnato all’università. Dopo che la mia terza società ha avuto successo, ho messo insieme tutto quello che avevo imparato in un libro. Se lo avessi avuto tra le mani in quel periodo, non avrei perso tutto questo tempo».

Dei 24 passi che descrive, qual è quello a cui dobbiamo dare più attenzione?

«Il primo. Ogni viaggio parte con il primo passo. Una volta che hai iniziato, trovi chi ti aiuta. La prima legge di Newton afferma che un oggetto rimane a riposo o in moto uniforme in linea retta se non è sottoposto a una forza esterna. Finché qualcuno non si muoverà, non succederà nulla. Una volta in movimento, puoi essere indirizzato nella giusta direzione. E poi, il primo passo sta proprio nel nome: startup» conclude Aulet.

 

Tratto da Millionaire di maggio 2019. Per acquistare l’arretrato scrivi a abbonamenti@ieoinf.it

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