«Liberiamo (i ragazzi) una volta per tutte dall’ossessione della prestazione perfetta, della competizione infinita, della vittoria ad ogni costo. Lasciamoli liberi di essere se stessi e di sbagliare». Sono le parole che Guido Saraceni, professore di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica all’Università di Teramo, ha postato ieri su Facebook in un lungo messaggio, subito condiviso e commentato da migliaia di persone. Un testo incisivo scritto poco dopo il suicidio di una 25enne molisana a Monte Sant’Angelo. La ragazza aveva raccontato ai familiari che si sarebbe laureata lunedì, alla facoltà di Scienze naturali della Federico II. Non è riuscita a raccontare la verità, si è tolta la vita.
Nel suo post il prof di Teramo si rivolge ai genitori e ai ragazzi stessi.
«Per quanto mi riguarda la giornata delle lauree è un giorno di lavoro non meno faticoso e stressante di altri» scrive Saraceni. «I candidati devono essere attentamente ascoltati, interrogati e valutati. I voti devono essere discussi, spesso anche lungamente, con una commissione di colleghi che non sempre hanno le stesse idee, la stessa sensibilità culturale o lo stesso identico orientamento in tema di voti. Eppure, la giornata delle lauree per me è anche una giornata gioiosa». Per la felicità e l’orgoglio degli studenti e dei loro familiari. «Celebra la maturazione, la fatica e l’impegno dei nostri studenti. Ha il sapore della speranza nel futuro». Ma non è un modo per soddisfare le aspettative degli altri.
«L’Università non è una gara, non serve per dare soddisfazione alle persone che ci circondano, non è una affannosa corsa ad ostacoli verso il lavoro. Studiare significa seguire la propria intima vocazione. Il percorso di studi pone lo studente davanti a se stesso. Cerchiamo di spiegarlo bene ai nostri ragazzi. Liberiamoli una volta per tutte dall’ossessione della prestazione perfetta, della competizione infinita, della vittoria ad ogni costo. Lasciamoli liberi di essere se stessi e di sbagliare. Questo è il più bel dono che possono ricevere. Il gesto d’amore che può letteralmente salvarne la vita».