rocco siffredi

Le imprese di Rocco: dal vino all’accademia del porno

Di
Redazione Millionaire
1 Luglio 2016

Abbandonata la carriera da attore, Rocco Siffredi, 52 anni, produce ancora film hard, si dà al vino con l’amico Jarno Trulli e ha girato un reality tv insieme a moglie e figli per cercare il suo erede sul set. La sua carriera da imprenditore e pornodivo adesso ruota attorno alla Siffredi Hard Academy, l’università del porno, nata per insegnare agli aspiranti attori i trucchi del mestiere.

Superdotato. Ignoriamo le sue misure (non abbiamo osato fare la domanda diretta, anche se sappiamo che ne va così fiero da averne un calco sulla scrivania), ma di certo abbiamo apprezzato l’intelligenza, l’ironia e la disponibilità di Rocco Siffredi (foto Facebook). A dimostrazione che per mettere a segno una carriera 30ennale di successi, pur nel campo dell’hard, averlo lungo non basta.

L’intervista, telefonica, è stata concordata nell’arco di una settimana fitta di Sms. Lui a San Francisco, noi a Milano. Lo abbiamo chiamato in una calda mattinata di metà giugno. Era appena arrivato a casa – una grande villa a Buda, la zona collinare e residenziale di Budapest – dagli Stati Uniti, dove ha finito di girare un film. Subito disponibile e pronto a raccontarsi, a dispetto del fuso orario.

Come hai scoperto la tua “vocazione”?

«Sono abruzzese, di Ortona. Fra i miei fratelli ero il più alto, il più carino. Mia madre sperava che diventassi prete e così mi mandava in chiesa, a fare il chierichetto. Ma io avevo in mente altro. A 13 anni ho visto il mio primo video porno ed è stata una folgorazione. In quel momento, ho capito cosa volevo fare nella vita. Immagino che succeda la stessa cosa al futuro campione di calcio la prima volta in cui tocca il pallone. Ho telefonato a mio fratello che stava a Parigi per chiedergli se conosceva qualcuno che facesse video porno. Ovviamente, mi ha preso per matto!».

Quali i tuoi esordi?

«La realtà di provincia mi stava stretta. Me ne sono andato molto presto. A 16 anni mi sono imbarcato come marinaio. A 18 ho raggiunto a Parigi mio fratello, che aveva un ristorante. Ho iniziato a lavorare con lui. Poi ho cominciato a frequentare locali hard, conoscere persone nel settore. E tutto è cominciato…».

Il tuo lavoro ti ha mai creato problemi, conflitti?

«Io ho sempre vissuto il sesso in modo naturale. Non l’ho mai considerato, per esempio, in contrasto con il fatto di essere cattolico. Qualche remora, invece, mi è arrivata dalla famiglia. Quando ho smesso, l’ho fatto pensando soprattutto ai miei figli. Con il tempo, però, ho capito che era un problema che mi facevo io. I miei figli erano cresciuti con un papà pornostar. Hanno sempre abbinato il mio lavoro alle donne. Quando ho ricominciato, il piccolo mi ha chiesto “Ma da adesso lo farai solo con la mamma?”».

E tu che cosa gli hai risposto?

«Che quando ero un ragazzino io sognavo di fare questo. Nella vita dobbiamo cercare di fare quello che ci rende felici, non quello che ci porta i soldi».

Qual è la tua più grande fortuna?

«Mia moglie Rózsa. Io la chiamo “santa Rózsa”. Ci siamo incontrati a Cannes nel 1993, lei era miss Ungheria. Abbiamo anche girato dei film insieme (lei con lo pseudonimo di Rosa Caracciolo, ndr). Stiamo insieme da 20 anni, è la madre dei miei figli. Lei mi capisce».

Sei molto invidiato. Ma il set di un film porno è proprio questo paradiso?

«Chi ci viene poi mi dice “io non lo farei mai!”. È comunque un lavoro, devi essere portato. Non è solo fare sesso con donne bellissime. Devi dividere il cervello in più parti e pensare alla tua partner, al regista, al cameraman… Capita anche di non aver voglia di fare sesso e allora devi fare appello alla tua professionalità. Io lo faccio con passione, ma è un lavoro, non un divertimento. Se fosse stato solo un divertimento non mi avrebbe portato fin qui. Questo lavoro non va preso troppo sul serio, ma va fatto in modo serio».

Com’è il mondo del porno oggi?

«In questi anni ha subito trasformazioni profondissime. Negli Usa si girano solo scene di dominazione e sottomissione. Il nuovo trend è stato raccontato anche nella trilogia delle 50 sfumature. Ho trovato 20enni con un’aggressività che ha spiazzato anche me. Io ho sempre avuto una sessualità dinamica e strong, ma sempre nel rispetto delle mie partner. Se la mia generazione ha sperimentato il sesso al 3%, i giovani oggi lo vogliono vivere dalla A alla Z. E poi c’è Internet».

La Rete come ha cambiato questo settore?

«Da un lato ha ucciso i film (a causa della pirateria, ndr). Dall’altro, anche grazie alla tecnologia, si possono girare video e farli arrivare a casa di tutti. Servono però molta fantasia e creatività».

Ci sono ancora spazi per lavorare nel porno?

«Per i maschi un aiuto arriva dalla chimica: adesso “durare” non è più un problema. Per le ragazze più motivate, la strada è sempre aperta. La verità è che se hai davvero voglia di fare qualcosa, alla fine ci riesci».

Com’è il tuo rapporto con i fan?

«Bello, diretto. Anche grazie alla tecnologia. Con Skype do loro la possibilità di partecipare alla vita sul set, alle scene girate nel mio studio avveniristico».

Non solo porno. Hai anche prodotto un vino con la tua etichetta?

«L’idea del vino rosso che porta il mio nome, Rocco, è nata con l’amico Jarno Trulli, ex pilota di Formula 1 e ora viticoltore, abruzzese come me. È venuto un ottimo vino, siamo molto soddisfatti. Al tavolo lo si può acquistare a 30-40 euro».

Definisciti in tre aggettivi?

«Umile, ironico e generoso».

Qual è la tua più grande fortuna?

«Sempre mia moglie Rózsa e poi la mia famiglia di origine».

Cosa ti manca?

«Niente».

Il tuo rapporto con i soldi?

«Mi aiutano a stare bene, a fare le cose che desidero. Mi piace condividere ciò che ho con la famiglia e gli amici. Non sono tipo da Ferrari, però ho una trentina di moto e le metto a disposizione degli amici che mi vengono a trovare a Budapest. Anche in questo caso, il mio maggiore piacere è… dare piacere!».

Che cosa diresti ai giovani di oggi che vivono una situazione non facile?

«Di darsi da fare, rimboccarsi le maniche, provarci».

Questo è un estratto dell’articolo di Lucia Ingrosso, pubblicato su Millionaire di luglio/agosto 2013.

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