Franca Valeri è una grande attrice (ma anche regista, scrittrice, autrice di commedie). Dall’alto della sua esperienza, dà la sua “ricetta” ai ragazzi e alle donne di oggi. Millionaire l’ha intervistata.
Franca Valeri – attrice, regista, scrittrice, commediografa – oggi compie 100 anni. «I compleanni sono un’opinione e mai li ho festeggiati» ama ripetere. Questa ricorrenza speciale la trascorre a casa, nella sua villa di Trevignano Romano sul lago di Bracciano (donata al WWF) con i familiari e pochi amici fidati.
L’esordio nel 1947
Franca Norsa, in arte Valeri (in onore del poeta francese Paul Valéry), nasce a Milano da una famiglia borghese il 31 luglio 1920. Il padre ingegnere la spinge a studiare le lingue straniere, soprattutto francese e inglese. Dopo la maturità classica, Franca non può andare all’università a causa delle leggi razziali (è ebrea per parte di padre).
La vocazione per la recitazione è precoce: inizia da ragazzina, mettendo in scena spettacoli per amici e parenti. Esordisce nel 1947, due anni dopo entra nella compagnia del Teatro dei Gobbi, con cui recita anche a Parigi e Londra. Conosce Vittorio Caprioli, attore e regista, che diventa suo marito. In seguito sarà legata al direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi.
Molto riservata, Franca parla più volentieri del suo amore per il teatro a cui si è dedicata non solo come attrice, ma anche come regista e commediografa. Le sue opere le ha raccolte nel libro che si è voluta regalare per i suoi 100 anni: Tutte le commedie (La Tartaruga, La Nave di Teseo).
Franca Valeri ha recitato in una cinquantina di film con registi come Fellini, Bolognini, Risi, Corbucci, Salce… E a fianco di attori come Sordi, Totò, Bramieri. Ma la Valeri lavora anche in radio, dirige opere liriche, scrive libri, recita in fiction televisive, è doppiatrice.
Quali sono state le più grandi difficoltà della sua vita?
«Le leggi razziali e la guerra. Le ho superate credendo fermamente che tutto sarebbe finito al meglio. Che chi aveva messo le leggi sarebbe finito male e che la guerra l’avremmo persa. E così è stato».
Come si descriverebbe?
«Mi definirei ironica, dotata di logica, sintetica, osservatrice, fedele».
Quale il principale dono che ha ricevuto? E il suo merito più grande?
«Il dono che ho avuto è quello di avere un cervello ben attivo; un mio merito è quello di averlo saputo sfruttare al meglio. Mi ritengo una persona molto fortunata, soprattutto per gli incontri che ho fatto. Me lo dico sempre e sento che ripetermelo fa bene. Tutta la mia vita è stata piena di soddisfazioni».
Crede che le donne abbiano le stesse chance degli uomini?
«Non sono mai stata femminista e questa cosa della parità mi indispone. Io mi sono sempre sentita pari agli uomini. Nessun uomo mi ha mai fatta sentire meno importante, anche perché il mio atteggiamento e il contatto con loro è stato sempre attraverso il cervello».
Che cosa consiglia alle donne?
«Di credere nella loro intelligenza, senza sbandierarla altrimenti diventa vanità, ma di crederci profondamente. Intelligenza e ironia sono le qualità vincenti».
E ai giovani?
«Di non fidarsi di chi sbandiera una soluzione per tutto. In genere, sono le persone che promettono poco che poi mantengono. Trovare la strada oggi è più difficile, perché i ragazzi sono deconcentrati da computer e telefonini. Così si toglie troppo spazio all’immaginazione, di cui abbiamo sempre più bisogno. La strada la trovano se si concentrano su ciò che vogliono fare veramente. Basta essere in contatto con se stessi per capirlo».